Narcotraffico in Messico, da "El Chapo" ai Los Zetas
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Narcotraffico in Messico, da "El Chapo" ai Los Zetas

lunedì 17 ottobre, 2011

CITTÀ DEL MESSICO, 17 OTTOBRE 2011 - Continua il viaggio di InfoOggi.it nel mondo del narcotraffico messicano.
Se ieri abbiamo visto come si è arrivati alla guerra tra i cartelli, oggi iniziamo a fare “nomi e cognomi” di quali sono le principali forze in campo, addentrandoci anche sull'altro lato della barricata, quello di chi resiste nonostante tutto. Come i giornalisti e la gente comune.[MORE] Bisogna tenere presente però come gli schieramenti, relative alleanze annesse, siano estremamente volatili, rendendo così difficile rappresentare in maniera statica gli attuali equilibri in campo, resi ancora più precari dal continuo avvento di nuove sigle, come i Templari di Michoacán o il gruppo della “Gente Nueva” (conosciuti anche come i “Mata-Zetas”, gli “Uccidi-Zetas”) presentatisi ufficialmente negli scorsi mesi.

Tra i più importanti tra i cartelli attualmente in lotta troviamo il già citato “Sinaloa” di “El Chapo” Guzmán, interessato ai mercati della droga colombiana – dei cui cartelli è in qualche modo l'erede designato – della marijuana e dell'eroina proveniente, oltre che dalla produzione interna, anche dal sud est asiatico. Lungo la rotta della cocaina verso gli Stati Uniti troviamo invece il Cártel de Beltrán Leyva, formatosi inizialmente come braccio armato del Sinaloa e distaccatosi da questi nel 2008, dopo l'arresto di Alfredo Beltrán Leyva (consegnato alle forze dell'ordine proprio dai Guzmán-Loera). Dal dicembre 2009 Edgar Valdez Villareal e Gerardo Alvarez-Vazquez sono usciti dal cartello per andare a formare il gruppo dei “Los Negros”, i quali si avvalgono di gruppi criminali esterni – come “La eMe” o MS-13 – come manovalanza.

A guidare l'altro “blocco” c'era, e c'è, il Cártel del Golfo, formatosi già nel 1940 a Matamoros, nella zona nord dello Stato di Tamaulipas. L'attuale reggente è Jorge Eduardo Costilla Sánchez, detto “el Coss”, ex funzionario di polizia dal 1995 a libro paga del cartello, che oltre al traffico di droga è anche tra le principali organizzazioni nel traffico di armi e nel campo della corruzione. Tra i partner più importanti della 'ndrangheta calabrese, ne ricorda l'organizzazione gerarchica strutturata sul controllo delle “piazze”.

Direttamente dalla genìa colombiana – alla quale è legato da vincoli parentali – arriva il Cártel de Juárez, le cui diramazioni si trovano in tutti gli Stati messicani anche se il quartier generale è Ciudad Juárez (nello Stato di Chihuahua), la tristemente nota “città che uccide le donne” portata sullo schermo nel 2006 da Jennifer Lopez ed Antonio Banderas – per la regia di Gregory Nava – in “Bordertown”. Diramazioni del cartello si trovano anche in Texas, Oklahoma, Kansas e New Messico. Il leader è Vicente Carrillo Fuentes, al quale si deve anche l'altro nome con cui è conosciuto il gruppo (Organizzazione Vicente Carrillo Fuentes, appunto), anche se da più parti si dice che il vero leader sia la modella Laura Elena Zúñiga.

Nello stato di Michoacán, prima dei “Templari”, a dettare legge era “La Familia” (o “Familia Michoacana” che dir si voglia), nato in realtà negli anni Ottanta come gruppo di vigilantes proprio contro lo spaccio di droga ed un decennio dopo divenuto braccio armato del Cártel del Golfo – andando a formare le prime sacche di formazione dei “Los Zetas” - dai quali si separa nel 2006 trasformandosi nell'organizzazione attualmente conosciuta. Con l'arresto di José de Jesús Méndez Vargas (noto come “El Chango”, la scimmia) avvenuto lo scorso giugno – dicono le autorità – il cartello è ormai alle corde.

