"Quando un uomo viene stuprato". Il boom degli stupri di guerra maschili in Africa
Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
NAIROBI (KENYA), 2 NOVEMBRE 2011 – Gli stupri, in guerra, sono una costante. Dal mito del “Ratto delle Sabine” in poi, infatti, non c'è stato conflitto armato che non abbia conosciuto questo fenomeno. Oggi l'agenzia Redattore Sociale porta alla luce un fenomeno, quello della violenza sessuale sugli uomini, in netto aumento.[MORE]
Un recente studio del ricercatore americano Mervyn Christian osserva come, in particolare nel continente africano, il fenomeno venga denunciato in maniera ancor minore rispetto alle violenze sulle donne e come questo abbia un grave impatto sia sugli uomini abusati che sulle loro famiglie.
La denuncia arriva attraverso sette interviste ad uomini sopravvissuti agli stupri in Bukavu, nella provincia Sud Kivu (parte orientale della Repubblica Democratica del Congo), che hanno anche riferito di essere stati rapiti e trattenuti per un periodo variabile dai pochi mesi fino ai tre anni, nel quale sarebbero stati ripetutamente stuprati. Alcuni di loro, una volta in salvo, sono stati ricoverati in ospedale in media per 14 mesi, ma nessuno – osserva Christian – ha poi continuato le cure a causa della mancanza di cliniche.
Questo perché, osserva Ruth Ojiambo Ochieng, direttore esecutivo di Isis – Scambio Interculturale Internazionale delle Donne dell'Uganda, il sistema sanitario della contea di Juba sono a dir poco fatiscenti, e l'unico psichiatra disponibile ha dato le dimissioni.
Jocelyn Kelly dell'Iniziativa umanitaria dell'Università di Harvard, ha osservato come le poche denunce possano esplicarsi anche per un problema “linguistico”. Con il termine “violenza sessuale” - compresa la sua variante bellica dei cosiddetti stupri di guerra – si tendeva fino a non molto tempo fa a considerare solo la violenza verso le donne, e questo influenzava anche l'operato dei donatori. «Abbiamo fatto visita ad un programma dove un donatore aveva dato priorità nell'aiuto economico per la cura di infezioni sessualmente trasmesse (Sti) in favore di superstiti di stupri legati al conflitto. Così, il marito non ha potuto ricevere cure Sti, cosa chiaramente controproducente in quanto si permette semplicemente alle Sti di essere trasmesse dall'uno all'altra (nelle coppie)».
«La violenza di genere» - ha continuato Kelly - «è definita come violenza che colpisce le donne o gli uomini a causa del loro sesso o genere, ma spesso quando si parla di violenza di genere il termine viene usato per parlare della violenza contro le donne». Gli uomini che hanno partecipato allo studio, infatti, non definivano “violenza sessuale” pratiche che nel resto del mondo sarebbero invece definite tali.
La stigmatizzazione – individuale e non solo – è dietro l'angolo. «Quando un uomo viene stuprato, viene stuprata anche la sua famiglia» ha affermato uno dei partecipanti allo studio.
Quando tornano nelle loro comunità, infatti, anche le famiglie dei violentati subiscono forme di stigmatizzazione sociale: le donne vengono considerate inferiori alle altre, ed i figli vengono derisi.
La questione, denuncia lo studio, è comunque troppo poco discussa. «La comunità non ne vuole parlare, e non c'è un'organizzazione che ne parli. È una totale cultura del silenzio».
Andrea Intonti