"Via Castellana Bandiera" di Emma Dante, metafora di un conflitto che si risolve nell'odio
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"Via Castellana Bandiera" di Emma Dante, metafora di un conflitto che si risolve nell'odio

lunedì 23 settembre, 2013

Via Castellana Bandiera, esordio dell’autrice dietro la macchina da presa, è tratto dall’omonimo romanzo di Emma Dante. Presentato in concorso alla 70esima Mostra del cinema di Venezia, dove Elena Cotta (nel ruolo di Samira) ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile, esce nelle sale italiane il 19 settembre 2013.

Storia di un duello all’ultimo sangue, fra due donne, fra due generazioni, fra due egoismi, fra due culture, visivamente fra due automobili una di fronte all’altra in un vicolo, Via Castellana Bandiera allude alla sofferenza trasversale di tante diverse ed inconciliabili individualità, in un Paese che ha perduto ogni umanità costruendo attorno alla propria fragilità ferita uno scudo impietoso di rabbia, animato dal desiderio di vendetta e rivalsa, capace di trasformarsi in cinismo e odio, pronto ad anteporre la lotta sterile per un principio alle ragioni della compassione.

La storia è ambientata a Palermo dove Rosa (Emma Dante) ritorna dopo molti anni per accompagnare Clara (Alba Rohrwacher), la sua compagna, al matrimonio di un amico. Quando la macchina guidata da Rosa imbocca via Castellana Bandiera, in senso contrario appare l’auto guidata da un’anziana donna di origine albanese, Samira (Elena Cotta). Nessuna delle due può andare avanti se l’altra non torna indietro cedendole il passo. [MORE]

Via Castellana Bandiera rivela immediatamente la componente centrale del suo forte impianto metaforico, esplicito sia nella forma (la messa in scena oppressiva realizzata in una strada) sia dal punto di vista narrativo (il duello fra due donne), per giungere all’evocazione di un’implicita riflessione conseguente (un Paese bloccato in uno stallo di depressione e cinismo).
Tutto ci appare più stretto e individualistico di quanto non sia. In realtà c’è sempre spazio per tutti e tutto. Noi forse non siamo più in grado di guardare veramente le cose, il vicolo in cui ciascuna vuole passare senza lasciare passare l’altra è in realtà una via Lattea che potrebbe accogliere tutti, ma ci ostiniamo a farlo diventare una proprietà privata, come accade nel nostro Paese.
Alla costruzione metaforica della storia contribuiscono numerose scelte stilistiche, come quella di evitare campo e controcampo nei dialoghi, a favore di veloci panoramiche mentre le due donne parlano nell’abitacolo dell’auto, con cui si dà il senso, fisico e materiale, di quell’impasse che stringe il nodo alla gola. L’ambientazione scenica è uno spazio claustrofobico in cui si percepiscono, in maniera sensibile, l’ansia e l’insofferenza delle protagoniste, tormenti causati da conflitti antichi che non riescono a vedere la luce, rimasti sopiti, sepolti nell’animo, fino a quando una rabbia feroce, ora divenuta incontenibile, li fa riemergere sotto forma di sfida e desiderio di vendetta, come un demone implacabile che non si ferma di fronte a nulla.

Via Castellana Bandiera è in questo gioco al massacro, apparentemente senza scopo e motivazione, specchio fedele ed autentico documento del sentire che domina i nostri tempi, dell’egoismo che ci circonda e dilaga. I volti dei personaggi, al contempo rassegnati e rabbiosi, esprimono la malinconia funerea di chi non sa trovare una via d’uscita. Ma quando il vicolo stretto di Via Castellana Bandiera improvvisamente si allarga - pur mostrando ancora le due donne avide e tenaci nella loro battaglia - il gioco dell’assurdo svela che l’ostacolo non è qualcosa di materiale e non è contenuto in una motivazione esterna ma s’identifica con l’incapacità di accettare il proprio dramma personale; cristallizzato in forma di sfida, il rancore isola dal contatto con l’altro, impedisce di accoglierlo, la volontà decisa a priori nel respingerlo trasforma un’occasione di condivisione in un campo di battaglia.
Quella di Rosa e Samira è una sofferenza che non conosce lacrime, che non si divide e non si dimentica, che desidera solo combattere per giungere ad autodistruggersi. L’incontro - specchio di un dolore antico l’una negli occhi dell’altra - invece di suggerire il conforto di un abbraccio, si trasforma in forza distruttiva che cede il passo alla morte.

Emma Dante, se pur attraverso un’estetica surreale, tenta di portare tutti gli elementi della costruzione metaforica a ricomporre un significato reale e universale. Peccato che questa sia avvolta su se stessa e così serrata da condurre il film a sconfinare in teatralità ed autocompiacimento nel gioco dell’assurdo, senza un approdo chiaro al senso con cui sciogliere il nodo: limite netto del cinema italiano, pur autore di riflessioni e prese di coscienza importanti, che non osa mai andare un passo più in là, prendere una posizione decisiva, proporre un’interpretazione forte con cui aggredire il reale ma si accontenta di stare sul limite fra tragedia e farsa, di naufragare nel grottesco. Svela e si nasconde. Non ha una risposta.


Titolo orignale: id.
Regia: Emma Dante
Interpreti: Emma Dante, Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Dario Casarolo, Carmine Maringola, Elisa Parrinello,Giuseppe Tantillo, Sandro Maria Campagna, Renato Malfatti
Origine: Svizzera, Italia 2013
Durata: 90'
Distribuzione: Cinecittà Luce


(In foto Elena Cotta/Samira)


Gisella Rotiroti
 


Autore
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