Salute, scoperte tre molecole per curare l'Artrite reumatoide
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Salute, scoperte tre molecole per curare l'Artrite reumatoide

martedì 15 dicembre, 2015

ROMA, 15 DICEMBRE 2015 - Un gruppo di ricercatori facenti capo all'Università Cattolica del Sacro Cuore e al Policlinico Gemelli di Roma è riuscito ad individuare tre distinte classi farmaceutiche capaci di consentire un rallentamento nella progressione dell’artrite reumatoide (una poliartrite infiammatoria cronica, anchilosante e progressiva a patogenesi autoimmunitaria e ad eziologia sconosciuta a carico soprattutto delle articolazioni sinoviali), nonché un alleviamento del quadro sintomatologico per i pazienti colpiti. [MORE]

Presto saranno effettuate nuove prove dai ricercatori romani in quanto l'intenzione del gruppo di studiosi è quella di poter commercializzare a breve il farmaco con i principi attivi delle tre molecole che riesce a bloccare la malattia.

«Il farmaco sarà vantaggioso per una parte consistente e facilmente identificabile dei pazienti, aumentando l'efficacia e riducendo gli effetti collaterali e i costi dell'approccio attuale», ha spiegato Gianfranco Ferraccioli, professore ordinario di Reumatologia all'Università Cattolica e Direttore del Polo Urologia, nefrologia e specialità mediche del Policlinico "A. Gemelli".

«Trattandosi di molecole chimiche conosciute, la tempistica di raggiungimento del mercato dovrebbe essere ridotta», ha aggiunto Ferraccioli.

«Circa il 40% dei pazienti – ha proseguito- condivide, come comune fattore genetico predisponente, una variante associata a una forma più grave di malattia e che risponde meno ai farmaci attualmente in uso che sono di due tipi: quelli capaci di rallentare l'infiammazione e quelli biologici che bloccano i mediatori più importanti dell'infiammazione».

A trarre beneficio dalle nuove molecole messe a punto dal team tutto italiano dell'Università Cattolica-Policlinico Gemelli-Cnr sarebbe proprio questa categoria di pazienti.
«Il loro bersaglio è la 'nicchia' molecolare sulle articolazioni cui si vanno ad attaccare i linfociti T dannosi», ha concluso Ferraccioli.

[foto: scienzaesalute.blogosfere.it]

Antonella Sica


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