Riflessioni dello studioso Francesco Polopoli sul pensiero rivoluzionario di Gioacchino da Fiore
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LAMEZIA TERME (CZ) 7 APRILE - Le riflessioni dello studioso Francesco Polopoli sul pensiero rivoluzionario dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore sono state il fulcro del primo di quattro incontri “ Museo in Fiore” promossi dal Museo Diocesano d’Arte Sacra di Lamezia Terme nei venerdì del mese di Aprile in occasione del ventesimo anniversario della sua fondazione e mirati alla valorizzazione culturale del territorio calabrese ricco di pensatori ed artisti che hanno creato opere di alto pregio storico artistico e culturale contribuendo al riscatto socio-culturale della Calabria. [MORE]
Il Museo rappresenta una realtà di grande valenza culturale capace di mantenere vive le testimonianze artistiche provenienti dai territori che ricadevano nelle giurisdizioni dei Vescovati di Nicastro e di Martirano e nel contempo rappresentative di un plurisecolare pensiero religioso della collettività cristiana.
La brillante dissertazione dello studioso Polopoli su Gioacchino da Fiore, nato a Celico nel 1135 circa , ha messo in luce l’originalità del pensiero dell’esegeta del testo biblico inducendo ad una profonda riflessione sulla storia, sul futuro della Chiesa e della società, pur privo di tratti spiccatamente politico - civili. « Per me – ha affermato Polopoli – Gioacchino da Fiore è un costruttore di solidità sociale, un folle o meglio un sognatore che sembra sussurrare con le parole di Pasolini che in Calabria è stato commesso il più grave dei delitti di cui non risponderà mai nessuno: è stata uccisa la speranza pura, quella un po’ anarchica e infantile di chi, vivendo prima della storia, ha ancora tutta la storia davanti a sé». In un periodo storico in cui i punti di riferimento sono diminuiti, Gioacchino da Fiore « è - per Polopoli - una bussola orientativa per la gestione pubblica delle cose per il fatto che il Florense umiliava i Grandi inducendoli al loro dovere» .
Teologo della speranza e poliglotta delle memorie antiche, Gioacchino da Fiore, a distanza di secoli, lancia un messaggio alla Calabria, alla quale bisogna «consegnare i grandi personaggi che hanno inciso sul territorio in nome della memoria perché una cultura non è sapiente senza la tradizione». Gioacchino da Fiore ci lascia la sua eredità intellettuale e spirituale che ebbe un impatto geo-culturale enorme estendendosi a tutto il mondo latino fino alle nazioni dell’Europa moderna a partire dalla Calabria che nel secolo XII era ancora una cerniera tra il cristianesimo latino e quello greco-orientale. Arte, cultura e territorio hanno caratterizzato l’incontro durante il quale il direttore del Museo Giancarlo Leone ha messo in evidenza l’importanza dell’arte come espressione della «bellezza della fede di chi ci ha preceduti» e il compito del Museo che è quello di fare in modo che« l’arte diventi cultura perché essa ci arricchisce e ci fa crescere» .
Inoltre ha sottolineato l’impegno e il contributo dato dall’architetto Natale Proto nella realizzazione della struttura museale diocesana di cui la stessa consorte, dottoressa Luigi Cimino, ha raccontato il faticoso e delicato percorso, ripreso e approfondito dal vicedirettore del Museo Paolo Francesco Emanuele partendo dalla sua origine fino al compimento dell’opera museale. Anche il vescovo emerito Vincenzo Rimedio ha voluto ricordare il lavoro certosino dell’architetto Natale Proto e i numerosi visitatori, tra cui le scolaresche, presenti all’inaugurazione del Museo, « esposizione di quella bellezza che ci porta alla somma bellezza di Dio». Il vescovo Luigi Cantafora, in linea con gli altri intervenuti, ha definito il Museo « il luogo della trasmissione della fede che è un problema serio della Chiesa perché la fede passa attraverso l’arte» sottolineando l’aspetto educativo dell’arte alla bellezza e alla fede.
Foto: Polopoli Cimino Rimedio Cantafora Leone Emanuele
Lina Latelli Nucifero