Turchia, cittadini in piazza contro profughi siriani; Erdogan accusa Assad della strage di Reyhanli
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Turchia, cittadini in piazza contro profughi siriani; Erdogan accusa Assad della strage di Reyhanli

lunedì 13 maggio, 2013

ANTIOCHIA (TURCHIA) 13 MAGGIO 2013- "Siamo in Turchia, questa non è la Siria": è un grido unanime, quello che sale in queste ore dalla folla riunita a Reyhanli, la città di frontiera che sabato è stata teatro del duplice attentato che ha portato alle stelle la tensione in Medioriente.


Due esplosioni, 48 morti, decine di feriti, e una popolazione, quella turca, profondamente indignata, che comincia ad alzare la voce contro i 25mila profughi siriani rifugiati nella provincia, accampati da mesi lungo la linea di confine, e sospettati di essere basi arretrate per l'incursione dei ribelli sunniti. [MORE]


Sono alawiti, i cittadini di Hatay-Antiochia, proprio come il presidente siriano Bashar al Assad; sventolano bandiere nazionali, ribadiscono con striscioni che la Turchia deve "restare ai turchi", protestando contro la politica del premier Recep Tayyip Erdogan, che da sempre appoggia i ribelli contro il regime.


Quel primo ministro Erdogan che, poche ore fa, ha accusato il governo di Damasco di essere dietro la strage di Reyhanli, annunciando l'arresto di nove cittadini turchi sostenitori di Assad, rei confessi appartenenti, secondo la stampa locale, al gruppuscolo marxista Acilciler, vicino alla Siria già negli anni Settanta.


Il premier, che giovedì incontrerà Obama, starebbe preparando una serie di prove per far scattare un intervento internazionale, che potrebbe rappresentare una svolta storica per il conflitto, facendo deragliare i piani di Russia e Usa, alla ricerca di una soluzione politica alla crisi diplomatica.


Più cauta, invece l'opposizione turca, che non esclude la pista jihadista, chiamando in causa i ribelli del Fronte al Nusra, un gruppo legato ad Al Quaeda e non nuovo al coinvolgimento in simili attentati. Un'ipotesi che la popolazione sembra non tenere in considerazione, incline com'è a credere nella responsabilità degli stessi oppositori del regime siriano.


Mentre si moltiplicano cortei e incidenti, e i futuri sviluppi si fanno sempre più incerti, consistenti gruppi di profughi e disertori stanno abbandonando la linea turca per rientrare, dopo mesi, in Siria.

(immagine da: www.euronews.com)

Simona Peluso


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