Raccontato in un saggio uno spaccato del tessuto sociale ed economico al tempo dei d’Aquino
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LAMEZIA TERME (CZ) 28 APRILE - La storia della famiglia d’Aquino di Castiglione è raccontata nel saggio “I d’Aquino in Calabria” di Armido Cario e finalizzata alla disamina e all’approfondimento dei fenomeni sociali ed economici della Calabria a partire dal Medioevo fino ai nostri giorni. Il libro è stato presentato nel corso di un incontro organizzato dall’Uniter di Lamezia Terme, presieduta da Italo Leone. A relazionare sull’argomento lo stesso autore dopo una breve introduzione da parte del professore Giuseppe Caridi dell’Università di Messina il quale ha messo in luce l’importanza della memoria storica della Calabria ai fini della conoscenza del passato e della costruzione di un futuro migliore. L’opera nasce dalla volontà dell’autore di colmare un vuoto storiografico sui d’Aquino facendo tesoro delle ricerche di un gruppo di studiosi, avviate nel 1977 da Armando Orlando ed Antonio Sposato, e poi approfondite da numerosi studi e saggi scientifici. « Mi sono posto, quindi, in una scia di continuità con gli studi più autorevoli allo scopo di ampliarne la portata attraverso analisi, comparazioni e fonti inedite».
Pertanto il lavoro letterario è il risultato di lunghi anni di consultazione di atti, fascicoli, carteggi custoditi presso gli archivi di Stato, parrocchiali e diocesani, Biblioteche Nazionali e l’Archivio Segreto Vaticano e di fonti documentali , attinte dall’archivio privato di Alessandro Raimondo d’Aquino di Caramanico, tra gli ultimi esponenti della casata. I d’Aquino, provenienti dal principato di Capua e legati ai Longobardi, popolo di ceppo germanico, nel XIII secolo si trasferiscono in Calabria grazie ai matrimoni di Adelicia di Cirò con Adenolfo e di Fiordaligi de Falloch con un altro Adenolfo della linea di Roccasecca dando vita alle genealogie di Castiglione, Belcastro, Tropea, Cosenza. La famiglia d'Aquino, annoverata tra le Sette Grandi Case del Regno di Napoli, tra l'Alto Medioevo e l'Età Moderna, ha esercitato dominio e signoria su amplissimi territori, disseminati nelle varie province meridionali.
Nel secolo XVII i d’Aquino di Castiglione , sotto la guida di Carlo, accelerarono la politica espansionistica nei paesi limitrofi acquistando Nicastro e le terre aggregate di Sambiase e Zangarona, Feroleto, Serrastretta e numerosi villaggi vantando anche il possesso di beni nei territori di giurisdizione del Baliaggio di Sant’Eufemia. Intanto Carlo si era trasferito a Nicastro recando con sé la sua corte e un vasto seguito di nobili. Una svolta che segnò il declino lento e definitivo di Castiglione, secolare radicamento dei d’Aquino. Il palazzo nicastrese, nuova dimora eletta, fu di conseguenza oggetto di ristrutturazioni come testimoniato da preziosi incartamenti, custoditi presso l’Archivio Segreto Vaticano. Uno di essi contiene una istanza indirizzata al pontefice, con cui Carlo chiede di poter ristrutturare la cappella privata, danneggiata da un fulmine.
Contestualmente il principe si impegna a costruirne una più ricca dove possono officiarsi le funzioni religiose. Nella supplica del 1611, il d’Aquino si rivolge in modo accorato a Paolo V, al secolo Camillo Borghese, per ottenere la licenza di celebrare nel suo oratorio privato. Molte le tracce lasciate dai d’Aquino nel patrimonio artistico, architettonico, spirituale ( in quanto non si vive di solo pane) e civile della città come il palazzo vescovile dove campeggia lo stemma dei d’Aquino e la chiesa di San Domenico che porta pure il loro stemma. Nel ‘700 i d’Aquino si trasferirono a Napoli abbandonando il territorio calabrese e lasciando la gestione del feudo ad affittuari. La nobiltà di Nicastro nel primo seicento era folta grazie all’immigrazione di famiglie forestiere e alle abilitazioni dei dottori e dei notai che le conferivano il carattere di nobiltà di seggio aperto. Oltre alla schiera dei nobili vi era a Nicastro una presenza forte, autorevole, ingombrante, quella ecclesiastica che bilanciava e, talvolta, entrava in contraddizione col potere feudale. La chiesa nicastrese, nel corso del 500, aveva espresso eccellenti personalità come Marcello II ( al secolo Marcello Cervini) e il vescovo Innocenzo IX, al secolo Giovanni Antonio Facchinetti.
Foto: Cario e Caridi
Lina Latelli Nucifero