Si nasce, si vive, si muore
“Umano” Lazio Roma

Si nasce, si vive, si muore

sabato 13 ottobre, 2018

CATANZARO, 13 OTTOBRE - Si nasce, si vive, si muore, il resto non ci è dato conoscerlo, o meglio in parte e senza certezza. E questo fa paura. Fa paura perché tutto ciò che non conosciamo può sorprenderci, non può essere controllato. Fa paura perché tutto ciò che non conosciamo può minare la nostra esistenza, ci può avvicinare alla morte, porta del non ritorno, per antonomasia l'ingresso al non conosciuto, il lasciare ciò che si conosce per ciò che non si conosce. Nasciamo con la paura di morire, madre della paura dell'abbandono: al momento del parto lasciamo un mondo fatto di assoluto benessere (nell'ideale), di calore, di nutrimento, di sicurezza, di accudimento, il tutto senza il nostro minimo sforzo, per entrare in un mondo a primo impatto freddo, vuoto (la sensazione dell'aria sulla pelle rispetto al liquido amniotico, per la sua differente massa, è di perdita), per cui spaventa! Anche il cordone che nutriva automaticamente, viene tagliato. Tutto ciò che conoscevamo non esiste. 

Da un mondo ideale che dava senza chiedere, ad un mondo che a primo impatto ha soltanto tolto. Ma lo stesso mondo che tanto dava, al finire dei nove mesi circa, diventa un mondo saturo, che opprime, che non contiene più tutta la sua esistenza e per la sopravvivenza di entrambi, vieni espulso in un altro mondo, che per sola cosa positiva almeno ti accoglie. Ecco in questo preciso istante la consapevolezza sensoriale di un mondo differente scatena la paura più grande: quella di morire, quella che questo nuovo mondo può farti morire e tutto a causa del mondo precedente che non conteneva più. L'istinto di sopravvivenza ne fa da padrone. Nella memoria permane così la voglia di riavere quel mondo e la continua ricerca di esso, ma anche il senso di colpa e la frustrazione per essere stato espulso, come la sofferenza provata durante il travaglio, sofferenza nell'attraversare quel tunnel che da un mondo porta all'altro, tunnel rappresentato da sempre con il passaggio dalla vita alla morte. Ecco perché fa paura la morte, perché passata una vita in questo nuovo mondo a cercare quello vecchio e ciò che rappresenta, oramai idolo dell'anima, non vogliamo ritrovarci in un nuovo mondo ancora peggiore e riprovare la sofferenza del tunnel, e perdere ancora una volta ciò che avevamo. Ma se solo proviamo a dare una nuova luce a questa definizione, ripescando verso oriente la nuova visione e rapportandola al quotidiano e al mentre siamo in vita, potremmo rovesciarne il senso e vederne nella morte, intesa come la fine di qualcosa, di un sentimento, di un lavoro, di una relazione, un lutto ecc, una nuova possibilità di vita, una nuova possibilità di migliorarsi, di andare oltre, di imparare dal vecchio e misurarsi nel nuovo. Considerare il dolore del tunnel, ovvero quel periodo di travaglio in cui siamo costretti o decidiamo di cambiare un comportamento, uno stile di vita ecc, non come sofferenza, ma come un saggio compagno di viaggio che ci indica ciò che abbiamo da risolvere del vecchio, da accettare e perdonare, prima di andare in nuova vita, sempre all'interno della stessa vita, affinché possiamo in essa brillare senza luridi strascichi di mondi passati. La morte come la vita, assume in questo modo un pari significato in valore. 

La nascita in un nuovo mondo è l'atto creativo più grande e come tale ne rimane l'esperienza anche se in quel momento siamo noi la creazione. Impariamo che creando un nuovo, possiamo dire addio ad un vecchio e per farlo dobbiamo essere consapevoli del vecchio, accettarlo ed avere il coraggio di andare nel nuovo. Questo atto è ciò che accompagna la nostra vita in ogni istante: ogni volta che effettuiamo una scelta andiamo verso qualcosa e lasciamo qualcos'altro, ogni scelta lascia in noi una traccia più o meno forte, più o meno ripescabile, ripercorribile nel passato prossimo, mentre a lungo andare rimane nella memoria solo quella o quelle più forti, anche se più o meno modificate nel tempo. Possiamo vedere così ogni scelta come un atto creativo, il quale prevede un atto di creazione ed un atto di distruzione, una scelta verso ed una scelta contro, in un plurale indefinito. Ogni creazione da quelle concrete a quelle astratte, da oggettive a soggettive, da grandi a piccole, risultano in tal modo nell'istante, tutte ugualmente importanti al fine della vita: creare!


Dott Antonio Calamonici - Psicologo


Amare:
comunicare con coraggio la passione
dell’onesta illogica del cuore.


Creare:
educare la mente ad amare l’anima
concedendole il respiro.


Ermes Kalhòs


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

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