No al processo secessionista di autonomia del Veneto proposta dalla Lega e 5Stelle
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LAMEZIA TERME (CZ) 27 OTTOBRE - I “Partigiani della scuola pubblica” si oppongono decisamente al processo secessionista di autonomia del Veneto avviato con il deposito presso il Consiglio dei Ministri e votato dalla Lega e dal Movimento 5Stelle perché questo darà il via ad altre richieste da parte della Lombardia ed Emilia. Di conseguenza tutte le regioni del centro – nord avanzeranno analoghe richieste determinando il crollo verticale delle finanze dei Comuni del Mezzogiorno d’Italia nel caso in cui il Centro Nord Italia si dovesse tenere il residuo fiscale che si aggira intorno a 100 mila miliardi di euro.
«La Regione Veneto – chiariscono i Partigiani –intende avere il potere esclusivo su materie che vanno dall’offerta formativa scolastica (potendo anche scegliere gli insegnanti su base regionale), ai contributi alle scuole private, ai fondi per l’edilizia scolastica, al diritto allo studio e alla formazione universitari, alla cassa integrazione guadagni, alla programmazione dei flussi migratori, alla previdenza complementare, ai contratti con il personale sanitario, ai fondi per il sostegno alle imprese, alle soprintendenze, alle valutazioni sugli impianti con impatto sul territorio, alle concessioni per l’idroelettrico e allo stoccaggio del gas, alle autorizzazioni per elettrodotti, gasdotti e oleodotti, alla protezione civile, ai Vigili del Fuoco, strade, autostrade, porti e aeroporti (inclusa una zona franca), alla partecipazione alle decisioni relative agli atti normativi comunitari, alla promozione all’estero, all’Istat, al Corecom al posto dell’Agcom, alle professioni non ordinistiche e ad altro ancora». In tal modo i grandi servizi pubblici perderebbero ogni competenza statale essendo imposssibile qualsiasi programmazione infrastrutturale in tutto il Paese.
In merito alla stima delle risorse, che lo Stato dovrebbe trasferire alle Regioni, la Regione Veneto stabilisce di calcolare i fabbisogni standard tenendo conto non solo dei bisogni specifici della popolazione e dei territori e quindi del numero dei bambini da istruire, delle frane da mettere in sicurezza, ma anche del gettito fiscale, vale a dire della ricchezza dei cittadini. Da qui scaturisce che i diritti saranno considerati dei beni di cui le Regioni potranno disporre in base al reddito dei loro abitanti. Pertanto le Regioni potranno decidere di quanta e quale istruzione potranno usufruire i residenti, di quanta e quale protezione civile, di quanta e quale tutela della salute. Per godere di maggiori diritti e di qualità, «non basta essere cittadini italiani, ma cittadini italiani che abitano in una regione ricca» evidenziano i Partigiani i quali dicono no alla regionalizzazione della scuola definita “un’idea virtuosa” dal ministro della Pubblica Istruzione nella recente intervista rilasciata al Corriere della Sera mentre concordano con il professore Gianfranco Viesti per il quale « il Nord e il Centro si confermano quello che sono sempre stati; sfruttatori ed egoisti. Dopo aver ridotto all’osso il Mezzogiorno – dal 1860 ad oggi – adesso vogliono la secessione scippando altre risorse al Sud in barba alla Costituzione.
Se dovesse passare l’autonomia secessionista proposta dalla Lega e dai 5 Stelle del Veneto, la conseguenza diretta ed immediata consisterebbe nella regionalizzazione dei sistemi scolastici con tutto quello che comporta sui concorsi, sulla programmazione, sugli indirizzi culturali con la evidente fine della scuola quale strumento fondamentale dell’unità nazionale».
Foto: I Partigiani della scuola pubblica
Lina Latelli Nucifero