Ritrovato manoscritto originale de "L'infinito" di Leopardi
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ASCOLI PICENO, 15 MAGGIO 2014 - Ci sono vite che non muoiono mai, capolavori, parole che sfidano il tempo e lo spazio senza sbiadirsi, senza dissolversi, come la terza copia autografa de "L'infinito" di Giacomo Leopardi, risalente al 1821-1822 e ritrovata da uno studioso dell'università di Macerata.
“L’eccezionale ritrovamento del manoscritto originale del componimento poetico di Leopardi – afferma Luigi Lacchè, Rettore dell’Universita’ di Macerata – e soprattutto il lavoro di studio e analisi che ha portato al suo riconoscimento, corona l’opera della cattedra leopardiana, che e’ un fiore all’occhiello del nostro Ateneo”. Non c'è da meravigliarsi, ci sono capolavori che restano eterni, ché a scavare in certe opere c'è solo e sempre da scoprire. Non è un caso che Giacomo leopardi, in America, sia il più studiato subito dopo Dante Alighieri.
"Tra le tante carte che stavo spulciando —racconta il ricercatore — è risaltata la pagina con l’Infinito. Ho provato un’emozione tra la meraviglia e l’incredulità. Ma, considerando l’eccezionalità del caso, il mio immediato e comprensibile entusiasmo è stato ammortizzato dai dubbi che, in simili, circostanze, assalgono gli studiosi. Da lì in poi le indagini. M’intendo di carta e inchiostro quindi, salvo che le più minuziose verifiche non attestassero poi il contrario, ho ritenuto di dover sottoporre l’esemplare a studiosi di eminente cultura. Accertato che il manoscritto non è un falso, verificata la veridicità dell’inchiostro, della filigrana del cartaceo, è stata attestata l’effettiva attribuzione autografica a Giacomo Leopardi".
Per chi vorrebbe rileggerla, pronto a spulciare tra le pagine di un libro di letteratura o tra le stesse opere del poeta, noi riproponiamo l'opera senza tempo: "L'infinito".
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
(immagine da imieilibri.it)
Rossella Assanti [MORE]