Turchia, il silenzio 'occidentale' sul Conflitto Curdo
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AOSTA, 30 DICEMBRE 2015 – Berfin, una ragazza che si definisce una 'simpatizzante del PKK', si concede ai microfoni di al-monitor in un movimentato cafè di Istanbul, all'unica condizione di tenere segreto il proprio cognome. “Sono cresciuta a Tarlabasi, ma poi ho fatto ritorno a Sur, in provincia di Diyarbakir, dove mi sono sposata quattro anni fa. La mia famiglia si è trasferita a Istanbul negli anni '80. Mio marito temeva che io potessi rimanere affascinata dal PKK, e così ha voluto che io e i bambini tornassimo qui. La vita a Diyarbakir non è affatto come la si vede in TV. È paura costante. Sono stanca di aver paura, e dunque ero pronta a combattere per i miei tre bambini. Qui le persone – compresi i miei parenti – non vogliono sentir parlare di come si vive in Kurdistan. Lo chiamano 'destino', e poi tornano a fare gossip. È la loro indifferenza che mi fa male, più delle bombe”, racconta Berfin.
Il co-presidente dell'HDP (partito pro-curdo) Selahattin Demirtas ha espresso sentimenti simili nel suo discorso del 22 dicembre: “È sinonimo di coraggio entrare nei villaggi con carri armati e artiglieria? Non c'è molto che le forze armate [turche] possano fare, arrivate a questo punto. Il problema rimane politico e necessita di una soluzione politica. Abbiamo avvisato il governo riguardo la violazione dei diritti umani. Non consentono nemmeno di seppellire i cadaveri, c'è un embargo dei prodotti e torture nelle strade. Nell'ovest della Turchia in molti pensano 'Bene, quei terroristi finalmente hanno ciò che si meritano', ma ciò è sbagliato perché il prezzo di questa guerra lo state pagando voi dalle vostre tasche. Le persone [nell'ovest della Turchia] dovrebbero far sentire la loro voce per questa faccenda, dal momento che 'è fatto nel loro nome'. Se la Turchia occidentale dice 'No' a questa guerra, il governo non può portarla avanti un giorno in più. Il dialogo e le negoziazioni comincerebbero il giorno successivo. Noi siamo pronti e favorevoli”.
In seguito al collasso del processo di pace della scorsa estate, i critici temevano che questa volta il conflitto non si sarebbe contenuto solo al sud-est del paese, dal momento che vi è una considerevole comunità curda nelle città occidentali della Turchia. I timori erano legati alle isolate cellule nei quartieri bassi di Istanbul, ad Ankara e in altre città, che potrebbero arrecare scompiglio nelle strade. Dal momento che in Turchia si è formata una schiacciante maggioranza che supporta il processo di pace, il suo collasso ha fatto pensare a un sonoro contraccolpo. Dalla sua rottura, il presidente Erdogan ha giurato di annientare il movimento 'autoproclamato'. La domanda dunque è perché la popolazione delle province occidentali, turchi e curdi, rimangono in silenzio sulle sofferenze dei curdi?
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Opposizione all'AKP, paura, libertà d'espressione
Ci sono almeno quattro ragioni. La prima è che l'opposizione viene sistematicamente soppressa ed etichettata come terrorista. Non è semplice alzare la voce in Turchia contro l'AKP su nessun tema, specie se coinvolge il PKK. In molte occasioni attivisti pacifici sono caduti vittima di attacchi terroristici o sono stati arrestati. Un esempio recente è quello dei 15 studenti della Dokuz Eylul University arrestati a Smirne mentre protestavano per la pace. Queste immagini negative associate alla pace hanno rallentato gli entusiasmi nel protestare attraverso i propri diritti civili. Con la disgregazione dei processi di pace, inoltre, le forze di sicurezza governative hanno intrapreso un piano di prevenzione che include arresti, perquisizioni e persino l'uccisione di potenziali attivisti.
La seconda ragione è l'assimilazione dei curdi nelle province dell'ovest. Nonostante Demirtas abbia invitato tutti gli 'occidentali' a far sentire la propria voce, persino tra la maggioranza curda si è manifestata indifferenza alla chiamata. Hatice Altinisik, un membro del Consiglio Esecutivo Centrale dell'HDP, ha dichiarato ad al-monitor che “La fattore paura è molto forte, anche se la paura non risolve il problema”. Hatice ha inoltre riferito che negli ultimi 40 giorni “Quattro attiviste sono state assassinate dalle forze di polizia turche a Istanbul. L'occidente [turco] non è immune da questa guerra – anche qui si soffre per le perdite dei martiri caduti [i soldati], vivono la diseguaglianza sociale e un aumento del tasso di omicidi e violenza sulle donne. Dovrebbero tutti gridare il proprio dissenso insieme ai cittadini del sud-est del paese, nel loro stesso interesse”.
