Squillace (Cz) Omelie Arcivescovo Bertolone
Cronaca Calabria

Squillace (Cz) Omelie Arcivescovo Bertolone

sabato 24 dicembre, 2011

SQUILLACE ( CATANZARO) 25 DIC. 2011 - Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia! (Is 9, 1). Carissimi monsignor Raffaele e don Peppino, signor sindaco, fratelli e sorelle tutti, è lieto ritrovarsi per contemplare insieme il mistero del Natale, esperienza di gioia e manifestazione di una luce che risplendendo [MORE]nelle tenebre della notte si dilata fino a rischiarare pienamente il giorno, consentendoci così di vivere con giustizia e purezza di cuore in questo mondo, nell'attesa che la nostra speranza si compia nella venuta di Gesù Cristo (cfr. Tt 2,11-14).


In questa notte rischiarata dalla stella, la Chiesa proclama al mondo, umilmente ma con ferma convinzione, la sua fede: Dio non si è dimenticato dell’uomo, non si è allontanato da lui; Dio è ancora qui, con noi, e Dio viene ancora. Dio entra nella storia del mondo: c’è un momento in cui l’uomo si accorge di avere accanto a sé, nelle sembianze di un bambino, una presenza misteriosa che sorpassa infinitamente le sue possibilità.
È Gesù che nasce a Betlemme. Non è soltanto un avvenimento di venti secoli or sono: ogni anno è Natale, ogni giorno è Natale. Spesso siamo attraversati da una stanchezza che non è del corpo, ma dell’anima. Essa deriva dal troppo fare, dal troppo avere e girare, dalla superficialità e dalla banalità, quando si avrebbe invece bisogno di sostare in silenzio, di placare il cuore e di pregare, di ritrovare la verità ultima e profonda della vita, il significato dell'esistere.


È questo il nostro Natale, il rinascere dello Spirito. La discesa in terra di Gesù illumina gli uomini e orienta il loro cammino verso il pieno compimento. Occorrono quindi occhi giusti per riconoscere questa luce, perché essa rifulge in un modo discreto, quasi impercettibile, secondo modalità e forme tipiche della sapienza di Dio.
È sufficiente un versetto del Vangelo per narrare questo straordinario avvenimento: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio». Dio si è abbassato, si è fatto come noi per elevarci a Lui, per farci come Lui. Cantiamo nel Prefazio: “La nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne” (dum nostra fragilitas a tuo Verbo suscipitur, humana mortalitas… in perpetuum transit honorem).


“Ecco il segno: un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Questa è la logica di Dio: si spoglia di tutto. Si fa uno di noi, un bambino. In quel bimbo c’è l’embrione della salvezza umana. C’è la concentrazione di un’energia benefica che vincerà tutte le resistenze del male e che avrà il potere di farci figli di Dio, di renderci buoni, di farci vivere nella conoscenza di Dio e dell’amore di Lui e tra noi.


La nudità di Betlemme non è il segno della miseria, ma già un preconio pasquale. “Guardo chi è stato partorito da Maria, esclamava San Bernardo, e che vedo? Longitudo brevis, latitudo angusta, altitudo subdita, profunditas plana…: io vedo la lunghezza che si è raccorciata e la larghezza che è divenuta stretta, vedo l’altezza che si è abbassata e la profondità che si è appiattita! E cosa riconosco, proseguiva il santo Dottore? Lux non lucens, verbum infans, aqua sitiens, panis esuriens: vedo una luce che non brilla, l’acqua che ha sete e il pane che ha fame… (Hom. super missus II, 9). Natale è la Pasqua del Signore nella carne: baciamo l’immagine del Bambino come il venerdì santo baciamo la Croce.


Ecco Natale: è la festa che i cristiani vivono nello stupore sempre rinnovato di accostarsi a un Dio che si è fatto uomo, prossimo a noi, che è venuto a stare in mezzo a noi, a condividere le nostre semplici vite, a soffrire delle nostre fatiche e a gioire delle nostre gioie.


