Violazione delle distanze legali e azione dell’amministratore senza l’autorizzazione dell’assemblea
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CROTONE, 09 NOVEMBRE – Le azioni reali contro terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, quali quelle volte a denunziare la violazione delle distanze legali tra costruzioni, essendo dirette a ottenere statuizioni relative alla titolarità e al contenuto dei diritti medesimi, non rientrano tra gli atti meramente conservativi e possono, quindi, promuoversi dall’amministratore del condominio solo se sia autorizzato dall’assemblea a norma dell’art. 1131 c.c., comma 1. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 23190/2020, depositata il 23 ottobre.
Il caso. Il Condominio ricorrente conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale competente una condomina deducendo che la convenuta aveva edificato un fabbricato sul fondo posto a confine con l’edificio condominiale a distanza inferiore a quella di legge, chiedendo pertanto la riduzione in pristino, con la condanna al risarcimento del danno. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea.
Avverso tale sentenza la convenuta interponeva appello. La Corte d’Appello distrettuale riformava la decisione gravata, rigettando integralmente la domanda del Condominio. Rilevava che nel caso di specie era applicabile il principio della prevenzione, ma che erroneamente il Tribunale non aveva considerato che la convenuta aveva posto la sua costruzione prevenuta a norma di legge.
Infatti, il Condominio aveva costruito per primo ponendosi rispetto al confine ad una distanza di metri 5,00 dallo spiccato delle fondazioni ed a metri 3,63 partendo dagli sporti del fabbricato condominiale. L’appellante, invece, aveva successivamente costruito collocando la sua costruzione a metri 5,00 dal confine, avendo quindi rispettato la distanza prescritta dallo strumento urbanistico locale che era pari a metri 5,00 dal confine, non essendo invece rilevante il mancato rispetto della distanza tra costruzioni. Pertanto, doveva essere riformata la sentenza impugnata, laddove aveva disposto l’arretramento del fabbricato.
Avverso tale sentenza il Condominio proponeva ricorso per cassazione, lamentando il mancato accoglimento della domanda di arretramento del fabbricato della convenuta e contestando il rigetto della richiesta di risarcimento danni per la violazione delle disposizioni sulle distanze legali. Gli Ermellini dichiaravano il ricorso inammissibile a causa della carenza della valida autorizzazione dell’amministratore di Condominio da parte dell’assemblea ai fini della proposizione del ricorso. Al riguardo, il Supremo Collegio richiama il principio secondo il quale “Le azioni reali contro terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, quali quelle volte a denunziare la violazione delle distanze legali tra costruzioni, essendo dirette a ottenere statuizioni relative alla titolarità e al contenuto dei diritti medesimi, non rientrano tra gli atti meramente conservativi e possono, quindi, promuoversi dall’amministratore del condominio solo se sia autorizzato dall’assemblea a norma dell’art. 1131 c.c., comma 1.” Detto ciò, rilevava che nel caso de quo il Condominio non aveva provveduto a sanare la suddetta carenza con la produzione dell’originaria autorizzazione oppure con un’autorizzazione a ratifica del proprio operato.
Per tali motivi la Corte di Cassazione dichiarava il ricorso inammissibile e condannava il ricorrente al rimborso delle spese di legittimità.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express