Processo Bossetti, legale Gambirasio: "Il dna è una prova stoica, è la firma di Bossetti al delitto"
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BERGAMO - Nella giornata di venerdì 20 maggio, presso il Tribunale di Bergamo, si è svolta l'udienza del processo contro Massimo Bossetti accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio, la giovane scomparsa il 26 novembre del 2010 e ritrovata morta dopo tre mesi.
"Il dna è una prova stoica, inossidabile, inconfutabile. È un macigno per Bossetti, è la sua firma". Lo ha detto l'avvocato di parte civile Enrico Pelillo, che difende gli interessi della famiglia Gambirasio. Nella sua arringa, il legale ha ipotizzato anche il movente dell'omicidio, affermando quanto segue: "Il movente è chiaro e limpido ed è di natura sessuale". Ha poi proseguito: "L'assassino di Yara è una persona scaltra: ha perquisito la vittima, mettendo poi tutti gli oggetti nella tasca destra del giubbotto. E ha sottratto il cellulare, lasciando lì solo batteria e sim card". Nel momento in cui l'avvocato ha illustrato, secondo la sua tesi, come sarebbero andati i fatti, l'imputato ha esclamato: "Non è vero niente". [MORE]
L'avvocato Pelillo, rivolgendosi alla Corte, ha lanciato un monito ai giudici invitandoli a "sgombrare le menti dai bombardamenti mediatici per concentrarsi sugli atti" del processo. Inoltre, durante l'udienza, il legale ha avanzato una richiesta di risarcimento pari a un milione e 400 mila euro per il papà e la sorella maggiore di Yara.
Luigi Cacciatori
Immagine da delitti.net