'Ndrangheta: Reggio C., Zappia condannato in appello a 30 anni
Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
'Ndrangheta:Reggio C., Zappia condannato in appello a 30 anni Confermata pena inflitta da Gup, incastrato da comparazione dna
REGGIO CALABRIA, 29 SET - La Corte d'Appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Vincenzino Zappia, accusato dell'omicidio di Giuseppe Cartisano avvenuto il 22 aprile del 1988.
I giudici hanno accolto le richieste del sostituto procuratore della Dda Walter Ignazitto e stamattina, dopo l'arringa dell'avvocato Giancarlo Murolo, hanno confermato la condanna che il gup aveva inflitto in primo grado al braccio destro del boss Giuseppe De Stefano. Difeso anche dall'avvocato Gianfranco Giunta, Zappia è storicamente indicato dai pentiti come uno dei principali killer della seconda guerra di mafia che insanguinò la città calabrese dello Stretto tra il 1985 ed il 1991.
L'omicidio di Cartisano, avvenuto a Reggio Calabria, nella centralissima piazza De Nava, rappresentò la risposta all'agguato in cui fu ucciso il boss destefaniano Carmelo Cannizzaro. Durante la fuga, ci fu un conflitto a fuoco tra i carabinieri e i due sicari uno dei quali, Luciano Pellicanò, fu ucciso, mentre Zappia rimase ferito lasciando tracce ematiche sull'asfalto. Tracce che all'epoca non consentirono agli inquirenti di risalire al killer ma che furono conservate nell'archivio della Procura.
Adesso, gli accertamenti tecnici su quel liquido ematico si sono rivelati fondamentale per la Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. Il pm Ignazitto, infatti, ha comparato il dna trovato sulla scena del delitto con quello di Zappia. È riuscito, quindi, a chiudere il cerchio sulle responsabilità nell'omicidio di Cartisano dando un volto, quello di Vincenzino Zappia, a quel sicario a distanza di oltre 30 anni.
La Corte d'Appello depositerà le motivazioni entro novanta giorni. Solo dopo, gli avvocati potranno ricorrere in Cassazione.