Sciame di vanesse e la sua libertà compositiva: intervista ai Tales of Unexpected
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Sciame di vanesse e la sua libertà compositiva: intervista ai Tales of Unexpected

lunedì 9 novembre, 2015

SOVERATO (CZ). 09 NOVEMBRE 2015 - Il debutto discografico autoprodotto dei Tales Of Unexpected si chiama Sciame di Vanesse, è stato pubblicato poche settimane fa ed in quest'intervista la band ci racconda molti particolari interessanti.
Buona lettura!

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Presentateci la band e spiegateci il concetto che sta dietro Sciame di vanesse.
Tales Of Unexpected (TOU) è un progetto indie rock milanese. Propone inediti dalle influenze diverse (grunge, post-rock, funky, alt rock etc) con testi in italiano di stampo cantautoriale. Il nome deriva da una celebre raccolta di racconti di Roald Dahl e vuole simboleggiare la continua ricerca di elementi musicali "inaspettati" all'interno dei brani. Sciame di vanesse è il nostro primo album e si compone di dieci tracce che si sono rivelate difficili da incatenare all'interno di categorie di genere ben definite. Così abbiamo deciso di fare di questa caratteristica l'idea fondante del disco. Le vanesse sono animali solitari e ogni esemplare è unico per la pigmentazione delle sue ali, un po' come le impronte digitali degli esseri umani. Inoltre, la leggenda vuole che la durata della loro esistenza si estenda lungo l'arco di appena ventiquattro ore. Di qui l'espediente di disporre le canzoni in una cornice che ripercorre cronologicamente l'andamento di una giornata. Essa si articola in cinque capitoli che selezionano le tracce per affinità di atmosfera (solare, lunare, crepuscolare). Sciame di vanesse propone un viaggio attraverso gli spazi aperti della nostra musica che ha come unico limite il sorgere dell'alba.

Il vostro è un esordio ambizioso sia nella struttura sia a livello musicale, cosa vi ha ispirato nella sua composizione?
L'album è il risultato della stratificazione dei brani nel corso di questi anni. Lo consideriamo come l'istantanea del nostro iniziale percorso nel mondo della musica. Non neghiamo che ci sia stato un grosso e faticoso lavoro alle spalle, ma il risultato finale ha ancora tutte le caratteristiche di genuinità che avevano i pezzi nel momento in cui sono stati scritti. Le strutture sono venute fuori naturalmente, senza che gli imponessimo misure restrittive per ciò che concerne la durata dei brani, la linearità delle liriche, l'uniformità del sound complessivo. Tra gli altri vantaggi dell'autoproduzione vi è anche quello di poter agire liberamente a livello musicale e testuale, e in questo ci sentiamo fortunati. Se l'impressione complessiva denota una certa ambiziosità, questo è avvenuto in maniera del tutto inconsapevole. Viva la musica (incoscientemente) libera.

Mentre per quanto riguarda i testi, qual è il messaggio che volete che arrivi all'ascoltatore?
Come dicevamo prima, i testi scaturiscono liberamente dalle nostre teste e non si propongono di voler "insegnare" una morale preconfezionata. Le ispirazioni sono diverse, non nascondono le letture che hanno alle spalle ma neppure negano uno sguardo personale al mondo che ci circonda. Senza, naturalmente, la pretesa di raccontarlo. Lo scorcio che si prospetta è semplicemente quello che si apre davanti ai nostri occhi: l'ascoltatore può scegliere se condividerlo oppure optare per uno diverso, in piena autonomia. Il discorso spazia dalla denuncia dell'indifferenza, degli stereotipi sociali, delle ingiustizie sociali, fino ad affrontare tematiche forse ancora più delicate, come il conflitto arabo-israeliano e le tragedie dei naufragi di migranti al largo delle coste di Lampedusa. Il fil rouge è, appunto, quello dello sguardo. Non conta solo il soggetto dell'inquadratura ma anche la scelta del posizionamento della telecamera, il gioco di luci ed ombre, la scelta dei colori. Tutto questo si tramuta nello stile. Il nostro si caratterizza per l'utilizzo di inserti dialogici improvvisi, di immagini fittizie dal valore simbolico, per lo scarto tra la dimensione del ritornello e quella delle strofe. La costruzione del senso non avviene in maniera lineare ma, se vogliamo, circolare. Il significato non viene raccontato ma suggerito. Ed in questo gioco delle parti importanza fondale hanno le atmosfere cui abbiamo accennato precedentemente.

Com'è stato accolto fino ad adesso ed i Tales of Unexpected come lo propongono dal vivo?
Per adesso non siamo in grado di delineare un quadro complessivo dell'accoglienza, nè è ancora il momento di tirare le somme. Le recensioni sono positive e negative, come è giusto che sia. Non ci interessano i panegirici, ascoltiamo volentieri le critiche e cerchiamo di trarne il meglio per capire quali sono gli aspetti potivi e quali sono quelli su cui bisogna migliorare. Del resto, il miglior complimento che può ricervere un artista emergente è quello di essere preso sul serio. Se facciamo discutere vuol dire che siamo veri, siamo vivi, che la nostra musica è autentica.
Venendo alla seconda parte della domanda, il disco ha volutamente un suono molto "live". Le canzoni nascono e vengono arrangiate per essere suonate dal vivo, due chitarre basso e batteria. Se vi è stato un percorso di adattamento, è andato secondo la direzionalità concerto-album e non viceversa. Crediamo fortemente in questo tipo di scelta. La dimensione della performance rappresenta gran parte della vita(lità) di un brano finchè si è esclusi dal circuito mainstream. E questo non è per forza un male.

