Terremoto e allarme nucleare: in ginocchio il paese dei ciliegi in fiore
Editoriale Lazio Roma

Terremoto e allarme nucleare: in ginocchio il paese dei ciliegi in fiore

martedì 15 marzo, 2011

15 MARZO 2011 - “Sakura” in giapponese “fiore di ciliegio”, è la bellezza. Il “paese dell’origine del sole” si toglie le scarpe in segno di rispetto, come si usa nelle case, poi si ferma ciclicamente a contemplare la fioritura degli alberi sotto i petali delicati. E’ il trionfo della natura e dell’effimera bellezza che travolge vicoli trafficati e campi sperduti rendendo incantato tutto ciò che sfiora. [MORE]
Il Giappone attendeva anche quest’anno a fine mese la festa dei ciliegi in fiore. Stava preparando i teli azzurri sul quale sdraiarsi e lasciarsi immergere nei petali rosati, ma la terra ha tremato. Il sogno si è tramutato così in un doppio incubo: da una parte la catastrofe del terremoto, dall’altra il temuto pericolo nucleare. La maniacale propensione al lavoro, l’armonia dei giardini, la facciata futuristica di Tokio e la fiera anima tradizionalista nipponica sono state in poco tempo spazzate via dall’onda anomala e baliosa della natura, mettendo in ginocchio l’intero Giappone.
Si sono viste immagini di aerei, navi, abitazioni trascinate via come fossero costruzioni. Ma i morti, quelli che abitavano le loro dimore, che viaggiavano su voli di linea, o diretti verso il posto di lavoro, non li abbiamo visti come non vedremo più le città fantasma il cui ricordo riecheggia solo nei cartelli stradali che portano il loro nome. Ancora una volta il Giappone si è dimostrato un popolo composto. Sono poche le immagini arrivate di corpi senza vita: i morti vanno rispettati e onorati, non ripresi dalle telecamere. Eppure all’appello mancano più di 10mila persone, e mentre si continua a scavare tra le macerie un’altra preoccupazione incombe sull’intero continente, è la paura del nucleare. Si ha la sensazione più grande di impotenza davanti ad una catastrofe di questa portata, ma un evento simile non può che portare ad una profonda riflessione che riguarda la politica dell’intero pianeta.


In Europa le 440 centrali atomiche coprono un terzo del fabbisogno elettrico. L’Italia ha deciso di far ripartire il programma nucleare attraverso la costruzione di quattro impianti subito. Ma quello che sta succedendo in Giappone come cambierà le cose? Cosa ci insegna questa lezione? Le statistiche hanno dimostrato che la percentuale di scarto tra le previsioni e la realtà esiste. Allora, non converrebbe concentrarsi sulle energie alternative trascurate, soprattutto in Italia, per incentivare invece i piani nucleari? Qualcosa si sta muovendo già in Europa, dove a Francoforte i titoli della tedesca SolarWind hanno guadagnato 8 punti percentuali. Da noi il governo invece, tutto preso da questioni che poco hanno a che vedere con il nostro futuro, ignora le richieste di Greenpeace e rimane fermo sulle proprie ostinate posizioni. Diversamente, la cancelliera Angela Merkel, turbata dagli ultimi eventi che hanno scosso il Giappone, ha annunciato stamane la moratoria di tre mesi sulla decisione di prolungare l’esistenza delle 17 centrali nucleari ancora in funzione in Germania poiché “il mondo è uno solo” ha detto Frau Merkel.
Invece ieri a Bruxelles il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha dichiarato che sta seguendo «con sgomento e preoccupazione» i drammatici avvenimenti in Giappone «ma non cambia la linea del governo rispetto al rientro nel sistema nucleare europeo».
Eppure, bisogna dirlo, l’energia nucleare è molto costosa per le tasche dei cittadini e per l’economia del nostro Paese. Per tornare all’atomo, infatti, bisognerebbe ricorrere a fondi pubblici e garanzie statali, il che si traduce con aumento delle tasse e delle bollette pagate da noi cittadini. Tutte risorse importanti, sottratte ai finanziamenti per la ricerca, per l’innovazione tecnologica, per la diffusione dell’efficienza energetica e le energie rinnovabili. Al di là dei rischi legati anche alla non risolta questione dello smaltimento delle scorie radioattive, il nucleare dunque costa troppo. L’Enel ha cercato di dimostrare che il nucleare conviene, ma per farlo ha mentito sui veri costi di costruzione delle nuove centrali. Nel 2009 Enel sosteneva che una nuova centrale Epr sarebbe costata 3 miliardi di euro. Di fronte all’esplosione dei costi dei prototipi finlandesi e francesi ha dovuto alzare poi a 4 miliardi. In realtà il costo reale è ormai 8 miliardi di euro a centrale. Con questi dati non esiste la possibilità di produrre energia elettrica a prezzi inferiori alle fonti attuali, anzi saranno maggiori. Dunque l’unica soluzione sarebbe solo la nascita di una vera e propria rivoluzione energetica, capace di contrastare i cambiamenti climatici, di innovare processi e prodotti.


Il tragico evento che ha coinvolto il Giappone in primo piano ha dimostrato quanto il nucleare sicuro non esista. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: ma questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali.
Forse sarebbe il caso che il governo italiano sospenda il progetto nucleare, o per lo meno decida di bloccarne l’attuazione fino al prossimo referendum aspettando il responso degli elettori. Ma, come si sa, il buon senso conta meno della logica politica, ragion per cui anche a fronte di un episodio come questo, l’Italia si tiene indietro con la coda tra le gambe, attendendo che tutto sia finito.
Bisognerebbe andare avanti, non tornare indietro per meri interessi economici. E un avvertimento come questo del Giappone, che non ha precedenti nella storia mondiale, non è roba da niente.

Roberta Lamaddalena


Autore
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