Svolta nell'omicidio del giudice Caccia, arrestato uno dei presunti killer
Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
TORINO, 22 DICEMBRE 2015 - Sono a una svolta, dopo 32 anni, le indagini sull'omicidio del procuratore Bruno Caccia, ucciso il 26 giugno 1983 a Torino. Rocco Schirripa, 64 anni, torinese di origine calabrese, è nato a Gioiosa Jonica (Rc) è stato fermato la scorsa notte dagli agenti della squadra mobile coordinati dai pm di Milano Ilda Boccassini e Marcello Tatangelo, titolari dell'inchiesta, uno dei presunti killer del procuratore. Attualmente faceva il panettiere alla periferia della città. Per il delitto Caccia è stato già condannato all'ergastolo Domenico Belfiore. [MORE]
Bruno Caccia fu ucciso la sera del 26 giugno 1983, 32 anni fa, con 14 colpi di pistola mentre portava a spasso il suo cane sotto casa, sulla precollina di Torino. Per l'accaduto fu arrestato, nel 1993, il mandante del delitto, Domenico Belfiore, esponente di spicco della 'ndrangheta in Piemonte, poi condannato all'ergastolo e dallo scorso 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute. Caccia stava indagando su numerosi fatti di 'ndrangheta tra cui alcuni sequestri di persona.
Schirripa avrebbe dato il "colpo di grazia" al magistrato, vittima di un agguato mentre portava a passeggio il suo cane il 26 giugno 1983. E' la ricostruzione degli inquirenti della Dda di Milano, che hanno coordinato le indagini sull'episodio, riaperte anche in seguito alle richieste dei legali della famiglia di Caccia. Domenico Belfiore, già condannato all'ergastolo per il delitto, e il suo "soldato", Rocco Schirripa, secondo quanto è emerso dalle indagini, avrebbero atteso il magistrato a bordo di un'auto, appostati vicino alla sua casa. Belfiore, esponente di spicco della 'ndrangheta in Piemonte, avrebbe sparato a Caccia dalla vettura, ferendolo. A quel punto, secondo le accuse, Schirripa sarebbe sceso dall'auto, per finire il procuratore con un colpo di pistola alla testa.
Rocco Schirripa è stato incastrato grazie ad una lettera anonima inviata dagli inquirenti milanesi a Domenico Belfiore, già condannato all'ergastolo per l'episodio. In seguito alla lettera sono state intercettate le "reazioni" sul coinvolgimento di Schirripa.