Vanno rispettate le distanze anche in caso di inedificabilità?
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VIBO VALENTIA, 24 SETTEMBRE – Le costruzioni realizzate in zona soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta devono osservare le norme in materia di distanze previste dal D.M. n. 1444/1968. Questo è quanto stabilito dalla Cassazione civile, sez. II, ordinanza, 31 agosto 2022, n. 25647
Il caso. Due condomini agivano in giudizio per ottenere la condanna della vicina di casa alla rimozione di una veduta e l'arretramento di tubazioni ai sensi dell’art. 889 c.c.. Secondo gli attori, la vicina aveva realizzato una sopraelevazione del terrazzino senza rispettare le normative sulle distanze legali tra edifici, considerando anche che gli immobili erano collocati nel centro storico cittadino, in cui era imposto un vincolo di inedificabilità assoluta. Non era, pertanto, possibile realizzare la sopraelevazione, in quanto l'obbligo di rispettare l'originaria distanza tra i volumi preesistenti riguardava le sole ristrutturazioni, mentre nella fattispecie era stato realizzato un vero proprio ampliamento di volumetria e, dunque, una nuova costruzione. Il giudice di prime cure dava ragione agli attori.
Avverso tale sentenza parte soccombente interponeva appello e i giudici di seconde cure, in parziale accoglimento del gravame, respingeva le domande volte ad ottenere la rimozione di una veduta e l'arretramento di tubazioni ai sensi dell'art. 889 c.c. e ss.. Secondo la Corte d’Appello distrettuale, l’appellante nell'eseguire i lavori presso lo stabile di sua proprietà, aveva osservato la distanza tra i volumi preesistenti, ai sensi del D. M. n. 1444/1968, art. 9, comma 1, punto 1) norma recepita nello strumento urbanistico locale ed applicabile alla zona A - centro storico - in cui erano situati i manufatti. Dal rogito di acquisto dell’appellante emergeva che l'edificio originario era costituito da alcuni vani a piano terra e da due piccoli vani ammezzati, oltre che da una sovrastante area libera e che le nuove opere erano identiche a quelle originarie, come confermavano anche talune foto prodotte dalla dante causa della stessa, riprese in corso di lavori, dalle quali già si evinceva l'esistenza di un manufatto al di sopra del piano terra, con la copertura divelta. Si configurava - ad avviso della Corte di merito - una mera ristrutturazione, senza alcun avanzamento verso la confinante proprietà della controparte, senza riduzione delle distanze tra volumi preesistenti e senza dar luogo ad un'apprezzabile riduzione di aria e di luce, atteso che i vani, posti al piano ammezzato, avevano un'altezza, senza il tetto (divelto), praticamente uguale a quella dei vani originari. Altresì, la Corte, riteneva legittima anche la realizzazione del terrazzino, posto a distanza di 1,50 prevista dall’art. 905 c.c., comma 2, evidenziando che dalle aperture presenti sulla parete degli appellanti non era possibile nè l'inspicere nè il prospicere, essendo "incassate" nel muro per circa 40 centimetri ovvero poste ad un'altezza che non consentiva l'affaccio e la veduta, reputando corretta anche l'apposizione di pannelli volti ad impedire che dal terrazzino si esercitasse la veduta.
Avverso tale sentenza gli appellati proponevano ricorso per cassazione. Secondo gli Ermellini il ricorso era infondato, in quanto trattavasi di una semplice ristrutturazione di manufatti preesistenti, senza incrementi volumetrici, con la conseguenza che l'opera risultava conforme al regime delle distanze. Le norme urbanistiche locali avevano, infatti, recepito le prescrizioni del D. M. n. 1444/1968, art. 9, comma 1, n. 1, che prevedeva, per il centro storico, in cui vigeva un vincolo di inedificabilità assoluta, l'osservanza delle distanze preesistenti (Cass. civ., n. 3739/2018; Cass. civ., n. 12767/2008; Cass, civ., n. 879/1999; Cass. civ., n. 4754/1995). A ciò si aggiungeva la previsione secondo cui i divieti assoluti di costruzione, vigenti in una data zona, non contemplavano, di norma, prescrizioni integrative dell’art. 873 c.c., «essendo posti esclusivamente allo scopo di conservare la destinazione urbanistica di una determinata parte del territorio e a tutela di interessi generali, quali le limitazioni del volume, della altezza, della densità degli edifici, le esigenze dell'igiene e della viabilità, la conservazione dell'ambiente» (Cass. civ., n. 10775/2003; Cass. civ., n. 5508/1994; Cass. civ., n. 7154/1995; Cass. civ., n. 5719/1998; Cass. civ., n. 16094/2025). Pertanto, nei centri storici, l'inedificabilità assoluta, anche se conseguenza di eventuali vincoli di carattere paesaggistico, non escludeva che nei rapporti interprivati si dovesse osservare la distanza tra le opere preesistenti (Cass. civ., n. 2008/12767). In particolare, i limiti imposti dall’art. 9. D. M. n. 1444/1968, trovavano applicazione anche con riferimento alle nuove costruzioni, quali dovevano considerarsi le sopraelevazioni effettuate nei centri storici ove, vigendo il generale divieto di nuove edificazioni, era previsto solo che le distanze tra gli edifici non potessero essere inferiori a quelle intercorrenti tra i preesistenti volumi edificati (Cass. civ., n. 3739/2018).
Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express