Portato su palcoscenico il mistero della resurrezione di Cristo
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19 APRILE 2016 - La precarietà dell’esistenza , il valore del denaro, il ruolo del potere rappresentano i temi centrali dello spettacolo “In religioso silenzio”, imperniato sul mistero della resurrezione di Cristo e scandito da una narrazione che oscilla tra la verità e la finzione. Firmata e interpretata da Alberto Ierardi e Giorgio Vierda, la pièce è stata proposta, al Teatro Umberto di Lamezia Terme, da “La ribalta Teatro” come sesto ed ultimo appuntamento della XIII edizione rassegna teatrale “ Ricrii”, diretta da Dario Natale, che ha riscosso finora tanti consensi con opere di alto spessore dirette ed interpretate da noti artisti. [MORE]
Con “ In religioso silenzio” viene portato in scena l’episodio più rivoluzionario della religione cattolica e del pensiero del mondo occidentale intorno al quale ruota la storia dei due protagonisti Tito e Dodo. Incorniciata da una scenografia essenziale, al centro della quale è collocato un sepolcro, i due attori Ierardi e Vierda incarnano Tito e Dodo, i due maldestri e indifesi malviventi assoldati da una Confraternita segreta per trafugare il corpo di Cristo in cambio di un’ingente somma di denaro. I nomi di Tito e Dodo richiamano quelli dei ladroni crocifissi insieme a Gesù.
L’azione inizia dal punto in cui i due inetti amici si trovano in una fase di tensione e transizione tra un passato precario, difficile e fatto di sotterfugi necessari alla sopravvivenza e il sogno di diventare improvvisamente ricchi. In preda ad uno stato di assopimento e torpore, i due disoccupati cronici sono sopraffatti da paure, perplessità e ansie che lasciano trapelare le loro debolezze umane: il cattivo odore e il buio del cimitero.
E quando, aprendo il sepolcro, si accorgono che lì non c’è nessuno, si pongono subito una serie di domande: Cosa fare? Mentire? Se avessimo sbagliato posto? E se il vile denaro avesse rivestito un ruolo molto più incisivo di quello trascendentale della divinità? Scappare? O farla finita e impiccarsi? O rubare a caso un altro cadavere, staccargli un orecchio e mandarlo all’organizzazione per ottenere il riscatto? Soffocati dall’ingranaggio in cui sono caduti, Tito e Dodo finiscono con l’essere travolti da una concatenazione di eventi che li farà confluire in un epilogo tragico, cioè alla morte di Tito che viene deposto dall’amico nel sepolcro dopo avere segnato di rosso la fronte, i piedi, il costato riproducendo le piaghe di Gesù. Giunge, pertanto, a termine uno spettacolo dai contenuti particolarmente macabri e caratterizzati dal sangue e dalla sofferenza umana di cui è costellata la vita creando tra gli spettatori una forte tensione emotiva. «La sofferenza è importante – declama Dodo sul palco – perché senza la sofferenza non siamo nessuno. Più si soffre e meglio è, mentre il sangue dà la vita, il sangue dà la morte».
Lina Latelli Nucifero