Parlateci del videoclip di Sfumature di quarzo.
La macrosequenza narrativa del video si compone di quattro affluenti principali che vengono montati secondo un paradigma allucinativo. Nel primo vi sono le riprese live, mentre nel secondo si susseguono immagini di repertorio del conflitto arabo-israeliano che fanno da sfondo alla vicenda psichica del protagonista. Essa si dispiega nel terzo movimento dove trova spazio la sezione recitata: vi si narra di un profugo che, dopo essere oramai fuggito da tempo dalle zone di guerra, viene improvvisamente sorpreso dal ricordo del migliore amico di infanzia che da quello scenario di frastuono e terra bruciata era stato definitivamente inghiottito. Questo lo riporta ad uno stato di shock bellico nel quale gioca un ruolo decisivo l'immagine simbolica di una vanessa. Egli ne è ossessionato perchè non riesce a liberarsene e quindi ad uscire da questa epifania ininterrotta che è compartecipe anche della quarta sezione in cui torniamo a partecipare noi musicisti. In essa i nostri corpi sono attraversati da ali di farfalla vaganti e ridotti a elemento del paesaggio. Solo al termine del brano l'immagine riesce a perfezionare il proprio meccanismo di funzionamento simbolico: il protagonista se ne libera disegnandola su un foglio e astraendola fino a riconoscerla come emblema dell'arte. In questo senso si spiegano i versi di apertura verso il prossimo del ritornello. Là dove falliscono le diplomazione e gli organismi sovranazionali ha, invece, effetto l'arte: nell'avvicinare autenticamente le persone tra di loro.

Cosa ci vi portate dietro dall'esperienze live in Inghilterra ed Irlanda?
Della prima una semplice scena: noi rivolti con la faccia contro l'oceano, odore di mare e vento nei capelli, sole che gioca a nascondersi tra le scogliere di fronte, giubbotti di pelle e chitarre in braccio, gente che si ferma o che passa senza soluzione di continuità, amplificatori che lottano con la brezza, dita che si muovono da sole, totale assenza di pensiero.
Sull'Irlanda il discorso è più complesso. Abbiamo incontrato una realtà che pone la musica al centro del suo sistema culturale e intrattenitivo. Siamo partiti con i testi tradotti "artigianalmente" in inglese e con la timidezza di un neofita che entra per la prima volta nel tempio. Ne siamo usciti semplicemente esaltati. La serata che ci rimane nel cuore è quella in cui abbiamo avuto occasione di esibirci nello storico Whelan's. Tanto per intenderci, stiamo parlando di un posto in cui hanno suonato Jeff Buckley e Arctic Monkeys, un enome pub su più livelli con un palco per piano e diverse bands che cantano in contemporanea. Tu sali sul palco e vedi che le persone ti guardano. Non sono lì per chiacchierare ma per sentire musica dal vivo. Anche se non ti conoscono, anche se sei un italiano che vuole fare rock'n roll nelle sacre isole su cui è nato. Attacchi le chitarre e l'impianto ruggisce come nessun altro impianto tu abbia mai sentito. Quando inizi a cantare, e sei su di giri, può capitare di perdere il controllo e di scordarti le parole della traduzione che hai terminato alla buona qualche ora prima in aereo da Malpensa. Così ripieghi sull'italiano, ma il pubblico incredibilmente apprezza. L'inglese ti tocca rispolverarlo dopo, quando ti fermano nel locale o addirittura per strada per chiederti se mai tornerai nella magica Dublino; e ti fanno notare che affissa all'entrata c'è anche una locandina con il tuo nome che tu, preso dall'agitazione, non avevi notato quel pomeriggio.
Insomma, alle volte bisogna uscire di casa per ritrovare sè stessi.

Mentre per quanto riguarda la nostra nazione, c'è stato un live o un album che recentemente ha attirato la vostra attenzione?
Scegliere è quantomai difficile, perchè il panorama italiano è più ricco e variegato di quanto si pensi. Scegliamo due album recenti che ci hanno colpito per motivi diversi. "Earth Hotel" di Paolo Benvegnù e "Endkadenz" vol 2 dei Verdena. Non diciamo nulla di più, se non li conoscete, vi consigliamo di scoprire questi due piccoli gioielli con le vostre orecchie.

Volete salutare i lettori di GrooveOn con tre – anche più – album che vi sentite in dovere di consigliare?
Cari amici che vi trovate qui su GrooveOn a leggere questa intervista, grazie per essere arrivati alla fine e grazie del vostro tempo. Se già ci avete ascoltati, grazie ancora di più. Se dopo aver letto vi è venuta voglia di ascoltare il nostro "Sciame di vanesse", ne siamo onorati. Se non ve n'è venuta, vi invitiamo comunque ad approcciarvi (o a continuare a farlo) alla musica emergente italiana. Detto ciò, tralasceremo di consigliarvi pietre miliari del rock o artisti che si sono già meritati i palcoscenici maggiori. Non perchè vogliamo fare gli snob o perchè riteniamo che tutta la musica mainstream sia fatta di "plastica". Semplicemente perchè ci fa piacere dare spazio a proposte con le quali ci sentiamo in sintonia. Artisti con i quali abbiamo condiviso o vorremmo condividere serate, soundcheck, consigli sugli arrangiamenti e sulla strumentazione, applausi, impianti che fischiano, cene squallide offerte da locali di periferia e altre cose bellissime.

1 The traveller, Uncensored kingdom

2 Dust, On the go

3 Syne E∆Ǝ: Croma

 

 

 

Federico Laratta

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