"Our democratic boys"/3. Quella nuova Africa che non piace alla vecchia Europa
Editoriale Sicilia

"Our democratic boys"/3. Quella nuova Africa che non piace alla vecchia Europa

mercoledì 30 novembre, 2011

SIRTE (LIBIA), 30 NOVEMBRE 2011 - Dopo aver visto nei giorni scorsi (qui e qui) come si sia configurata la rivolta libica al di là della costruzione riportata dai media occidentali, in quest'ultima parte della "contro-inchiesta" andiamo ad indagaere sul "perché" dell'attacco alla Libia, che negli ultimi anni, come vedremo, stava diventando sempre più uno dei giocatori più forti sullo scacchiere internazionale, tentando quella politica di emancipazione dall'Occidente che potrebbe diventare, nei prossimi anni, il dibattito più importante nell'area e, naturalmente, nel mondo intero. [MORE]

L'Africa agli...occidentali. Il sito PeaceLink riporta un'intervista del sito “Asteclist.com” a Jean Paul Pougala, direttore dell'Istituto di Studi Geostrategici e professore di sociologia all'Università della Diplomazia di Ginevra, dalla quale – ancora una volta – viene fuori una Libia (ed un al-Gaddafi) un po' diversi da quelli descritti nei media mainstream.

Rascom I. «È la Libia di Gheddafi che offre a tutta l'Africa la sua prima vera rivoluzione dei tempi moderni: assicurare la copertura universale del continente per la telefonia, la televisione, la radiodiffusione e per molteplici altre applicazioni, come la telemedicina e l'insegnamento a distanza; per la prima volta, diviene disponibile una connessione a basso costo su tutto il continente, fino alle più sperdute zone rurali, grazie al sistema di ponti radio WMAX». Nata nel 1992 dall'accordo di 45 paesi del continente africano, l'idea di fondo di Rascom è quella di disporre di un satellite grazie al quale abbassare i costi delle comunicazioni, fino al 2007 appannaggio dell', che incassava – ogni anno – qualcosa come 500 milioni di dollari in quanto tutte le comunicazioni, anche quelle interne ad uno stesso paese, dovevano passare attraverso i satelliti di Intelsat, l'organizzazione europea creata nel 1964 per la gestione commerciale delle telecomunicazioni via satellite.

Il satellite africano veniva a costare “solo” 400 milioni di dollari. Cioè 100 milioni in meno di quanto l'Africa pagava una sola rata all'Europa. Più del 75% del progetto – 300 milioni – finanziati dalla Libia. Questo ha permesso, nel dicembre 2007, di lanciare il primo satellite africano della storia (un secondo, costruito integralmente in Algeria, è previsto per il 2020). «La Libia di Gheddafi ha fatto perdere all'Occidente non solamente 500 milioni di dollari all'anno, ma i miliardi di dollari di debiti e di interessi che questo stesso debito permetteva di generare all'infinito e in modo esponenziale, contribuendo quindi a mantenere il sistema occulto che sta spogliando l'Africa», continua Pougala.

Oltre a Rascom I, il continente – troppe volte dimenticato in Occidente e raccontato da noi solo attraverso le sue guerre – si sta dotando di una serie di istituzioni sovranazionali che potrebbero dare ai paesi africani l'opportunità di emanciparsi dal Vecchio Continente, dipendendo ancor meno dalle istituzioni sovranazionali occidentali. Per una di queste – il Fondo monetario africano, la versione africana dell'FMI – ci sarebbe stata addirittura la richiesta dei paesi occidentali di potervi far parte. Richiesta prontamente, e naturalmente, rigettata.

Insieme all'FMA – che dovrebbe essere finanziato con 42 miliardi di dollari ed avere sede a Yaoundé, capitale del Camerun – sono state progettate anche la Banca centrale africana (con sede ad Abuja, in Nigeria) e la Banca africana di investimenti, con sede a Sirte, città natale di al-Gaddafi.

La quarta “istituzione” di cui gli africani volevano dotarsi era il dinaro d'oro, che avrebbe costituito quel che l'euro rappresenta per l'Europa, divenendo l'unica moneta a corso legale nell'intero continente. L'introduzione di questa vera e propria mutazione nei rapporti di forza interni ed esterni al continente porterebbe non solo un'altra moneta a rivaleggiare con dollaro ed euro, ma anche – e soprattutto – alla fine del colonialismo che la Francia attua ancora su 14 paesi africani attraverso il Franco CFA. Il fatto che proprio la Francia sia stata tra le voci più importanti per l'abbattimento del regime è solo una pura casualità, naturalmente...

Nella ricostruzione che fa Pugala, è interessante notare anche un'altra cosa: «Per destabilizzare e distruggere l'unità africana, orientata pericolosamente (per l'Occidente) verso la costruzione degli Stati Uniti d'Africa con al-Gaddafi a giocare un ruolo importantissimo, l'Unione Europea ha tentato fin dall'inizio, senza riuscirci, di giocare la carta della creazione dell'Unione per il Mediterraneo(...)fallita perché al-Gaddafi ha rifiutato di entrarvi». «Era assolutamente necessario» - continua Pougala - «separare nettamente il Nord Africa dal resto dell'Africa, evidenziando le medesime tesi razziste del diciottesimo e diciannovesimo secolo, secondo le quali le popolazioni africane di origine araba sarebbero più evolute, più civilizzate di quelle del resto del continente». Dando per vera questa affermazione, i dubbi sul razzismo dei “ribelli libici” e sulla cosiddetta “primavera araba” - ad eccezione forse dell'Egitto, che sembra diventare un caso a sé stante – diventano ancor più leciti.

(3 - Fine.)

Andrea Intonti


Autore
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