Triduo Pasquale: il Giovedi Santo e la Cena con gli Apostoli
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E’ terminato il cammino quaresimale; ha inizio oggi il triduo Pasquale. Al mattino, nelle diocesi i vescovi celebrano la Santa Messa del Crisma dove insieme a tutti i sacerdoti della Diocesi vengono benedetti gli oli sacri dei catecumeni, degli infermi e del Sacro Crisma. Al pomeriggio nelle comunità parrocchiali hanno inizio i riti della settimana santa. Il Giovedì si fa memoria dell’Ultima Cena e del rito della lavanda dei piedi.[MORE]
Gesù lava i piedi ai suoi Apostoli. Dona un grande insegnamento. Colui che è Maestro si fa servo di tutti. Basterebbe mettere in pratica questo principio e nel mondo ci sarebbe una rivoluzione. Se ognuno di noi si chinasse sull’altro per servirlo, amarlo ci sarebbe più carità, misericordia, compassione. Se la politica, la chiesa, ogni istituzione usasse il suo potere solo per servire l’uomo, per il bene comune, per il diritto e la giustizia, molti problemi sarebbero risolti. Il Giovedì Santo, poi è il giorno dell’Eucarestia. La persona è spirito, anima e corpo. Non si deve pensare solo al nutrimento del corpo, alla sua bellezza esteriore. Dobbiamo pensare anche alla bellezza dell’anima e al suo nutrimento. Nutrire l’anima con la grazia e la verità è dovere di ogni cristiano battezzato.
Leggiamo e meditiamo insieme il Vangelo di oggi. (Gv 13,1-15)
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Gesù ha amato i suoi che erano nel mondo. Ora l’Apostolo Giovanni ci dice che Gesù “amò i suoi sino alla fine”. L’amore “sino alla fine” di Gesù è un amore “senza fine”. Gesù rivela ai suoi come si ama con un amore sino alla fine senza fine.
Questo insegnamento avviene durante la cena.
Si alza da tavola: abbandona cioè il posto di colui che è servito. Depone le vesti: si spoglia della sua divinità, della sua dignità, della sua gloria, della sua Signoria. Non si può amare, non si può servire se non si depongono tutte le vesti di cui ci si è ricoperti e di cui ci si copre ogni giorno.
Oggi sono infinite le vesti che coprono l’uomo. Eccone alcune sofisticate e moderne: la veste del razzismo, dell’odio, della violenza, dell’inimicizia, della delinquenza, dell’arroganza, della prepotenza, dell’usura, del ricatto, del terrore, del pizzo, dello sfruttamento, della pigrizia, dell’irresponsabilità, della superbia, dell’invidia, della gelosia, della ricerca della propria gloria, della paura. C’è una veste tutta attuale ed è quella del rifiuto dell’altro perché diverso da noi. Ci sono poi le molteplici vesti religiose di cui ci dovremmo svestire se vogliamo servire come Cristo ha servito. Infine ci sono le vesti della scienza, della tecnica, dell’arte, della conoscenza, dello studio, della ricerca, dell’invenzione. Ognuno potrebbe costruirsi una sua particolare veste che è il suo impedimento ad amare. Gesù ci chiede una sola veste: quella del servizio e questa veste si chiama umiltà.
Prende un asciugamano e se lo cinge attorno alla vita: ora Gesù dona concretezza al suo “svestimento”. “Si sveste” della sua Signora, “si veste” da servo. Svestirsi e rivestirsi devono essere una cosa sola. Il fallimento dell’amore cristiano risiede proprio in questo: nel non fare divenire una cosa sola queste due azioni.
Un esempio: il cristiano nel battesimo si sveste del mondo, ma poi non si riveste di Cristo. Così anche dicasi del Sacerdote: si spoglia di sé ma poi non si conforma a Cristo Gesù. Questa legge vale anche per il Matrimonio e per ogni altro sacramento che celebriamo.
Gesù giunge da Simon Pietro. È il suo turno. Tocca a lui lasciarsi lavare i piedi da Gesù. Simon Pietro valuta ogni cosa con i suoi pensieri di carne. I pensieri di Dio sono infinitamente oltre i nostri pensieri.
6Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
7L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
8Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
9Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. (Is 55,6-9).
La via per camminare bene con Dio è una sola: la fede, la fiducia, l’abbandono a Lui, il porsi interamente nelle sue mani.
Urge che Gesù ci lavi la mente, il cuore, la volontà, i sentimenti, i pensieri, l’anima e l’intero corpo. Lavi ogni uomo con la sua verità, la sua sapienza, la sua Parola, il suo Vangelo. Una volta che è stato lavato, deve essere ricolmato di ogni grazia. Deve essere ricolmato di Spirito Santo. Chi non si lascia lavare da Cristo Gesù rimane nella sua contaminazione di falsità, di idolatria, di immoralità, di menzogna, di inganno. Rimane nella sua natura macchiata e contaminata dal peccato di Adamo.
Anche questa verità oggi è stata quasi abolita dal “Credo” cristiano. Gli uomini sono dichiarati tutti mondi, tutti veri, tutti giusti, tutti santi, tutti capaci da se stessi di lavarsi, purificarsi, mondarsi, rinnovarsi, elevarsi, rigenerarsi, avere parte con Gesù.
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono.
Fino a questo istante Gesù ha parlato ai suoi discepoli con l’esempio: lavando loro i piedi, facendosi loro servo, costituendo loro suoi Signori. Ora Gesù riprende le sue vesti. Siede di nuovo a tavola e inizia l’ammaestramento. È questa la verità di Cristo Gesù. Gesù è veramente il Maestro e il Signore.
Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.
Se il Signore e il Maestro si è chinato, si è svestito, si è umiliato, si è prostrato dinanzi alla sua creatura, se ha innalzato l’uomo fino a prendere il posto di Dio, allora anche i discepoli devono fare la stessa cosa. Anche loro si devono lavare i piedi gli uni gli altri. Anche loro si devono umiliare divenendo essi servi e i servi costituendo padroni.
Loro per tutti i secoli dovranno vivere visibilmente questo annientamento, questa umiltà, questo abbassamento. Si dovranno sempre svestire della veste di colui che governa per indossare l’asciugamano che è il segno di colui che serve. Sarà questo servizio che li renderà credibili dinanzi ai loro fratelli e al mondo intero. Il gesto che Gesù ha fatto oggi nel Cenacolo deve essere sempre dinanzi ai loro occhi. Lo richiede la loro sequela di Gesù. La sequela è imitazione. È imitazione proprio di questo gesto.
La sequela è imitazione anche dell’altro gesto: quello che Gesù compie sulla croce.
Nel Cenacolo ha lavato i suoi discepoli con dell’acqua. Dalla croce laverà il mondo intero con il suo sangue. Nel Cenacolo possiamo dire che c’è l’immagine, sulla Croce c’è la realtà cruenta, forte, scritta con il rosso del sangue di Gesù Signore. Da questo istante i discepoli sanno che non sono stati chiamati per governare, ma per servire. La loro vita è un servizio quotidiano ai fratelli. È un servizio d’amore secondo le regole dell’amore.
Don Francesco Cristofaro