Sultan Ozcan, tra i membri fondatori dell'HDP, ha dichiarato: “In tutte le provincie occidentali vi sono persone che hanno a cuore e sono particolarmente preoccupate degli eventi del sud-est della Turchia. Il morale è basso, e le persone hanno la sensazione che le manifestazioni di piazza non portino a nessun risultato positivo. C'è inoltre una totale mancanza di organizzazione tra gli attivisti”. Gli sforzi dell'AKP di ridimensionare le attività terroristiche hanno in qualche modo intorpidito il potere di una società civica nascente.
La terza ragione per gli occidentali turchi di rimanere in silenzio è la limitata capacità di esprimere la propria opinione riguardo l'aumento delle morti dei soldati e degli ufficiali di polizia. La maggioranza delle persone nell'ovest del paese non identifica l'attuale malcontento con la resistenza non violenta, bensì con attacchi terroristici. Molte città del sud-est turco a maggioranza di elettori dell'HDP nelle scorse elezioni si sono autoproclamate 'indipendenti' e hanno cominciato a scavare fossati intorno ai perimetri delle città. Le persone nell'ovest del paese non comprendono la necessità di autogovernarsi, né la necessità di costruire trincee, entrambi elementi che hanno connotazioni negative. Con l'aumento dei morti, nel sud-est la resistenza è diventata moralmente una sfida dove è dura mantenerla pacifica.
Aytunc, un elettore dell'HDP che vive nella regione di Galata a Istanbul – e che ha fornito soltanto il proprio nome – ha detto ai microfoni di al-monitor: “Ho votato per l'HDP, ma è un partito che ha fallito perché non ha preso le distanze dal PKK. Demirtas ha un'ottima possibilità di fronteggiare Erdogan; ma non può vincere se supporta il PKK. Il PKK rapisce bambini, incendia villaggi, attacca le forze dell'ordine. Come può un governo dargli tanto peso? Non ho capito cosa Demirtas ci chiede esattamente. Cosa si deve fare, quando sempre più soldati quotidianamente tornano a casa in sacchi per cadaveri? Io sono a favore dell'HDP, per la pace. Non sarò mai dalla parte del PKK”.
L'informazione credibile
La quarta ragione è l'assenza di una informazione credibile. Gli abitanti delle regioni occidentali hanno da un lato la possibilità di venire a conoscenza degli episodi di violenza nel paese in tempo reale, ma dall'altro non è da sottovalutare il fatto che la maggioranza dei turchi attinge le notizie dalla TV, che è dominata da canali filo-governativi. Risulta oltremodo complesso comprendere quali informazioni sono in ultima analisi effettivamente credibili, in un paese dominato da forti pregiudizi e con i troll manipolativi sui social media. Dilek Gokcin, una regista che segue da vicino la questione curda, ha dichiarato: “Per decenni vi sono stati diversi episodi di violenza di massa senza alcuna copertura pubblica. Viviamo in un perenne stato di negazione. Dunque la domanda 'Perché la popolazione se ne sta in silenzio con una guerra in corso?' non è in ultima analisi appropriata. La guerra non è qui, la guerra è in Kurdistan. L'ignoranza poi diventa la somma felicità. Se non sai non sei ritenuto responsabile, e dunque molte persone acquisiscono una sorta di apatia razionale dal momento che si ritrovano impotenti di fronte alle atrocità”.
Alla fine Berfin aveva ragione. La maggior parte delle persone nella Turchia occidentale sceglie deliberatamente di ignorare le brutte notizie provenienti dal sud-est. In molti sono ancora a fare i conti con un dilemma di toponomastica e di semantica: Sud-est o Kurdistan? Questione curda o Conflitto nel sud-est? In molti ancora non credono che far sentire la propria voce potrebbe portare a un qualche beneficio per i curdi, altri sono convinti che protestare danneggerebbe i propri personali interessi. Nonostante Demirtas ha chiesto di farsi sentire, i quesiti restano: i rappresentanti dell'HDP sono pronti a farlo? Sono pronti a comprendere le cause di questo assordante silenzio? E, su tutti: il silenzio delle regioni occidentali sono un segno di un più radicato risentimento, o un'approvazione delle politiche di governo?
Foto / Fonte: al-monitor.com
Dino Buonaiuto