Ultimo – non certo per importanza – è il gruppo dei “Los Zetas”, attualmente il cartello più pericoloso che il Messico conosca e principale fornitore di droga per la 'ndrangheta, che partendo dal Messico arriva in Italia passando per il continente africano.
Nati, come abbiamo visto, come braccio armato del cartello del Golfo, ne fanno parte ex soldati e disertori del Grupo Aeromóvil de Fuerzas Especiales (Gafe), gruppo d'élite creato per fronteggiare il narcotraffico, ex appartenenti alla Brigada de Fusileros Paracaidistas (Bfp) e dei Kaibiles, una forza speciale addestrata per i combattimenti nella giungla e per le operazioni di contro-insurgenza. Oltre all'altissimo livello militare, i punti di forza dell'organizzazione sono l'alta specializzazione tecnologica – con un ingente uso di tecniche di intercettazione telefonica ed ambientale – e la struttura a cellula, che permette di non far circolare troppo le informazioni anche all'interno del gruppo stesso.
La struttura interna è gerarchizzata in senso verticistico, con i “las Ventanas” (“le finestre”) al grado più basso dell'organizzazione, che ricordano i “muschilli” assoldati dalla camorra, i “los Halcones” (“i falchi”) simili ai capifamiglia mafiosi e “la Dirección”, in tutto e per tutto simile alla “cupola” di Cosa Nostra.
Dediti per lo più al traffico di droga, si stanno specializzando anche – ricordando anche in questo caso la “prima fase” della 'ndrangheta – nei sequestri di persona a fini estorsivi, in particolare nel sequestro di turisti americani.

L'importanza di avere gli agganci giusti. È evidente, comunque, che la reale portata del fenomeno sarebbe ben diversa se la politica facesse realmente il proprio dovere, che si parli dei cartelli in Messico o della criminalità organizzata in Italia. «Fino al 2000» - dice Anabel Hernandez, giornalista di “Reporte Indigo” ed autrice del libro “Los señores del narco” - «i governi del Partido Revolucionario Institucional (il partito attualmente al potere, ndr) hanno protetto i cartelli indistintamente. Con l'elezione di Vicente Fox del Partido de Acción Nacional, le istituzioni si misero a proteggere unicamente i Sinaloa. Allora gli altri cartelli hanno fatto esplodere la violenza che rimaneva sopita da decenni».
Se, infatti, in Italia delle connivenze tra criminalità organizzata e politica se ne parla sottovoce, in Messico ad ogni cambio di governo cambia il cartello che verrà protetto. Come scriveva Monica Angelini su Narcomafie dello scorso febbraio «gli studiosi del tema affermano che per ciascun sexenio presidenziale messicano vi sia un narcotrafficante privilegiato che gode di maggiore protezione dei traffici e di impunità. Si tratta dei cosiddetti “consentidos” del governo: dal presidente Miguel de la Madrid (1982-1988) col narcotrafficante Miguel Angel Félix Gallardo; Carlos Salinas de Gortari (1988-1994) con Juán García Abrego; Ernesto Zedillo (1994-200) con Amado Carrillo Fuentes; Vicente Fox (2000-2006) e Felipe Calderón Hinojosa con “El Chapo” Guzmán». A sostegno di questa tesi, continua Angelini, c'è un dato significativo: «delle 53mila persone arrestate in Messico per traffico di droga dal 2006, solo mille lavorano per l'organizzazione sinaloense».

El Cártel de...Twitter. Se, dunque, la politica – e, come abbiamo visto, le forze dell'ordine in alcuni casi – traggono i loro vantaggi dai cartelli, i cittadini messicani sono costretti a cercare aiuto da altre parti. Un aiuto che, fortunatamente, arriva dal giornalismo. La già citata Cynthia Rodriguez, Adela Navarro Bello – direttrice del settimanale “Zeta”, una delle voci più importanti in questa guerra – Laura Castellanos, sono solo alcune tra le giornaliste ed i giornalisti che ogni giorno mettono a repentaglio la loro vita per raccontare quello che succede per le strade messicane, dove trovano anche la morte, come successo agli inizi di settembre a Marcela Yarce e Rocio Gonzales Trapaga.
«L'80 per cento delle nostre inchieste» - spiega però Adela Navarro Bello - «parte da segnalazioni anonime dei lettori». I lettori, infatti, sono in molti casi la vera forza anti-narcos. Usano internet non solo per informarsi – come avviene ormai in quasi ogni angolo del mondo – ma sfruttano la rete, in particolare Twitter, per organizzarsi e contrastare il fenomeno. «Le nostre azioni si articolano in due livelli» - spiega Paula Ricaurte, una tra le artefici dei cosiddetti “Contingenti Twitter”- «quello “online” attraverso la condivisione di notizie e il lancio di campagne in solidarietà delle persone a rischio, ma talvolta si accompagnano a sessioni di lavoro e di incontro fisico». Non è difficile, in tal senso, leggere sui blog o sui forum messicani vere e proprie indicazioni su quali strade sono previsti assembramenti di narcos e sono dunque da evitare. Anche in Messico, come in Italia, i principali media – TeleVisa e TeleAzteca in primis – si sono trasformati in fonti di disinformazione, la cui gerarchia dei valori-notizia dà importanza a cose insignificanti dimenticandosi di parlare dei veri problemi del paese.

Andrea Intonti


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