Reportage del trekking interculturale di Roma - Parte II
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ROMA, 16 MAGGIO 2016 La prima tappa di questo trekking interreligioso, la Basilica di S.Eustachio, è stata di carattere statico quanto ai passi ma dinamico quanto ai tanti “messaggi” di accoglienza e solidarietà che ci sono giunti muovendoci tra le navate barocche dense di umanità e di spiritualità. È ora però di muovere i nostri passi sulle strade della Conoscenza, andando oltre la pura metafora del cammino. Si inizia dunque il Cammino, o meglio l’Erranza,la Viandanza veri e propri.
Le previsioni meteo non sono delle migliori, e dagli zaini fanno infatti capolino mantelline, k-way e ombrellini. Alla fine del trekking tutta questa attrezzatura da foresta pluviale sarà servita a ben poco: non più di dieci minuti di pioggerellina lieve avranno sfiorato calzature e giacconi dei trekkers interreligiosi. Del resto, con la “sponsorizzazione” di così tante religioni, la nostra illuminata erranza, non poteva andare diversamente.
La prima tappa non è di quelle che possano stancare dei camminatori navigate. [MORE]
Tre chilometri, percorsi con andatura leggera e sguardo roteante sul circostante, perchè l’architettura e lo scenario umano di Roma sono quello che sono. Il cielo un po’ nuvoloso attenua la calura prematuramente estiva di questo aprile, che di tanto in tanto sa trasformarsi in momenti di estate anticipata amplificando la gradevolezza rilassata della nostra marcia.
Dopo poco nell’aria inizia persino a sentirsi un sentore di rose. Suggestioni di una imminente santità da pellegrinaggio? Più semplicemente, si tratta del passaggio dinanzi al Roseto di Roma Capitale. Più di mille varietà di rose antiche e moderne, provenienti da tutto il mondo. Dei bei rossi che vanno a confondersi con il blu venato di rosso del vessillo dei Pontieri del dialogo, che svolazza sulle nostre teste sorretto dal volenteroso camminatore di turno, che il più delle volte è proprio il deus ex machina del trekking, ovvero Andrea Fellegara.
Inizia quindi la leggera salita verso l’ Aventino, il colle dove nell’antichità si ritiravano i plebei nei periodi di maggior conflitto con i patrizi. Si tratta dell’ascesa di avvicinamento alla nostra seconda tappa: il Centro di accoglienza Astalli, che è un particolare ostello gestito dall Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. Quest’ultimo è un’organizzazione cattolica internazionale, attiva in decine di nazioni, la cui missione è difendere i diritti dei rifugiati sia sulla carta che “sul campo”.
Arriviamo al Centro ancora piuttosto “freschi” e con “bagaglio” leggero. Una situazione ben diversa dal cammino denso di insidie tra i monti afghani di cui ci racconta uno degli ospiti della struttura, l’afghano Shadam, Un cammino che Shadam ha affrontato per giorni al buio insieme ad un gruppetto di suoi connazionali, per sfuggire alla violenza che attanagliava il suo Paese. Un incedere che nelle rimembranze di Shadam è senza illuminazione di alcun genere se non quella metaforica del voler lasciare le atrocità dilaganti nella propria terra. L’inizio di un percorso standardizzato sulla rotta della migrazione, che dalle insidie della montagna conduce poi a quelle del mare, per raggiungere le “terre promesse” dell’Europa benestante.
Shadam ha coronato la sua aspirazione, è stato riconosciuto il suo status di rifugiato e si è ben integrato in Italia. Ma con il senno di poi non rifarebbe il tragitto dall’Afghanistan all’Italia neppure se lo pagassero, perchè ha realizzato gli enormi rischi che ha corso per giungere da noi.
Dopo essere stati accolti da chi dovrebbe essere accolto, riprendiamo la marcia costeggiando I caseggiati dal sonnacchioso aspetto Borghese ed immagino che la scelta del luogo di accoglienza dei rifugiati, non relegato nella periferia più degradata, sia un valore aggiunto per gli ospiti del Centro, dove ci siamo ampiamente dissetati con il the, caffè e acqua ben fredda, offertici dai gestori della struttura. È pomeriggio inoltrato qualche gocciolina inizia a cadere proprio mentre percorriamo le ultime centinaia di metri dei 6-7 chilometri che ci conducono alla tappa successive della nostra viandanza. Siamo nella sonnacchiosa via degli Apuli, nel quartiere San Lorenzo, dove ragiungiamo la Casa di Ospitalità dell’ Esercito Salvezza.
Parte II, continua.
Per leggere la prima parte clicca qui
testo e foto di Raffaele Basile