Crisi Aziendali: a rischio 300mila posti di lavoro
Economia Lombardia

Crisi Aziendali: a rischio 300mila posti di lavoro

domenica 1 gennaio, 2012

MILANO, 1 GENNAIO 2012 - Per un 2011 di crisi e rincari che se ne è andato, un altro anno difficile economicamente sta arrivando. Il 2012, infatti si prospetta da paura per circa 300mila italiani che rischiano di perdere il posto di lavoro. I settori più colpiti sono quelli dei trasporti, tessile e delle telecomunicazioni.[MORE]

Al ministero dello Sviluppo sono circa 230 i tavoli aperti per cercare di risolvere la situazione che in mancanza di soluzioni immediate comporterebbe il licenziamento di 300mila lavoratori tra cui 40 mila a breve termine."Le vertenze attive con tavoli che si convocano frequentemente - hanno sottolineate fonti ministeriali - sono oltre un centinaio, poi ci sono vertenze che invece hanno una dimensione un po' meno pressante e arriviamo a 230 tavoli. Sono coinvolti oltre 300mila lavoratori, e i posti a rischio sono tra i 30mila e i 40mila".

I settori più a rischio, secondo quanto riferiscono dal ministero dello Sviluppo economico, sono quelli dei trasporti, tessile e delle telecomunicazioni "Alcatel ha annunciato un nuovo taglio di organico pesante, Nokia-Siemens ha ridotto tutte le attività produttive e di ricerca, Italtel è in difficoltà. Questo è uno dei punti di sofferenza più importanti e critici", ma anche quello automobilistico viene monitorato continuamente in quanto la situazione, che non vede coinvolta solo L'Italia, è allarmante.


Il mercato è fermo e a impedirne la ripresa contribuiscono in maniera decisiva le difficoltà di accesso al credito, il ritardo nei pagamenti tra imprese e da parte della pubblica amministrazione, internazionalizzazione e la dimensione d'impresa. La crisi, infatti, colpisce principalmente i settori che non hanno una proiezione internazionale "Quelle che hanno il mercato nazionale come punto di riferimento sono in grande difficoltà: il calo degli investimenti, il calo dei consumi, la difficoltà di accesso al credito, il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione creano difficoltà maggiori per chi opera all'interno". “Solo per fare un esempio chi lavora con l'Italia ha pagamenti da parte dei clienti che ormai superano i 120-180 giorni, poi per la pubblica amministrazione superano i 200 giorni e uno che ha come cliente un'azienda tedesca viene pagato in 30 giorni, "e questo fa la differenza anche per quelle che vanno bene".
 

Tra le crisi aziendali più preoccupanti “c'è la Lucchini di Piombino, un problema grande c'è per AnsaldoBreda, poi c'è la Fincantieri che ora è in cassa integrazione ma nei prossimi due-tre anni vivrà una difficoltà crescente anche per la competitività internazionale, che sta diventando molto pressante». Da non dimenticare le difficoltà di Fiat. «Per ora abbiamo un risultato positivo di Pomigliano – sottolinea il portavoce del Mse - ma abbiamo una cassa integrazione costante in tutti gli altri stabilimenti”


I tavoli riprenderanno già da martedì. Ma come si pensa di gestire la situazione per aiutare le aziende?
«È doveroso intervenire su tutte le cause. Sicuramente un problema importante per evitare che le aziende che vanno bene muoiano è facilitare l'accesso al credito, maggiore disponibilità finanziaria da parte del sistema creditizio. Migliorare poi i sistemi di pagamento da parte della pubblica amministrazione, che immetterebbe liquidità nelle imprese molto importante. In terzo luogo favorire l'internazionalizzazione delle imprese, per le quali Passera sta facendo cose importanti rivolgendosi direttamente ai grandi gruppi internazionali e ai paesi europei, per favorire accordi e piani comuni di sviluppo». Determinante inoltre «è una maggiore dimensione d'impresa, perché piccolo non è bello. Abbiamo poco appeal internazionale, poche grandi imprese. Tutte queste cose in potenza ci sono ma adesso bisogna concretizzarle. Poi resta il problema gigantesco, il vero problema di questo paese, il Sud per il quale un volano può essere rappresentato da interventi importanti sul piano infrastrutturale perché al Sud non c'è un'imprenditorialità che si auto sviluppa. Il Sud è la vera sfida di chiunque: si è fatto poco e il divario sta aumentando"

Maria Assunta Casula


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