'Ndrangheta: Operazione "Stige" In Germania la legge del clan, 13 arresti
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CATANZARO, 9 GENNAIO - C'era anche la produzione e la distribuzione del pane fra gli interessi della cosca "Farao-Marincola", colpita stamane dall'operazione "Stige" ordinata dalla Dda di Catanzaro ed eseguita dai Carabineri. Un vero e prprio "racket" esercitato sui rivenditori delle zone del Crotonese dominate dalla cosca, costretti ad acquistare il pane dai produttori indicati dai malavitosi. E' uno degli aspetti evidenziati nell'ordinanza che ha portato in carcere 169 persone, fra cui amministratori locali accusati di collusione, ma anche referenti della 'ndrangheta operanti in divers eregioni italiane ed in Germania. Un'ulteriore conferma che la mafia calabrese ha esteso i suoi tentacoli in Europa.[MORE]
L'inchiesta coordinata dal procuratore della repubblica, Nicola Gratteri, porta le firme del procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e dei sostituti Domenico Guarascio, Alessandro Prontera e Fabiana Rapino. Associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione, autoriciclaggio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni, intestazione fittizia di beni, procurata inosservanza di pena e illecita concorrenza con minaccia aggravata dal metodo mafioso alcune delle accuse formulate a vario titolo a carico degli arrestati.
Oltre agli arresti, eseguiti dai Carabinieri del Ros e da quelli del comando provinciale di Crotone in Calabria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Lazio, Toscana, Campania e in Germania, e' stato notificato un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 50 milioni di euro. Un'operazione complessa, eseguita contestualmente in Italia e Germania, grazie alla collaborazione di Eurojust che ha consentito il coordinamento tra la procura di Catanzaro e le procure di Kassel, Stoccarda, Monaco e Dusseldorf. Il lavoro dei magistrati catanzaresi e degli uomini dell'Arma avrebbe consentito di documentare l'operativita', gli assetti gerarchici interni e le attivita' criminose della "locale" di 'ndrangheta dei Farao-Marincola di Ciro' (kr), posta in posizione di sovra-ordinazione rispetto ad altre realta' criminali.
La cosca aveva infiltrato il tessuto economico e sociale dell'area cirotana mediante un radicale controllo degli apparati imprenditoriali, soprattutto nei settori della produzione e commercio di pane, della vendita del pescato, del vino e dei prodotti alimentari tipici, nonche' nel settore della raccolta e riciclo sia di materie plastiche sia dei rifiuti. L'indagine e' riuscita quindi a delineare il quadro complessivo degli interessi illeciti gestiti in ambito nazionale e estero dal sodalizio, verificando la disponibilita' di ingenti risorse finanziariereimpiegate in numerose iniziative imprenditoriali e commerciali nel Nord-italia e in Germania.
Gli inquirenti evidenziano l'esistenza di una "ramificata rete di imprenditori compiacenti e collusi che, sulla base di un rapporto perfettamente sinallagmatico", ottenevano rapidi pagamenti dalle amministrazioni pubbliche, recuperi crediti, lavori e commesse pubbliche e private, riconoscendo per riconoscenza al sodalizio i piu' diversificati favori: dalle assunzioni, ai finanziamenti, all'elargizione di somme di denaro, "contribuendo efficacemente e consapevolmente all'accrescimento del potere mafioso sul territorio". In questo contesto, la cosca controllava ogni possibile fonte di reddito, fra cui la produzione e distribuzione dei prodotti da forno (pane e affini), per cui i commercianti al dettaglio cirotani venivano costretti ad acquistare solo il pane prodotto dal forno di uno dei sodali, mentre i possibili concorrenti venivano allontanati dal territorio con l'intimidazione dagli affiliati al clan. Con le stesse modalita', la "famiglia" si era infiltrata nella gestione dei servizi funebri mediante la creazione di un'agenzia "ad hoc".
