Osservatorio Siria: il tragico fallimento dell'umanità
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Osservatorio Siria: il tragico fallimento dell'umanità

martedì 31 dicembre, 2013

 DAMASCO, 31 DICEMBRE 2013 - Il mese scorso, un giovane tunisino ha fatto irruzione, armato, in un ospedale nei pressi di Aleppo. Ha tirato giù dal tavolo operatorio un uomo in agonia e lo ha trascinato per strada, per poi tagliargli la testa senza la minima esitazione. I bambini che giocavano per strada si sono ritrovati ad assistere immobili all'esecuzione. Un filmato dell'episodio ha avuto un'ampia diffusione in rete, ed è stato riportato da diversi media internazionali.

Si pensava che l'uomo in fin di vita borbottasse slogan sciiti, che facesse parte delle milizie di Assad e che avesse preso parte alla guerra contro i ribelli. Ma in realtà l'uomo decapitato aveva combattuto dalla parte opposta. Decine di medici e testimoni hanno assistito allo scempio terrorizzati. Nessuno ha avuto il coraggio di fermarlo.

Già dal 2011, molti siriani hanno sentito la necessità di scendere in piazza per tirar giù il muro di paura instaurato dal regime di Assad negli ultimi 40 anni. Ma nel giro di due anni, la paura ha contagiato tutti, da quando tutte le fazioni opposte si sono sentite libere di punire brutalmente le parti avverse, nel mentre carri armati e raid aerei pro-Assad assediavano le città perdute a est e a nord, nel tentativo di riconquistarne il controllo perduto, intorno alla capitale.

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La guerra siriana ha sperimentato nuovi livelli d'orrore, tutti ben documentati. Entrambi vittime e carnefici si sono autodenunciati, mentre il silenzio della comunità internazionale lasciava crescere la sensazione, nei siriani tutti, che il valore delle loro vite era pressoché insignificante. I carnefici in totale libertà di uccidere, le vittime senza alcun posto dove reclamare giustizia. Eppure non sono mancati video che documentavano i morti galleggianti sul fiume di Aleppo, i corpi dilaniati degli studenti in seguito al raid aereo sull'università di Aleppo, i cadaveri dei bambini accatastati a seguito di una strage perpetrata dai lealisti di Assad, nella città costiera di Banias, o un combattente che morde il fegato del suo nemico, o civili agonizzanti e con la bava alla bocca, a seguito di un attacco chimico.

Il clamore è stato suscitato dal famigerato attacco chimico, nonostante la maggior parte dei civili siriani cade sotto l'urto balordo delle armi tradizionali. La comunità internazionale aveva aperto gli occhi sulla Siria solo a seguito dell'attentato di agosto, quando gli Stati Uniti avevano minacciato di colpire i quartier generali militari del regime di Assad. Ma il tutto si è risolto in una trattativa USA-Russia sulla distruzione dell'arsenale chimico siriano. E nulla più.

Ad Homs, migliaia di residenti continuano ad essere intrappolati dal 2012, sopravvivendo in condizioni disumane, senza né cibo né cure mediche, nonostante due anni sotto costante bombardamento. Le richieste continue di corridoi umanitari e no-fly zones sono cadute continuamente nel vuoto.

Torture nei carceri sono all'ordine del giorno, senza contare il fatto che la Siria, negli ultimi due anni, è diventata un rifugio sicuro per jihadisti da tutto il mondo, con la libertà di auto-proclamarsi gruppi politici o con pericolosi interessi settari. Inoltre, sciiti da tutto il mondo, dal Libano, dal Pakistan o dall'Iran, si sono riuniti sotto l'ala di Assad, e continuano ad affolare le sue fila.

Non ci sarà fine al conflitto, se gli attori internazionali continuano a finanziare militarmente entrambe le fazioni. Gli stessi attori internazionali che non vedono altro che una soluzione politica al conflitto.

È prevista una conferenza di pace a Ginevra a gennaio 2014. Ma la Siria non può permettersi un ulteriore fallimento nelle trattative. Troppi i morti, 126,000, troppe le persone sradicate dalle loro città, più di nove milioni.

C'è inoltre un fattore che non potrà mai essere quantificato. Quei bambini che hanno assistito alla decapitazione, ad esempio, non saranno mai più gli stessi.

Foto: aljazeera.com

fonte: aljazeera.com

Dino Buonaiuto


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