Ritrovata dopo due secoli, la testa della "Vergine de La Natività" di Pietro Bernini
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AMANTEA (CS) - Nei giorni scorsi ad Amantea (Cosenza), presso il Complesso Monumentale di San Bernardino, si è tenuta un’importantissima iniziativa fortemente voluta e sostenuta dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, diretta da Fabio De Chirico. E’ stata difatti restituita alla pubblica fruizione il frammento di un’opera d’arte di eccezionale rilevanza: la testa della Vergine de La Natività di Pietro Bernini, conservata nell'Oratorio dei Nobili della stessa cittadina.[MORE]
Sono intervenuti all’iniziativa: Fabio De Chirico, soprintendente BSAE della Calabria; Gregorio Carratelli, priore Arciconfraternita SS. Immacolata di Amantea; Francesco Tonnara, sindaco di Amantea; Domenico Bevacqua, vicepresidente Provincia di Cosenza; Mario Caligiuri, assessore regionale istruzione e cultura; Francesco Celestino, custode provinciale Frati Minori Conventuali; Alessandra Anselmi, Università della Calabria; Mario Panarello, Università della Calabria; Giuseppe Mantella, restauratore.
Nel corso della solenne cerimonia, il prezioso frammento è stato riposizionato nella sua collocazione originaria dal soprintendente De Chirico, a testimoniare l’impegno della Soprintendenza calabrese in direzione di una tutela attiva del patrimonio d’arte regionale.
Approfondimento: La Natività di Pietro Bernini
Note storico-artistiche:
L’altorilievo raffigurante La Natività (marmo statuario150X100 cm. ca.), posto sull’altare maggiore dell’Oratorio dei Nobili di Amantea è un’importante opera della cultura tardo cinquecentesca in Calabria.
Nell’Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, II, Calabria, pubblicato nel 1933, Alfonso Frangipane attribuisce l’opera ad uno scultore messinese, proponendo il nome di Rinaldo Bonanno. Lo studioso lamentava la perdita di molti dettagli causati dalla furia distruttrice delle truppe napoleoniche che invasero nel 1807 il complesso francescano di San Bernardino e l’oratorio annesso. In particolare la scomparsa della testa della Vergine privava l’altorilievo di un elemento fondamentale per la sua lettura.
L’opera è stata attribuita da Alessandra Migliorato a Pietro Bernini (Tra Messina e Napoli: La scultura del Cinquecento in Calabria da Giovan Battista Mazzolo a Pietro Bernini, Società editrice messinese di storia patria, Messina 2000, pp. 99-112) e, accettata dalla critica successiva, è stata accolta nell’imponente monografia dedicata allo scultore da Hans-Ulrick Kessler (Pietro Bernini (1562-1629), Hirmer Verlag GmbH, München 2005, p. 272).
L’altorilievo, sul quale ancora non si è rinvenuto alcun documento specifico, si daterebbe intorno al 1592, anno di edificazione dell’Oratorio del Nobili. Per convalidare l’attribuzione gli studi hanno proposto confronti con le opere di Morano Calabro, come la Santa Lucia e Santa Casterina d’Alessandria, il Tabernacolo affiancato da Angeli oranti per la chiesa conventuale di Colloreto e con le più tarde statue dei Santi Pietro e Paolo per la chiesa collegiata di Morano.
Il rinvenimento presso una dimora privata del capo della Vergine, di cui da più di due secoli si erano perse le tracce, si deve allo storico dell’arte, il calabrese Mario Panarello. Il riconoscimento avvenuto su base stilistica è stato poi comprovato dal perfetto combaciare del pezzo marmoreo rinvenuto con la parte mutila dell’altorilievo. In tal modo si è resa possibile una migliore lettura de La Natività, visto che il capo della Vergine, assorta nella contemplazione del Figlio, costituisce uno dei fulcri dell’opera.
Dal punto di vista compositivo l’altorilievo si presenta come una delle più complesse realizzazioni del periodo giovanile di Pietro Bernini, che dalla natia Sesto Fiorentino si trasferì nel 1584 circa a Napoli. L’opera attesta una notevole abilità tecnica e capacità espressiva mostrando un linguaggio già definito che qualifica l’artista come uno dei più importanti scultori della tarda maniera, sensibile, attento ed aggiornato anche a ciò che si andava elaborando in pittura. Ciò dimostra anche quanto la Calabria fosse recettiva alle novità del momento.
Pietro Bernini, formatosi sotto Rodolfo Sirigatti, avrebbe prima soggiornato a Roma e poi si sarebbe trasferito a Napoli. I primi lavori, eseguiti per Giovanni Antonio Carafa, ancora non identificati, risalgono al 1589. Sono documentate al 1591 le già menzionate statue di Morano Calabro ed il tabernacolo per la chiesa di Santa Maria di Colloreto che costituiscono le prime opere note dell’artista. Queste, tuttavia, non furono le uniche, ma aprirono la strada ad altre commissioni calabresi, come l’Immacolata nella chiesa di san Leone a Saracena dove pure si trova una Madonna delle Grazie - esemplata su un prototipo di Benedetto da Maiano sfruttato da Antonello Gagini - già nella locale chiesa dei Cappuccini. Importante, inoltre, la Santa Lucia nella chiesa dei francescani di Polistena, mentre le identificazioni più recenti del San Giovanni di Gerace e di una copia del Laocoonte del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, accrescono il catalogo di Pietro Bernini ed il numero di opere calabresi.
Note stato di conservazione e restauro:
La testa della Madonna è certamente pertinente al rilievo de La Natività di Pietro Bernini. Spezzata di netto all’altezza del collo, presentava al centro dello stesso un piccolo foro di circa 1 cm di diametro e profondo circa 5 cm, praticato per collocare il manufatto su una base a fini espositivi. La porzione di naso mancante è stata ricostruita da mani esperte, con gesso e polvere di marmo. La testa comunque si trovava al momento della donazione in buono stato di conservazione, con le superfici pulite e cerate.
Al fine di un suo corretto riposizionamento è stato eseguito un attento studio con un rilievo 3d finalizzato alla riutilizzazione del foro esistente nella testa per non creare ulteriori traumi al manufatto. Tale soluzione non è stata praticabile in quanto la Madonna è reclinata in avanti, in atto di adorazione del Bambino. Dopo una attenta documentazione fotografica e grafica si è proceduto all’applicazione di un perno in vetroresina di 8 mm di diametro, dopo aver applicato sulle superfici uno strato di paraloid B72 molto concentrato, al fine di creare uno strato di sacrificio tra le superfici originali e la resina epossidica UHU-Plus usata per fissare il frammento. Non sono state eseguite stuccature di sorta in quanto il manufatto presenta numerose lacune provocate dall’atto vandalico coevo alla decapitazione della Madonna. Il rilievo è stato oggetto di un intervento di restauro eseguito in tempi imprecisati, durante il quale l’uso di sostanze aggressive ha in molti punti sbiancato le superfici, lasciando intravedere “la pelle” originale del rilievo solo nei sottosquadri, zone risparmiate alla pulitura.
Le superfici sulle quali è stata applicata in passato uno strato di cera, si presentano omogeneamente lucide non rispettando i passaggi chiaroscurali creati dall’artista. Dopo la ricollocazione del frammento sarà necessario mettere a punto un intervento conservativo finalizzato a riportare La Natività a quanto espresso dall’artista, senza sovrapposizioni o interpretazioni cui sono soggetti molto spesso i rilievi marmorei.