Recensione, Sintesi relazioni, Traditio Fidei: Conoscenza e amore? O Amore e conoscenza?
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Catanzaro 25 settembre 2012 - Ci sono titoli che vanno di moda e altri passati di moda, altri poi mettono un pensiero, altri scelgono di stare su un palcoscenico e altri ancora pongono alla ricerca, perché nascono da cuori viaggiatori. Sembra proprio che un po’ di questa vicenda sia toccata al tema del Convegno con cui la Diocesi di Catanzaro- Squillace attorno al suo Arcivescovo, oggi 21 settembre, abbia voluto aprire il sipario sull’anno della fede lasciandosi stuzzicare, inquietare, provocare da una riflessione sulla trasmissione della fede in un mondo in continuo cambiamento.
È vero che è stato scelto un palcoscenico, quello del teatro Politeama della città, per snudare il coraggio dei credenti che, deposto il manto della delusa timidezza, sentono il bisogno di annunciare la propria fede nel Dio di Gesù Cristo, Creatore del cielo e della terra. Un palcoscenico sì, ma non per recitare a soggetto, quanto piuttosto per denunciare, già all’interno della Chiesa, che è ormai finito il tempo del sonno, oggi è tempo di annuncio e forse anche di martirio.
Con una doppia domanda, che non vuole creare contrapposizioni di sorta, ha esordito l’Arcivescovo, Mons. Vincenzo Bertolone, perché l’orditura della storia della salvezza testimonia il necessario intreccio tra l’amore e la conoscenza, l’atto che comprende e l’atto che ama. Così riportando al cuore le pagine della Sacra Scrittura, la voce del Pastore ha trapuntato di dolci imperativi l’improrogabile trasmissione della fede: ascoltare Dio che passa nella storia, accogliere la testimonianza di coloro che hanno visto ed udito, vivere una vita trasfigurata per diventare come i santi: “esistenze teologiche”.
Sulle note di faticata riflessione, compiuta dalla Chiesa dal Vaticano II in poi, Don Giuseppe Alcamo, ha proposto una rilettura dei processi formativi e catechistici in Italia alla luce del CCC. Come da lavoro certosino di date ed eventi, il relatore ha cesellato l’identità del catechista e il suo ritmo interiore. L’opera d’arte ha virato i suoi colpi d’autore quando, nel secondo intervento della mattinata, Don Salvatore Currò, nella sua relazione: “La fede celebrata: l’anno liturgico nel CCC” ha rimandato alle radici del kerygma, il Mistero Pasquale, via educativa che definisce l’identità del credente come “pasquale”, generata nell’evento battesimale e rigenerata nello spazio sacro della liturgia, lì dove il contatto con il Kyrios è via maestra per passare dall’io che si vuole realizzare al sé che si lascia identificare dal “donarsi”.Affluita l’assemblea, più numerosa, nella seconda parte della giornata, l’interrogativo del Convegno lascia prima a Don Flavio Placida, di trovare il nesso tra catechesi missionaria e nuova evangelizzazione. Il discorso di Pietro a Pentecoste offre la soluzione a ripensare l’annuncio della fede oggi come un primo annuncio, perché la fede maturi o perché rinasca, in cuori che pensano e in intelligenze che amano.
Gli ultimi due interventi hanno il sapore, il primo di una provocante e schioppettante riflessione, quella di Don Ivan Rauti che, a partire da un prologo amaro: “Con i giovani abbiamo fallito!” passando per 4 temi forti: cuore, testimone, ad intra, rivoluzione, ha ribaltato la prospettiva dei destinatari dell’annuncio: “Che cosa i giovani possono fare per noi?” . Il secondo intervento si muove tra la riflessione e la narrazione: Suor Giancarla Barbon traccia tra il primo e il secondo annuncio, dei percorsi possibili di fede.
A chiudere come in un abbraccio il Convegno è ancora l’Arcivescovo che, avendo sposato la “chiesa del grembiule”, scioglie il nodo della domanda iniziale: quando la conoscenza si spinge in profondità per incontrare Cristo, l’uomo che si è messo di traverso, allora l’amore l’abbraccia, perché ha trovato nel crocevia della croce le domande della conoscenza e le risposte dell’amore fonte di ogni bellezza. [MORE]
Suor Paolina Mastrandrea SCSF