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LECCE, 26 OTTOBRE 2013 - È un fatto ormai risaputo che per una prestazione specialistica alla Asl di Lecce occorre attendere tempi biblici dovuti alle chilometriche liste d’attesa. È pur vero che c’è un piano di rientro imposto dal Ministero della Salute e che c’è anche il blocco del turn over che impedisce nuove assunzioni di personale, ma tutto ciò non giustifica il fatto che per una visita neurochirurgica bisogna aspettare un anno e mezzo!
È quanto è accaduto ad una paziente salentina cui ad aprile scorso, a seguito di una risonanza magnetica, è stata diagnosticata la presenza di una “neoformazione extrassiale con base d’impianto durale sullo sfenoide”, in pratica una formazione tumorale nella scatola cranica. [MORE]
A seguito della diagnosi, il medico di base ha prontamente prescritto una visita specialistica neurologica che, all’atto della prenotazione, è risultata essere prevista per il 25 settembre 2014. Dire che siamo ai limiti della decenza è un eufemismo, anche perché è molto probabile che la malcapitata, qualora la patologia dovesse essere di grave natura, a quella data non ci arriverà.
Le critiche alle liste di attesa arrivano da tutte le parti: cittadini, partiti politici, ma anche dagli stessi operatori sanitari. «Le liste di attesa sono al di fuori degli standard di decenza nazionali e degli standard fissati dal ministero – dichiara il direttore generale della Asl di Lecce, Valdo Mellone – e non solo le liste per la risonanza dell’encefalo, che ha avuto gli onori della cronaca di recente, ma un po’ per tutte le prestazioni. Questo dipende prima di tutto da un altissimo livello di inappropriatezza delle prestazioni che da una parte deriva da “medicina difensiva”. Cioè, il medico di base o lo specialista prende le sue precauzioni e decide che è meglio fare un esame in più perché, in caso di contestazione di un errore in sede giudiziaria, si può dimostrare di aver richiesto una Tac e non bisogna invece spiegare perché non si è ritenuto di dover fare una Tac. Se fosse un buon medico, invece, la diagnosi la farebbe senza ricorrere alla Tac, che, a quel punto, potrebbe essere solo una conferma. La seconda ragione è l’inadeguatezza delle attrezzature per le quali sono state avviate le gare per l’acquisto di quattro nuove Tac e due Risonanze. Un terzo problema riguarda la possibilità di utilizzo delle tecnologie che però richiede un incremento di personale che in questo momento non è disponibile per il blocco del turn over. Inoltre, abbiamo adottato il “Piano aziendale per la riduzione delle liste di attesa”, attraverso la “prioritarizzazione” delle prestazioni».
Per dovere di cronaca va anche detto che il governatore della Puglia, Nichi Vendola, in otto anni di amministrazione regionale ha più volte garantito che avrebbe prima dimezzato poi addirittura azzerato le liste d’attesa. Se a questo si aggiunge il fatto che l’addizionale regionale che i cittadini pugliesi pagano regolarmente ammonta a ben 338 milioni di euro l’anno per ricevere in cambio servizi sanitari praticamente inesistenti, la situazione della sanità pugliese assume dei contorni veramente drammatici.
Sarà anche un caso che nell’arco di poco più di un anno sono cambiati ben tre assessori regionali alla Sanità? Si tratta di spartizione di poteri o riconoscimento del fallimento della politica di governo vendoliana? In ogni caso non ci resta che augurare alla sfortunata signora di “sopravvivere” fino alla data della visita specialistica.
(foto: http://ilventunesimosecolo.blogspot.it)
Massimo Alligri