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ROMA, 8 MARZO - Sembra finalmente giunto all’atto finale il contenzioso legale fra la Rai e Tiziana Ferrario: la storica conduttrice del Tg1 deve tornare in video.
A stabilirlo è il Tribunale di Roma, che conferma la precedente sentenza del 28 dicembre 2010, rigettando quindi il ricorso presentato dall’azienda di viale Mazzini.
La giornalista si era rivolta alla magistratura in seguito all’esilio forzato a cui era stata costretta all’interno della redazione, in seguito al suo rifiuto di controfirmare la linea editoriale imposta da Augusto Minzolini (appunto direttore del telegiornale della prima rete Rai): ed effettivamente, per due volte, i giudici hanno riscontrato indizi di una motivazione politica e quindi contrattualmente ingiustificata dietro l’allontanamento dal video della Ferrario. [MORE]
Questo uno stralcio dell’ultima sentenza: “Sussistono elementi indiziari che convergono univocamente nel far ritenere che lo spostamento della lavoratrice dalle mansioni di conduttrice di telegiornale sia da addebitare più che ad effettive esigenze organizzative ad una volontà ritorsiva posta in essere dai vertici della redazione al fine di sanzionare il dissenso manifestato dalla giornalista nei confronti della linea editoriale impressa al telegiornale dal direttore".
Viene ritenuta invece poco attendibile la linea difensiva di Minzolini, che più volte ha giustificato il suo intervento gestionale come una normale e salutare conseguenza di un ricambio generazionale alla conduzione del suo tg, rigettando con fastidio le accuse di un movente punitivo alla base delle sue scelte.
Intanto il Tg1 risente di un evidente calo di ascolti, figlio di una disaffezione del pubblico, che imputa soprattutto alla nuova direzione un disimpegno nella credibilità e nell’obiettività nel presentare i fatti.
Da parte sua, la Ferrario si proclama ovviamente soddisfatta e invita a considerare la sentenza non come un successo personale, ma come la vittoria del principio della libertà d’espressione su quello dell’autorità incondizionata, condito da una malcelata arroganza.