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Quando rispondono i genitori per il comportamento imprudente del proprio figlio?
REGGIO CALABRIA, 07 OTTOBRE - La precoce emancipazione dei minori frutto del costume sociale non esclude né attenua la responsabilità che l'art. 2048 cod. civ. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tale precoce emancipazione, hanno l'onere di impartire ai figli l'educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, dovendo rispondere delle carenze educative a cui l'illecito commesso dal figlio sia riconducibile. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 24907/2019, depositata il 4 ottobre.
Il caso. Gli attori, nella qualità di genitori esercenti la podestà genitoriale sul proprio figlio di quattro anni, convenivano in giudizio, i genitori del minore di 7 anni, per essere risarciti di tutti i danni derivanti dalle lesioni personali subite dal loro figlio, in seguito al sinistro verificatosi. La parte ricorrente esponeva che il proprio figlio, mentre era tenuto per mano dalla madre, veniva investito dalla bicicletta condotta dal figlio dei convenuti. A seguito dell'incidente, il bimbo riportava lesioni personali (frattura gomito sinistro) dalle quali erano derivanti postumi permanenti. Si costituivano i convenuti che chiedevano il rigetto della domanda. Il Tribunale competente accoglieva la domanda attorea e condannava i convenuti al pagamento del risarcimento dei danni subiti dal minore, con refusione delle spese di lite in favore del procuratore degli attori.
Avverso tale sentenza i convenuti interponevano appello, chiedendone l'integrale riforma. La Corte di appello territoriale rigettava l'appello e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del giudizio in favore degli appellanti, ritenendo sussistente la "culpa in educando" ex art. 2048 della parte appellante.
Avverso tale pronuncia gli appellanti proponevano ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamentava la "Violazione dell'art. 2048 c.c. (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.) in riferimento alle conseguenze derivanti dall'assenza di prova certa in ordine alle modalità dell'evento, nonché alla falsa applicazione dell'art. 2048 c.c. concernente la responsabilità genitoriale". I giudici di secondo grado, non avrebbero interpretato correttamente l'art. 2048 c.c., il quale presupponeva l'esistenza di un fatto illecito commesso dal figlio minore. Nel caso de quo, parte ricorrente riteneva che non si fosse raggiunta la prova dell'illiceità dell'accaduto. Inoltre, sosteneva che la responsabilità genitoriale, prevista dal 2048 c.c., fondata su una presunzione di culpa in educando o in vigilando, sarebbe stata superata quando l'illecito del figlio minore fosse commesso nell'ambito della sua sfera di autonomia, la cui attività era sottratta al costante controllo dei genitori. Pertanto, essendo il sinistro avvenuto all'interno di un parco, in cui il bambino svolgeva solite attività di svago, risultava impossibile per il genitore vigilare il proprio figlio. Con il secondo motivo, parte ricorrente lamentava il fatto che la Corte avrebbe commesso un'ulteriore violazione dell'art. 2048, nella parte in cui riteneva che l'evento si fosse verificato per unica e sola responsabilità del loro figlio. Lamentava che non si sarebbe raggiunta prova certa della causazione dell'evento dannoso, il cui onere era a carico degli attori. Entrambi i motivi venivano ritenuti inammissibili. Secondo i giudici di legittimità era inutile l’osservazione che “l’illecito” compiuto dal minore in sella alla propria bici era stato commesso nella sua sfera di autonomia, la cui attività era sottratta al costante controllo dei genitori, nonché la sottolineatura che l’incidente era avvenuto all’interno di un parco, in cui il bambino svolgeva solite attività di svago e che, quindi, “risultava impossibile per i genitori vigilare il figlio”. A fronte del sinistro occorso, legittimamente, osservava il Supremo Collegio, si era ritenuta evidente la responsabilità dei genitori per “non avere impartito al figlio una educazione sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione” e per “non avere svolto una vigilanza adeguata in relazione all’età, all’indole e al carattere del figlio”. Allargando l’orizzonte, poi, veniva preso in considerazione anche il tema – presentato dalla difesa – della “precoce emancipazione dei minori, frutto del costume sociale”. Su questo fronte, spiegava la Suprema Corte che tale presunta “precoce emancipazione” non poteva né escludere né attenuare “la responsabilità dei genitori”, i quali, anzi, “hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terze persone nella loro vita di relazione” e “debbono rispondere delle carenze educative a cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile”.
Per tali motivi la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso e condannava i ricorrenti al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express