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NAPOLI, 22 NOVEMBRE 2012-Dopo un finissimo lavoro di cooperazione è giunto, nella serata di ieri, l’accordo tra governo, imprese e sindacati in materia di produttività. Firmano Abi, Ania, Confindustria, Lega cooperative, Rete imprese Italia, Cisl, Uil e Ugl. Pesa, invece, il no della Cgil che diniega anche un’eventuale, successiva, adesione al patto, che resta, in linea teorica, ancora possibile, dal momento che, come spiega Monti, non è stato data al sindacato alcuna scadenza entro cui firmare. Tuttavia, le prime dichiarazioni dei vertici di Corso d’Italia non lasciano intravedere alcun cenno di ripensamento, con la Camusso che boicotta finanche la conferenza stampa svoltasi subito dopo la fine dei lavori.[MORE]
Ecco i punti fondamentali dell’accordo così come appaiono dalla nota diffusa da Palazzo Chigi: «L’intesa raggiunta attribuisce alla contrattazione collettiva nazionale, la cui funzione è quella di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori rientranti nel settore di applicazione del contratto, l’obiettivo mirato di tutelare il potere d’acquisto dei salari assicurando che la dinamica degli effetti economici, superata ogni forma di automatica indicizzazione, nei limiti fissati dai principi vigenti sia sempre coerente con le tendenze generali dell’economia, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e degli andamenti specifici del settore; valorizza la contrattazione di secondo livello affidandole una quota degli aumenti economici eventualmente disposti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali con l’obiettivo di sostenere, negli specifici contesti produttivi, efficaci e mirate misure di incremento della produttività; consente di adeguare la regolamentazione contrattuale dei rapporti di lavoro alle esigenze degli specifici contesti produttivi di riferimento».
Tutto ciò però è, secondo Susanna Camusso, l’ultima, scoraggiante prova di quella politica poco equa cui il governo ci ha abituato: manovre che scaricano sui lavoratori e sulla parte debole del Paese i costi per uscire dalla recessione in cui l’Italia sembra affondare inesorabilmente; e così la numero uno di Cgil trova doveroso, nel solco di una linea dura adottata nei mesi di convivenza col governo tecnico, opporsi all’ennesima riduzione dei salari reali, tanto più che il governo si è mostrato da subito intollerante ad una detassazione delle tredicesime, avanzata dal sindacato quale condizione imprescindibile per un serio progetto di tutela dei lavoratori.
(Immagine: IGN)
Emmanuela Tubelli