Operatori call-center in sciopero. NO alla delocalizzazione e al dumping
Cronaca Lazio

Operatori call-center in sciopero. NO alla delocalizzazione e al dumping

mercoledì 4 giugno, 2014

 ROMA, 4 GIUGNO 2014 – Per la prima volta gli operatori dei call center di tutta Italia sono scesi in piazza per protestare per le loro condizioni. L’appuntamento, voluto da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom, era per questa mattina a Roma, e a partecipare sono arrivati 5000 operatori provenienti da tuttlo lo stivale. Il “No delocalizzazione Day” è stato organizzato per protestare contro le precarie condizioni di questi dipendenti e per far sentire la loro voce alle istituzioni contro la delocalizzazione delle imprese all’estero.

“Daremo corpo alla protesta che è partita due mesi fa – ha detto Natale Falà, addetto call center e Rsu Slc Cgil - nata dalla richiesta dei lavoratori dei call center di vedersi riconosciuto un ruolo all’interno del panorama occupazionale italiano. Ci sono 80mila operatori del settore: 50mila a tempo indeterminato, 30mila con contratti a termine che rischiano il posto di lavoro a causa delle delocalizzazioni e delle gare al massimo ribasso”.

In piazza molti dei partecipanti al corteo sono scesi indossando una maglietta che raffigura il celebre Urlo di Munch che indossa le cuffie, e sotto la scritta “No D-day”. Il corteo è animato da molti cori e lo slogan che primeggia è: "No al trasferimento del lavoro all'estero, no alle gare al massimo ribasso". La manifestazione è partita da Piazza della Repubblica e arriverà a Piazza degli Apostoli.[MORE]

Quello che fino a qualche tempo fa era considerato un lavoretto provvisorio per giovani oggi è diventato un lavoro a tutti gli effetti anche per persone che hanno una famiglia da sostenere e quindi non possono più stare sottomessi al gioco al ribasso degli stipendi e al fenomeno della delocalizzazione.
“Nei call center - spiega Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil - lavora una generazione che quando è entrata, circa 10 anni fa, era appena laureata o giovanissima. Adesso si tratta di persone di 35-40 anni, spesso sposate e con famiglia, per le quali il lavoro nel call center da lavoretto è diventato negli anni un lavoro vero e, spesso, l’unica fonte di sostentamento”.
“Il settore – continua - è reduce da una lunga stagione di crisi e vertenze e per questo il sindacato chiede di migliorare le condizioni di chi lavora nei call center, perché il lavoro nei call center c’è, ma è pagato sempre di meno. Occorre tenere presente che all’estero ci sono colossi da 100-200 mila persone che gestiscono società che si occupano sia di outbound che di inbound. E che hanno tarato le loro strategie aziendali sull’efficienza e sull’economia di scala. In Italia, invece, abbiamo 2.270 aziende: di queste solo 10 sono medio-grandi. Le altre sono realtà piccole se non polverizzate”. Per questo conclude Azzola questa manifestazione è così sentita e molti imprenditori l'hanno appoggiata. 

(foto dal sito www.pronews.it)

Michela Franzone

 


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