Osservatorio ISIS: la 'struttura aziendale' del Califfato
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TRIPOLI, 21 FEBBRAIO 2015 – In questo momento sono in corso intense negoziazioni al Consiglio di Sicurezza dell'ONU riguardo la Libia e il Califfato dell'ISIS. I libici chiedono uno stop all'embargo delle armi per poter garantire gli strumenti necessari a fronteggiare il gruppo, il quale ha brutalmente assassinato i copti egiziani in Libia e continua a scorrazzare impunemente sui loro convogli su tutto il territorio libico.
In Nigeria, Boko Haram è riuscito a posticipare le elezioni e s'è pericolosamente avvicinato ai miliziani dell'ISIS, mettendo su una campagna mediatica molto simile a quella del Califfato con le sue esecuzioni, definendosi 'Lo Stato Islamico dell'Africa occidentale'; in Egitto, il gruppo Ansar al-Beit al-Maqdis ha invece cambiato nome in 'Provincia del Sinai' e giura fedeltà all'ISIS; e ancora, in Pakistan, numerose frange di talebani si sono dichiarate a supporto del Califfato condividendone gli obiettivi.
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In apparenza, sembra che l'ISIS si stia trasformando in una unione di carattere globale, il cui obiettivo risulta essere ben al di là dei decantati confini di Iraq e Siria. In maniera piuttosto evidente, l'ISIS sta diffondendo il proprio brand ad altri gruppi pur conservando il proprio ruolo di forza armata principale. In tal senso è divenuto un modello di business emulato e un passaggio piuttosto astuto. L'unica differenza è che, in un gioco di franchising, non v'è un vero e proprio contratto ma un formale giuramento di fedeltà e supporto.
L'ISIS come 'struttura aziendale'
Amanda Rogers è una docente che si è occupata a lungo dell'ascesa dell'ISIS, da un punto di vista prettamente aziendale: «L'ISIS si comporta come un'azienda perché si muove e procede con logiche aziendali, così come una amministrazione condurrebbe o adotterebbe un marchio. La 'bandiera nera' è d'impatto sia per l'opinione pubblica, terrorizzata da un'imminente proliferazione globale del Califfato, sia per coloro che bramano la sua diffusione nel mondo. I 'consumatori' saranno in grado di identificare il brand, e ciò ne favorirebbe l'espansione».
Ciò che differenzia l'ISIS dagli altri gruppi ribelli è la sua capacità organizzativa: l'ISIS opera con una chiara struttura manageriale di tipo piramidale. Partendo inizialmente dai finanziamenti degli sceicchi sauditi, si è poi consolidata sui territori attraverso la sua espansione aggressiva. Si potrebbe facilmente tracciare un parallelo tra gli affari e la Jihad. Immaginiamo un'azienda che opera nel settore della tecnologia, che vende software en masse. Per mantenere il proprio dominio sul mercato questa si manterrebbe con molta probabilità piuttosto economica, in modo da sbaragliare la competitività delle aziende più piccole, costringerle magari a chiudere o ad essere assorbite perché impossibilitate a competere sul mercato.
Non più né meno della strategia dell'ISIS, capace di raggiungere le periferie delle città dove propone ai leader locali una decisione immediata e netta: unisciti a noi o muori. In alcuni casi, come è successo e succede in Siria, molte città si arrendono senza che l'ISIS spari un solo colpo; in altri casi, la presa del territorio è macchiata di sangue.
La trasformazione in organizzazione criminale
In giugno l'ISIS s'è spinta oltre, penetrando il territorio iracheno con la stessa strategia. Inizialmente ha incontrato una discreta resistenza, ma alla fine sono riusciti a diffondere la loro fama sanguinaria e la dottrina dell'aggressione ha avuto la meglio. E come tutti i business, anche l'ISIS necessita di fondi costanti; nel caso specifico, l'ISIS tassa i territori di cui prende controllo, si sostituisce ai servizi per i cittadini e comincia a vendere petrolio e oggetti di valore depredati in Siria.
Sajad Jiyad, ricercatore dell'Istituto delle Riforme Economiche in Iraq, ritiene che l'aspetto finanziario dell'ISIS potrebbe essere sconfitto solo se si contrasta il gruppo nella sua interezza: «Se ci si impegna solo da un punto di vista militare, sottovalutando gli aspetti ideologici e finanziari, si corre il rischio di spingere l'ISIS a diventare un gruppo clandestino, come è già successo con numerosi altri gruppi; l'impegno dovrebbe dunque prendere in considerazione la totalità del fenomeno terrorista, senza tralasciare nulla». Si rischia in sostanza che l'ISIS potrebbe facilmente tramutarsi in una entità criminale che vivrebbe alla giornata.
Ad ogni modo, il gruppo non pensa alla sconfitta, come tutti i migliori modelli di business. I suoi media continuano a pompare video di propaganda e a diffondere la propria rivista, Al Dabiq. Entrambi i mezzi di comunicazione condividono la medesima sinergia, un tema comune.
Un ulteriore aspetto che rende l'ISIS un chiaro modello aziendale è la competizione. Così come potremmo vedere una rivalità tra la Coca Cola e la Pepsi, anche l'ISIS ha il proprio acerrimo rivale: al-Qaeda. L'obiettivo di mercato dell'ISIS è lo stesso dei due giganti mondiali delle bevande analcoliche sopra citati: i consumatori. Nel caso dell'ISIS, tutto sta nell'aggraziarsi compassione per le proprie operazioni e reclutare nuove milizie pronte a sposare la stessa causa. Ecco perché l'ISIS ha creato uno Stato, e allo stesso modo ha scelto specifici metodi brutali di assassinio.
E più si pubblicizza, più 'consumatori' ci saranno, e più il proprio brand sarà diffuso a livello globale, prima sarà vinta la battaglia con il rivale al-Qaeda. Non è inoltre da sottovalutare l'ulteriore 'obiettivo di mercato' a cui ambisce il Califfato: i musulmani sunniti, che da sempre temono la creazione di una regione dominata dagli sciiti iraniani pronta a soggiogarli. Ogni mossa dell'ISIS, ogni messaggio, ha del singolare. In termini aziendali, l'ISIS mostra la propria attitudine chiave: sentirsi rappresentanti della rabbia dei sunniti, più o meno come la Coca Cola cerca di importi il proprio marchio nei momenti di condivisione con gli amici. Un potente messaggio pubblicitario.
Non bisogna inoltre dimenticare l'altra ambizione del Califfato, che porta l'ISIS ben oltre la propria struttura aziendale: la volontà di costituire uno Stato Islamico globalmente riconosciuto. Non ci è dato sapere se i leader del gruppo stiano realmente operando con strumenti propri di business, ma al di là del fatto che vi sia coscienza o meno, le sue regole risultano comunque applicate. Con la presenza di una varietà di gruppi a livello mondiale che si sono uniti o semplicemente supportano apertamente l'ISIS, si è solidificato ciò che in sostanza un business richiederebbe: un brand consolidato che ha la capacità di essere diffuso attraverso i territori. Anche se il passaggio da 'azienda' a 'Stato' sembrerebbe improbabile, risulterebbe comunque indubbio la sconfitta del gruppo senza comprendere in maniera dettagliata il modo in cui esso opera e sta operando.
Foto / Fonte: aljazeera.com
Dino Buonaiuto