Poteva Dio manifestare in modo più pieno l’infinito amore che nutre per noi se non divenendo Egli stesso uno di noi? Non c’è neppure un momento dell’esistenza terrena che Egli non abbia sperimentato: dal concepimento nel grembo verginale di Maria e fino alla sua morte e sepoltura, Gesù ha percorso tutto il faticoso cammino umano senza tralasciare nulla, eccetto il peccato, perché tutto fosse riscattato e redento. Anche le sofferenze, le angosce, le debolezze, le fatiche, le avversità del nostro vivere: Lui le ha sperimentate e portate dignitosamente e con amore sulle sue spalle, perché anch’esse venissero riscattate per l’eternità.
Proprio per questo Natale è anche la festa di quanti, anche senza riconoscere in quel figlio di un’umile coppia di Nazaret il figlio di Dio, perseguono vie di pace, di riconciliazione e di perdono per vivere insieme nella solidarietà e rendere così questo mondo migliore e più abitabile. Con Lui, la vita del mondo e delle persone ha ricevuto una svolta, e tutti siamo chiamati ad accogliere la buona novella: Dio non ci ha abbandonato, non ci ha buttato nell’esistenza lasciandoci soli, con le nostre risorse, certo, capaci di migliorare con mille scoperte, con mille progressi, ma anche con i nostri limiti e i nostri peccati, capaci di distruggere le cose buone che sappiamo costruire, di appannare tutte le bellezze di questo mondo, di oscurare la bellezza e la dignità della vita.


Siamo chiamati ad essere uomini e donne di buona volontà. Tali sono quelli che non si abituano al male della guerra, del terrore, della violenza; quelli che non accettano di vedere nell’altro, nel diverso, un nemico; quelli che non si sottraggono alle esigenze dell’amore e della comunione; quelli che senza ostentazione sanno perdonare e vorrebbero che il perdono non fosse solo una disposizione personale, ma diventasse anche una prassi collettiva, politica.


Sulla scia di quest’esempio, su questa terra creata come giardino da Dio, ma resa aspra dall’egoismo dell’uomo, la Chiesa deve ripetere all’umanità dell’oggi: “Andiamo a Betlemme” (Lc 2, 15), per trovare lì la nostra speranza, il nostro Salvatore. Nessun timore ci assalga: i credenti, quelli veri, sono sognatori, visionari impenitenti, uomini e donne abitati dalla promessa, ma paradossalmente sono anche uomini e donne legati a filo stretto a questa terra, abitata per sempre dalla nascita di Gesù, il figlio di Dio.


A noi, chiesa di Catanzaro-Squillace, è richiesto un supplemento di fede e di speranza, dovendo far splendere la luce di Dio in una regione segnata dalla ferita di una demoniaca criminalità organizzata; da una persistente e cronicizzata crisi economica, che non favorisce le condizioni di sviluppo; dall’endemica disoccupazione che interessa tutte le fasce di età, particolarmente i giovani; dall’immigrazione forzata sia delle menti sia della forza lavoro. Tocca a noi riaccendere l’entusiasmo per il sogno, dimostrando con i fatti che un altro stile di vita è possibile, che un altro modo di consumare è possibile, che un’altra impresa è possibile, che un’altra economia è possibile, che un altro modo di lavorare è possibile.


Ce la faremo? Non ci è dato saperlo. Ci è chiesto però di provarci. Baciamo, dunque, l’immagine del Bambino con la stessa passione per l’uomo e per il mondo di Dio. Nonostante tutto, Dio ci ama! Se questa parola, amore, ha nella fede e nel raccoglimento una risonanza dentro di noi; se questa parola non scivola sul nostro cuore come l’acqua sulla pietra, allora noi non possiamo non avvertire dentro di noi che nonostante tutto il male del mondo; nonostante tutti gli interrogativi, seri, che magari gravano talvolta sulla nostra esistenza personale, o familiare, o sociale; nonostante la constatazione del ripetersi del peccato e del male, delle cose cattive; nonostante l’avvertenza dei nostri limiti e del limite maggiore che è la nostra morte; ecco, nonostante tutto ciò, è nato per noi il Salvatore.


La novità suprema, l’Eterno, l’Infinito, Dio, ci chiama e si offre a noi. Bisogna allora aprirgli le porte, un angolo del proprio cuore. Basterà un gesto sincero e lui lo renderà presepio, coro di angeli, stella straordinaria, commozione di pastori, annuncio dei Magi, gioia di salvezza.


« …Nella tristezza dell’esistere/ sotto il notturno lembo del Natale / ecco una luce che non ha l’eguale…» : è nata la bellezza che dà senso alla vita e ci salva. A voi tutti auguro un Natale buono ed un anno nuovo che ci faccia umili compagni di viaggio dei poveri, dei piccoli, degli umili e dei cercatori di Dio.


Invoco pertanto su di voi la benedizione del Signore, affinchè la luce di Cristo illumini la vostra vita. Così sia per tutti noi, con l’augurio della gioia e della pace che dalla grotta di Betlemme si diffondono sul mondo.
Amen.

+ Vincenzo Bertolone
 


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