Strage Mottarone. Freno funivia manomesso consapevolmente. Altri indagati . I dettagli
Cronaca Piemonte Torino

Strage Mottarone. Freno funivia manomesso consapevolmente. Altri indagati . I dettagli

mercoledì 26 maggio, 2021

Strage Mottarone. Freno funivia manomesso consapevolmente, tre fermi. Trovata la seconda parte del forchettone. Presto altri indagati
VERBANIA, 26 MAG - Un gesto "consapevole", per ovviare ai problemi tecnici della funivia ed evitarne lo stop. A discapito della sicurezza dei passeggeri. E' un quadro "molto grave e inquietante" quello che emerge dagli accertamenti degli inquirenti sulla tragedia del Mottarone.

Tre le persone fermate all'alba, e sono arrivate anche le prime ammissioni: Luigi Nerini, titolare della società che ha in gestione l'impianto, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore dell'esercizio e capo servizio della funivia. Sono accusati, in concorso tra loro, di omissione dolosa, "articolo 437 del codice penale", precisa il procuratore Olimpia Bossi che, in attesa delle verifiche tecniche sulla fune e dell'intervento dei consulenti esperti, domani chiederà la convalida dei fermi al gip del Tribunale di Verbania.

E intanto si riserva "di valutare eventuali posizioni di altre persone". Presto potrebbero dunque esserci altri indagati, perché se è vero che i tre fermati erano "coloro che prendevano le decisioni" e che avrebbero "condiviso" quella scelta che, secondo le indagini, assieme alla rottura del cavo, ha causato l'incidente, il sospetto degli inquirenti è che anche altri sapessero delle anomalie della funivia e di quel 'forchettone', il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni di cui oggi è stata trovata tra i boschi un'altra parte, la seconda. Bloccare così quel freno d'emergenza, "senza interventi più decisivi e radicali" sembra esser stato, per i fermati, l'unico modo di non compromettere l'esercizio della funivia, che aveva ripreso a girare dopo il lungo stop per la pandemia. Quella cabina aveva infatti problemi "da un mese o un mese e mezzo" e per cercare di risolverli sono stati effettuati "almeno due interventi tecnici", ha ammesso durante l'interrogatorio di ieri sera, come apprende l'ANSA, Tadini.

"La preoccupazione era il blocco della funivia. Stavamo studiando quale poteva essere la soluzione per risolvere il problema", ha aggiunto nelle quattro ore di dichiarazioni che, come è stato riferito, hanno riempito parecchie pagine di verbale. Da quanto è trapelato il tecnico avrebbe ammesso che si sarebbe trattato, come stamane ha ribadito il Procuratore Bossi, "di una scelta consapevole e non di una omissione occasionale o una dimenticanza" per "bypassare un problema"" che non era di un giorno. E proprio per questo come è scritto nel capo di imputazione i tre sono stati fermati solo per l'accusa di "rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro" con l'aggravante che da questo comportamento ne è derivato un disastro.

Un reato che prevede una pena fino a 10 anni, a cui si aggiungono l'omicidio colposo plurimo e le lesioni gravissime per cui i tre sono indagati. Intanto per domani é attesa la richiesta di convalida del fermo e di arresto da parte dei pm che in queste ore stanno scrivendo l'atto, corredato dei documenti finora raccolti, dalle testimonianze dei dipendenti dell'impianto - non è escluso che sia stato uno di loro a spiegare la questione del 'forchettone' su cui sono stati trovati i risconti sufficienti per il carcere - e da altri elementi probatori. Richiesta che verrà inoltrata al gip il quale, probabilmente già dopodomani, potrebbe fissare gli interrogatori per poi decidere. Sempre domani è atteso il conferimento dell'incarico a uno o più ingegneri del Politecnico di Torino per una maxiconsulenza e non è escluso che facciano un primo sopralluogo sulla scena dell'incidente, dove ora ci sono le lamiere accartocciate, simbolo di morte.

E poi, non tra molto l'elenco degli indagati si dovrebbe allungare se non altro in vista dell'accertamento tecnico irripetibile necessario per avere un quadro di quel che è accaduto. "Il mio assistito è sereno - commenta l'avvocato Marcello Perillo, legale di Tadini, dopo avergli fatto visita in carcere - ed essendo un cattolico fervente sta cercando conforto nella fede. Mi ha raccontato del fatto. Sono in attesa di avere accesso al fascicolo per leggere gli atti e studiare una linea difensiva".


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