Riunificazione giunta e consiglio regionale: un atto di normalizzazione politica
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CATANZARO 6 SETT. 2011 - La riunificazione a Catanzaro del Consiglio e della Giunta Regionali è un atto indifferibile e necessario di normalizzazione politica, attorno al quale auspichiamo che i consiglieri regionali aprano un dibattito serio, scevro da tensioni di qualsiasi genere, da sterili campanilismi e da interessi di parte, in vista del raggiungimento di un obiettivo superiore e utile per tutta la Calabria[MORE] perché, a distanza di quarant’anni dalla realizzazione del regionalismo, è giunto il momento di cancellare l’anomalia Calabria e con essa situazioni politico-istituzionali ormai anacronistiche e dannose per i calabresi.
La presenza del Consiglio Regionale al di fuori del capoluogo è un dato oggettivamente non più sostenibile e, come detto, tutto ciò non giova alla Calabria poiché la rappresenta come una Regione debole, conflittuale ed incapace di porsi a livello paritario con le altre consorelle italiane. La riunificazione delle due istituzioni è dunque un obiettivo da raggiungere e per il quale la politica regionale è chiamata a dar prova di maturità.
Proprio in questi ultime settimane in cui il tema generale del contenimento dei costi della politica ha preso in esame anche lo spreco di risorse che viene sopportato dai calabresi per mantenere la sede del Consiglio al di fuori della sua sede naturale, crediamo sia opportuno ribadire che non si tratta esclusivamente di una faccenda economica – il risparmio di oltre 30 milioni di Euro scaturente dalla riunificazione potrebbe alleviare le difficoltà di una regione collocata all’ultimo posto in Europa – in quanto esistono altre ragioni che dovrebbero indurre la politica ad agire verso la normalizzazione e, tra queste, una affonda le sue solide radici nel contesto storico-istituzionale calabrese.
Lo sosteniamo da anni e, oggi che mutate sensibilità sembrano scoprire antichi documenti, non possiamo non rammentare all’opinione pubblica calabrese che già nel 1949, quando lo Stato Italiano cominciò a pianificare il regionalismo che da lì a vent’anni sarebbe stato istituito, la Camera dei Deputati presentò una dettagliatissima relazione sulla “capitale calabrese”, redatta da un Comitato di 15 commissari provenienti da tutti i partiti e presieduto da Antonio Molinaroli ed Ezio Donatini, basata su quattro criteri: storia e tradizioni, centralità geografica, complesso economico della Regione e stato di fatto.
Il comitato sentenziò che “Catanzaro, dall’Unità d’Italia ed anche da prima, ha la funzione di fatto di Capoluogo della Calabria”. Sappiamo tutti che negli anni ’70 la storia andò diversamente e, a causa di manovre oscure ed eversive sfociate nei sanguinosi “moti di Reggio”, collocati giuridicamente dalla Magistratura in un contesto politico-mafioso, la politica decise di cedere al ricatto dei violenti: fu l’inizio delle anomalie calabresi e di quel disordine a causa del quale, ancora oggi, la Calabria sembra incarnare una strana anarchia istituzionale dove si fà fatica a riconoscere ruoli, funzioni e competenze di ogni singola realtà territoriale e tutti sembrano pretendere tutto.
Catanzaro, che avrebbe dovuto esercitare pienamente la sua funzione a beneficio della Calabria intera, è stata variamente scippata in nome di un “equilibrio territoriale” inventato apposta da certa politica calabrese per accontentare i particolarismi e le clientele, con conseguente danno di funzionalità e di economicità per tutti i calabresi. Il principio sembra essere: se le istituzioni sono divise, perché non possiamo dividere tutto il resto?
Ripristinare un concetto, che è anche sostanza, di unità della Calabria e dei calabresi è una causa giusta che la classe politica regionale, di ogni schieramento, deve affrontare senza temere condizionamenti. Si cominci dal Consiglio Regionale: sia riportato a Catanzaro.
Raffaele Fabiano - Presidente Movimento Civico “Catanzaronelcuore”