ll vecchio boss Farao dirigeva il clan dal carcere
Non bastava il carcere a fermare il vecchio boss eragostolano Giuseppe Farao, 71 anni, patriarca del clan Farao-Marincola. Secondo i magistrati della Dda di Catanzaro ed i Carabinieri, era lui a dettare le direttive alla cosca, colpita oggi dall'operazione "Stige" con 169 arresti. Il potere del boss era radicato del Crotonese, in particolare nell'area di Ciro', Ciro' Marina e comuni circostanti, dove operavano due 'ndrine satelliti: quella di Casabona (Kr), facente capo a Francesco Tallarico, e quella di Strongoli (Kr), facente capo alla famiglia "Giglio". Ma le proiezioni del clan arrivavano nelle regioni del Nord Italia e della Germania, dove venivano gestite attivita' commerciali e imprenditoriali, frutto di riciclaggio e reimpiego dei capitali illecitamente accumulati.
L'assetto del sodalizio, dicono gli inquirenti, era espressione delle direttive impartite da Giuseppe Farao ed era orientato a privilegiare lo sviluppo imprenditoriale della cosca, affidato ai figli e nipoti del patriarca e sviluppato attraverso il reperimento di nuovi e sempre piu' remunerativi canali di investimento economico: un'attivita' per la quale era necessaria la massima tranquillita', per cui l'ordine era quello di limitare il ricorso ad azioni violente ed evitare gli scontri interni che avrebbero potuto pregiudicare gli "affari". Il controllo mafioso del territorio era stato demandato ad una serie di "reggenti", fedelissimi del capo cosca.
In Germania la legge del clan, 13 arresti
La 'ndrangheta calabrese imponeva le sue leggi anche in Germania. L'operazione "Stige" della Dda diCcatanzaro e dei Carabinieri ha messo sotto i riflettori le infiltrazioni in territorio tedesco del clan Farao-Maricola, con metodi ed interessi non dissimili da quelli esercitati in Calabria. Questo era reso possibile da una cellula operativa operante a Francoforte, Wiesbaden, Monaco e Stoccarda dove - annotano i magistrati catanzaresi nell'ordinanza che ha portato all'arresto di 169 persone - erano state monopolizzate con metodo 'ndranghetistico le forniture di vino, prodotti caseari, olio e semilavorati per pizze. Le indagini hanno cosi' portato all'arresto di 13 persone stabilmente dimoranti in Germania.
Traffico rifiuti dell'Ilva
Dieci, dodici viaggi al giorno di rifiuti speciali provenienti dall'Ilva di Taranto e diretti in Calabria. E' l'inquietante retroscena emerso dall'operazione "Stige", portata a termine dai carabinieri con 169 arresti tra gli esponenti della cosca Farao-Marincola. Del traffico di rifiuti si parla in intercettazioni agli atti dell'inchiesta. Protagonisti della conversazione sono Francesco Tallarico, esponente di spicco del clan e referente per la citta' di Casabona, Giovanni Trapasso, boss di San Leonardo di Cutro gia' detenuto per un'altra indagine, e l'imprenditore Giuseppe Clara', titolare di una societa' che si occupa dello smaltimento di rifiuti e arrestato.
Tallarico rivela a Trapasso che, attraverso una delle imprese di Clara', si era accaparrato alcuni lavori di smaltimento di scarti industriali e rifiuti tossici provenienti dall'Ilva di Taranto, avendo la possibilita' di effettuare circa dieci o dodici viaggi giornalieri, con il materiale che sarebbe stato poi scaricato in territorio calabrese. Non e' chiaro dove gli scarti industriali siano stati portati. Tallarico, pero', si sarebbe adoperato per far incontrare Clara' direttamente con Giuseppe Sestito, responsabile della cosca per la zona di Ciro' superiore. L'incontro si sarebbe reso necessario per ottenere il placet di Sestito all'affare dei rifiuti. Nelle intercettazioni sono chiare, Tallarico afferma: "... noi abbiamo preso, stanno facendo lo smaltimento dell'Ilva (omissis) ... a Taranto e abbiamo preso tutto il trasporto del limo, del materiale... con i camion e deve venire qua questo materiale, ci sono dieci, dodici viaggi al giorno e ho chiamato a lui l'ho fatto parlare pure con il compare Pino".