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NARDÒ (LECCE), 13 SETTEMBRE 2014 - Di quello che doveva essere un fiore all’occhiello del turismo salentino, un resort a 5 stelle incastonato nell’uliveto secolare in contrada Sarparea, nella marina di Sant’Isidoro di Nardò, è rimasto solo il progetto.
Un progetto affidato all’innovativo studio Gensler di San Francisco che nel 2010 ha ottenuto addirittura il prestigioso riconoscimento per l’innovazione architettonica e il design, vincendo il primo premio all'American Architecture Awards. Un progetto ambizioso per un investimento complessivo di quasi 70 milioni di euro e che potrebbe assicurare almeno un centinaio di posti di lavoro. [MORE]
Dopo quasi sei anni, però, le ingarbugliate lungaggini burocratiche previste dalla legislazione italiana, hanno costretto i due investitori inglesi, l'immobiliarista Alison Deighton, moglie dell'attuale Segretario al Tesoro del governo Cameron, e il magnate del petrolio Ian Taylor, a considerare seriamente l’idea di dirottare progetto e quattrini in altri Paesi del Mediterraneo più accoglienti e sensibili nei confronti degli investitori stranieri.
Tutto ha inizio nel gennaio 2009 con l’acquisto di un terreno di 30 ettari per 5,3 milioni di euro e con il conseguente avvio dell’iter burocratico per ottenere le previste autorizzazioni per il progetto che prevede, tra l’altro, di lasciare intatto l’uliveto da destinare alla produzione di olio extravergine.
Da qui in poi un susseguirsi di pareri urbanistici e paesaggistici comunali e regionali, valutazioni di impatto ambientale, interrogazioni consiliari e parlamentari, e perfino un’inchiesta giudiziaria. La Regione Puglia aveva dapprima dato il via libera alla Valutazione Ambientale Strategica ma, successivamente, ha bocciato il progetto dal punto di vista paesaggistico con una motivazione al limite del paradosso kafkiano e cioè che l'uliveto non poteva essere espiantato, contrariamente a quanto contenuto nella documentazione presentata dagli investitori. Deighton e Taylor fanno ricorso al Tar, lo vincono ma la Regione ricorre al Consiglio di Stato.
Ridotti ormai all’esasperazione, i due inglesi si convincono dell’abbandono quasi certo dell’ambizioso progetto ed affidano tutta la loro amarezza al commercialista Marcello Paglialunga, loro rappresentante in questa intricata vicenda.
«Presentato il progetto alla città – scrive Paglialunga in una lettera indirizzata ai parlamentari delle commissioni Agricoltura - i due inglesi si aspettano un percorso in discesa per chi ha scelto di investire tanti quattrini scommettendo sul turismo e l'agricoltura di qualità nel Sud Europa, ma si scontrano subito con ritardi, rinvii, richieste di integrazione di documentazione, di pareri non necessari. Ditelo voi ai due signori che l'Italia non è un Paese per loro, che sei anni non sono stati sufficienti a dare una risposta certa a chi voleva investire 70 milioni di euro su agricoltura e turismo al Sud. Da una parte cerchiamo investitori che portino quattrini per creare attività che non inquinino, non riciclino denari sporchi, che permettano al nostro territorio di uscire dalla voragine della crisi scommettendo sulle proprie risorse e tipicità. Poi trattiamo questi soggetti come i peggiori furfanti. E dire che i miei clienti si erano convinti a investire in Salento dopo le parole di Nichi Vendola che, appena insediato, disse che la Puglia era pronta ad accogliere investimenti proprio sul turismo rispettoso e sulla valorizzazione delle nostre specialità. Diceva che il Sud era migliore di quanto si dipingesse, che non era soltanto mafia e camorra e aveva ragione. Certamente i due investitori non si aspettavano di finire nella malaburocrazia. I nostri amici inglesi si sono stancati e io non farò più nulla per trattenerli. Se lo ritenete - conclude Paglialunga rivolgendosi ai parlamentari - fate qualcosa Voi. Siete proprio certi che per risolvere questa crisi sia il caso di continuare a parlare con gli economisti? O piuttosto non sarebbe opportuno chiamare al governo qualche bravo psichiatra?».
Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha prontamente replicato alle accuse per il diniego e per i presunti ritardi nell’autorizzare il progetto. «È una vicenda opaca – ha dichiarato Vendola – sulla cui storia è bene che dia uno guardo la Procura della Repubblica di Lecce, alla quale consegneremo un dossier. Noi siamo contenti quando sul nostro territorio si portano quattrini, ma questo non significa che possiamo o dobbiamo svendere il territorio. Non abbiamo gli anelli al naso, abbiamo avuto riconoscimenti da tutti per gli investimenti, siamo ritenuti interlocutori credibili e non accettiamo la finta lezione che la politica possa decidere in spregio alla normativa vigente».
È bene precisare che sul blocco del progetto pesano due pareri paesaggistici negativi, uno della Sovrintendenza per conto del ministero dei Beni culturali e l'altro della Regione Puglia, con motivazioni pressoché analoghe.
«La legge – ha spiegato l’assessore regionale all’Urbanistica, Angela Barbanente – prevede l’invio di un preavviso di diniego a chi ha presentato il progetto, per eventuali controdeduzioni. Nel caso in questione c'è stato il preavviso, ma nessuno ha controdedotto sul piano tecnico. Ho avuto due incontri con la rappresentante del progetto. Le è stato detto che è vero che quell'area era edificabile, ma in base ad un vecchio Piano regolatore generale non adeguato al Piano paesaggistico del 2001. Da quella data c'è l’obbligo di un parere paesaggistico sia della Regione che del Mibac. Nel 2010 la Sovrintendenza ha espresso parere sfavorevole, al quale è seguito quello della Regione. Su quell'area c'è un vincolo paesaggistico dal 1975. Loro, invece di avanzare controdeduzioni, si sono rivolti al Tar, che gli ha dato ragione, ma ora sarà il Consiglio di Stato a decidere. Quanto al caso specifico – prosegue – le carte parlano da sole. Si dice che si vuole valorizzare l’uliveto, ma come si fa a valorizzarlo costruendo villette a due piani alte sette metri e mezzo che distruggerebbero le radici di alberi impiantati nel 1400? Se la Puglia si gioca il rapporto tra gli uliveti e il mare, si gioca anche lo sviluppo. Non si può accogliere – ha concluso – un investimento di 70 milioni di euro che è a vantaggio di pochi e a svantaggio di molti».
(fonte: http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it)
Massimo Alligri