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Riforma Costituzionale, arriva l'approvazione alla Camera. Renzi: «Paese più semplice e giusto»

 ROMA, 10 MARZO 2015 – Il Governo avanza con le modifiche al Senato, via al bicameralismo perfetto e revisione Titolo V sulle competenze Stato-Regioni. E’ arrivata l’approvazione a Montecitorio del Ddl Boschi con 357 voti favorevoli, 125 contrari e 7 astenuti.[MORE]

 

Il testo tornerà nuovamente al Senato per una nuova doppia approvazione prima di essere sottoposto, come già annunciato dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, all’approvazione del popolo sovrano tramite il referendum. Visibilmente soddisfatto, il Premier parla di Paese «più semplice e giusto», verso una nuova via legislativa, lontana dal bicameralismo paritario attuale. Ringraziamenti sono stati rivolti alla maggioranza e anche al relatore della stessa per la riforma, Emanuele Fiano (Pd).

 

Soddisfazione è stata espressa anche dal Ministro per le Riforme, autrice del disegno di legge, Maria Elena Boschi, tramite il proprio account Twitter. Ha votato a favore quasi tutta la maggioranza di Governo (da Pd a Ncd, sino a tutta Area Popolare) mentre i voti contrari fanno capo a Lega, Sel, An-Fdi e, dopo la rottura del patto del Nazareno, Forza Italia. Il M5S ha invece deciso di abbandonare l’aula prima del voto, e parla attraverso il deputato, Danilo Toninelli, di giorno nero per la storia della Costituzione, a causa di riforme che ne devastano l’impianto base e la sua autenticità e con l’utilizzo, peraltro, di «metodi fascisti».

 

Spaccatura Forza Italia. L’approvazione del Ddl Boschi apre a nuove tensioni all’interno di Forza Italia. Il partito ha chiaramente votato no, dopo l’uscita dalla ‘maggioranza per le Riforme’, su indicazione del proprio leader, Silvio Berlusconi. E’ stato il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta ad annunciare il no del partito, parlando di scelta obbligata a causa del tradimento politico di Renzi. Tuttavia, la fibrillazione e i mal di pancia, continuano a crescere. E’ arrivata infatti, in giornata, un documento che porta la firma di 17 deputati Fi (favorevoli al Patto del Nazareno e vicini a Denis Verdini), nel quale è sottolineato come, la scelta di opporsi all’approvazione delle modifiche costituzionali abbia causato malcontento, essendo dovuta solamente all’affetto e alla lealtà nei confronti del partito e chiaramente, di Berlusconi. Il documento mette in mostra tutta la contrarietà alle strategie attuali dell’ex premier.

 

L’ex Cav, ha voluto tuttavia sottolineare il ruolo di responsabilità rivestito dal partito come forza di opposizione alle Riforme dell’attuale maggioranza, e la compatezza ritrovata all’interno della votazione. Il malcontento, tuttavia, è evidente e il documento, firmato Massimo Parisi è sintomo di possibili future lacerazioni. Persino una delle fedelissime berlusconiane, Daniela Santanche, ritiene che non votare le Riforme sia una mossa politica sbagliata, in quanto targate Forza Italia.

 

Situazione Pd. All’appello della maggioranza mancherebbero 18 voti, per un totale di 3 astenuti e 15 non presenti. Tra questi spicca la presenza di alcuni bersaniani, tra cui Carlo Galli e personalità di rilievo del partito, Stefano Fassina, Pippo Civati, Francesco Boccia e gli ex ministri Bray e Carrozza. In realtà, gran parte degli assenti sarebbero giustificati, e i veri dissidenti sarebbero solo 4. Questa la denuncia principale di Pippo Civati, che ha voluto rimarcare la confusione presente all’interno della minoranza. Per l’ex segretario, Pier Luigi Bersani, il voto favorevole alla Riforma Costituzionale presuppone un necessario cambio di passo sull’Italicum. Il combinato disposto, così com’è, non sarebbe assolutamente votabile e «crea una situazione insostenibile per la democrazia» ha voluto ammonire Bersani.

 

Cosa cambia. Prima modifica apportata al Senato è la sua non futura eleggibilità sovrana. Previsto anche un corposo abbassamento dei membri (dai 315 attualmente previsti ad un massimo di 100). Il nuovo senato dei 100, sarebbe principalmente composto da 95 membri eletti da Consigli Regionali e Sindaci mentre i restanti 5 dal Presidente della Repubblica. Con l’abolizione del bicameralismo, cambia inevitabilmente la natura e il ruolo. Non essendo più eletto dal popolo, la sua funzione principale sarà quella di fungere da camera delle autonomie regionali. In termini brevi, il Senato non voterà più la fiducia al Governo e tale compito spetterà solo alla Camera e ai suoi attuali 630 deputati. L’obiettivo della maggioranza, sarebbe quello di semplificare il procedimento legislativo per evitare l’esautoramento del Parlamento e i contrasti con gli interventi dell’Esecutivo, fornendo un sereno equilibrio costituzionale. Il Senato avrà comunque la possibilità di esprimere pareri (es. legge di bilancio) ma l’ultima parola resterà alla Camera. Potrà dunque votare solo riforme costituzionali, trattati internazionali e leggi sui referendum popolari. Altre novità sono rappresentate dall’abolizione del Cnel, delle province e dalla modifica del Titolo V, dove vengono ridefinite le rispettive competenze Stato-Regioni.

foto da: milanopost.info

Cosimo Cataleta