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28 SETTEMBRE 2015 - C’è un pericolo che striscia indisturbato tra i pensieri, le abitudini e gli usi e costumi di una comunità. Si serve oggi delle nuove tecnologie e risponde perfettamente agli stimoli esteriori dei nostri tempi. Nulla di male si potrebbe affermare, se non ci riferissimo alla fede dell’uomo e alle modalità per praticare l’insegnamento sapienziale della Parola del Figlio dell’Uomo. Ma l’insidia dove si annida? Essa è tutta nell’uomo che pensa alla evangelizzazione non solo nei metodi e nelle modalità, che giustamente risentono dei tempi vissuti, ma anche nei suoi contenuti. Anche Papa Francesco usa un linguaggio corrente, aperto, snello, legato al parlare quotidiano, ma mai e poi mai si è scostato di un solo “millimetro” dai contenuti del vangelo o della dottrina sociale della Chiesa, come lui stesso in questi giorni ha dichiarato sull’aereo che lo portava da Cuba a Washington. [MORE]
Sono in tanti comunque a credere che urge un aggiornamento della fede e quindi della stessa morale. Si vuole da più parti una nuova fede e una nuova morale. Una fede sganciata dai suoi rigidi dogmi e una morale sciolta dai suoi molteplici obblighi. Ricordo un passaggio, parte di un discorso più complesso, di una delle catechesi del Movimento Apostolico dello scorso anno pastorale, mentre ci si confrontava sulla natura della evangelizzazione nella nostra società. “Si vuole oggi una evangelizzazione dal relativismo sia veritativo che etico, comportamentale. Si desidera una fede liquida e una morale anch’essa liquida, adattabile ad ogni condizione, situazione, struttura di pensiero, mentalità religiosa. Ciò che è liquido è sempre adattabile”. La verità della Parola non può perciò essere adattabile nei suoi principi universali, poiché Dio è assoluto ed eterno nella sua perfezione; così come Cristo e lo Spirito Santo, ma anche la Chiesa nella sua struttura voluta dal cielo, al di là degli errori e le storture di alcuni suoi rappresentanti terreni.
Che cosa è allora una vera evangelizzazione? È sempre nel vangelo che troviamo la sua vera definizione, mi dispiace per il “parlatore” di turno che stordisce, con le sue parole forbite, le coscienze della gente in cerca della verità. Essa è un racconto, ma attenzione a non confonderlo con un attento trasferimento agli altri di ciò che Dio ha fatto nella storia con santi, profeti, uomini ispirati o compiendo miracoli tra gente sola, disperata, malata, scartata, umiliata. Evangelizzare è portare a chi non lo conosce, con la testimonianza personale, il Cristo di oggi, con tutto quello che fa per noi in questo preciso momento storico in cui viviamo. Significativo il brano di Luca che racconta di Gesù entrato in un territorio pagano. Qui incontra un uomo posseduto da una legione di spiriti impuri. Lo libera. Lo guarisce. Lo rende padrone della sua vita. Non lo porta però con sé. Dovrà rimanere in quel luogo per dire alla sua gente cosa Dio ha fatto per lui, tramite il Messia.
Oggi comunque in molti si vergognano del vangelo. Pregano di nascosto e forse mai racconteranno agli altri l’incontro cercato con il Signore. Non ho problemi a dire che così è stato in passato anche per me. Il cristiano deve raccontare la sua fede con i gesti della sua vita, con le sue nuove abitudini, con il suo comportamento corretto in famiglia e nella società; con la sua tenerezza difronte al prossimo che scappa, muore soffre, piange, grida, cerca la pace.Un evangelizzatore che non parla del Dio che oggi ha trasformato e trasforma la sua vita, sarà sempre un falso evangelizzatore. Potrà anche conoscere tutta la scienza biblica, teologica, morale. Sarà sempre uno che parlerà del Dio di ieri. La sua fede sarà ben esposta, ma liquida; la sua parola estremamente roboante, ma vuota.
Egidio Chiarella
www.egidiochiarella.it
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