Festival di Roma, Take five di Guido Lombardi: quei mastini napoletani che provano a fare le iene
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FESTIVAL DI ROMA, IN CONCORSO: TAKE FIVE DI GUIDO LOMBARDI, LA RECENSIONE. Un pulp dei quartieri spagnoli e dal cuore napoletano, verace nella recitazione e di buon pregio visivo, nonostante qualche cedimento.
A Napoli non è facile avere la mano vincente: al poker, nella vita e - figurarsi - nelle rapine. Il quintetto che medita il colpaccio è una banda assortita alla peggio, "'na paranza", dice O' Sciomen (Peppe Lanzetta), l'artista della rapina a Napoli. L'ha tirato dentro l'amico di lunga data Gaetano (Gaetano Di Vaio), stanandolo dalla catapecchia in cui s'era annidato tra gli antidepressivi. Il quintetto si completa con Carmine (Carmine Paternoster) , l'uomo giusto al posto (si spera) giusto, giocatore cronico coi debiti fino al collo e la fortuna di essere un addetto alla rete fognaria chiamato a riparare una perdita sotto una il caveau di una banca; Sasà (Salvatore Striano), fotografo infartato che all'improvviso ha un flash su come trovare i soldi per un trapianto clandestino; Salvatore (Salvatore Ruocco), bravo uaglione che ha abbandonato il pugilato (legale) dopo aver preso a sediate un arbitro corrotto. Prendi questi cinque, e falli passare dalle fogne alle banche, dalla merda all'oro, dall'anonimato alla bella vita. O anche solo, alla salvezza. [MORE]
DALLE STALLE ALLO STALLO - Take five di Guido Lombardi (già Leone del Futuro a Venezia 68 con Là-bas - Educazione criminale) è una storia di tentato riscatto abilmente travestita da pulp dei quartieri spagnoli. L'abito è di grana grossa, anche se si capisce che per cultura cinematografica la sartoria è fine: basti dare un'occhiata alla scena nel Palazzo neo-rinascimentale della Borsa, o ai ralenti da nipote scugnizzo di Peckinpah. Tutte le approssimazioni, dalla risibile security della banca alle poco credibili magagne del piano d'azione, sono macinate nel contesto di genere, una crosta gustosa che assembla reminiscenze del poliziottesco italiano, stalli alla messicana, qui alla napoletana, di memoria tarantiniana, e naturalmente quanto di più furbo il filone della rapina "a pesci fetenti" (cioè, andata a male) possa offrire all'uopo. Intendiamoci: sarebbe già sufficiente.
Al Festival di Roma 2013, dove il film di Guido Lombardi è in concorso, si sono viste così tante ruffianerie per intellettuali, che si digerisce con piacere una ruffianeria a misura di spettatore, un pulp-ettone insaporito dal pregio stilistico del bravo regista napoletano (in confronto, si veda il divertimento senza compromessi ma assai più dozzinale di Song e' Napule dei Manetti Bros, fuori concorso). Ma Take five si prende molto più del cinque in pagella, perchè nel piatto mette una buona dose di carne a cuocere. Il qualcosa andrà storto tipico del sottogenere si attaglia all'ambizione di riscatto dei cinque protagonisti, mastini napoletani che si guardano in cagnesco e sembrano presentire il fallimento, per fantasmi personali così come per una certa appartenenza al destino della città tutta, in cui è difficile risalire la china quando si è in cattive acque.
CALIBRI (TRENTA)CINQUE - Non c'è solo, dunque, la gustosa colonna sonora che riecheggia il funky dei soundtrack più cool del poliziesco all'italiana, qui a firma di Giordano Corapi (già in Là-bas), che opta per un sound in linea con le sperimentazioni musical-cinefile dei Calibro 35. Ci sono, infatti, anche calibri attoriali da non sottovalutare, congeniali all'ambientazione e all'underground criminale della narrazione (sia Gaetano Di Vaio che Salvatore Striano che Carmine Paternoster hanno peraltro conosciuto realmente la reclusione), ma prima tutto eccellenti per veracità, portatori sani di cicatrici. Lanzetta, poi, è un maestro, e farlo duettare soprattutto col giovane Salvatore Ruocco è una scelta intelligente sia sotto il profilo professionale che rispetto al senso della vicenda: il boss è già uomo dalle mani insanguinate, il giovane non spera di uscirne ricco ma pulito.
C'è, dunque, anche la calibratura di qualche sottotesto: la traccia della perdita dell'innocenza, delle scelte irreversibili, di una frustrazione che resta tale, di un'asfissia esistenziale (Gaetano perde i sensi per i fetori della fogna, Sasà boccheggia perchè malato di cuore, tutti si allenano in apnea), di una trappola da cui non si esce (vedasi lo stallo nella casa, o quello sotto i tombini da cui è impossibile uscire). Nonostante qualche tentazione folkloristica (il Napoli, in radio, in semifinale di Champions League, le maschere di pulcinella) e qualche zona morta di scrittura (alcune questioni sono liquidate con la stessa fretta con cui appare e scompare la bella Ester Alisha, omaggio blaxploitation?), di fronte alla scelta take or leave it, il film di Lombardi va preso, senza glorificazioni, per com'è: di genuina intelligenza.
(nella foto in alto a sinistra, Guido Lombardi davanti ai cinque protagonisti)
REGIA: Guido Lombardi
SCENEGGIATURA: Guido Lombardi
ATTORI: Peppe Lanzetta, Salvatore Striano, Salvatore Ruocco, Carmine Paternoster, Gaetano Di Vaio
FOTOGRAFIA: Francesca Amitrano
MONTAGGIO: Annalisa Forgione
MUSICHE: Giordano Corapi
PRODUZIONE: eskimo, Figli del Bronx, Minerva Pictures, Rai Cinema
PAESE: Italia 2013
DURATA: 100 Min
FORMATO: Colore
Antonio Maiorino
Critico cinematografico e d'arte - on Twitter