Mons. Vincenzo Bertolone. Sos: serve investire in educazione
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La riflessione domenicale dell'arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone
CATANZARO 04 GIUGNO - «Il miglior investimento? Probabilmente l’educazione. Il miglior investimento infatti è mettere i soldi nel cervello dei figli, nello sviluppo della loro intelligenza, della loro capacità di essere creativi, competenti, adatti al mondo nuovo che si sta aprendo».[MORE]
Se gli adulti seguissero il consiglio di Piero Angela e investissero qualche soldo in più in educazione, meno sangue e meno lacrime bagnerebbero le nostre strade. Perché ormai di questo si tratta: le carenze educative non sono più solo un fatto culturale – e già la questione sarebbe assai grave e delicata – ma diventano ogni giorno di più problema di ordine pubblico, di osservanza dei più banali principi della convivenza civile, addirittura di sopravvivenza.
A Mileto, ad esempio, un quindicenne ha ucciso un coetaneo a colpi di pistola per un commento sgradito sotto una foto pubblicata su facebook. A Reggio Calabria, pochi giorni prima, un giovane pregiudicato aveva ridotto in fin di vita un anziano sacerdote a calci ed a pugni perché aveva osato sgridare lui ed i suoi compagni che giocavano a pallone (a mezzanotte!) davanti alla canonica, urlando e schiamazzando. Ergo: doveva avere una bella lezione.
A parte i singoli episodi, in generale è opportuna, anzi doverosa una riflessione sulla qualità e l’efficacia dell’educazione che le famiglie impartiscono ai figli. Questione non privata e confinata tra le mura domestiche, ma assolutamente di rilevanza pubblica e sociale: il rischio evidente è che la carenza educativa faccia saltare gli equilibri della convivenza e quel che resta (poco!) dell’osservanza delle regole, schiudendo le porte ad un’ordalia di egoismi e prevaricazioni difficile – se non impossibile – da arginare.
Educare è cosa del cuore. Le parole, pur importanti, servono fino a un certo punto. Si educa anzitutto con l'esempio. Dovere di ogni adulto è aiutare i bambini a gestire le emozioni, gli istinti, le sofferenze, il tempo libero, prendendoli per mano fino alla strada giusta, l’unica idonea a renderli felici, sereni, realizzati. Ma ciò accade in pochi casi, giacché i genitori, in genere, non colloquiano più con i figli. È proprio in ciò che essi hanno gravi responsabilità che si sommano alle disattenzioni delle politiche di governo in tema di formazione. E c’è, poi, anche un’altra causa, definita sindrome di Peter Pan, per la quale i genitori rifuggono dell’impersonare il ruolo di educatori, finendo per trasformarsi in coetanei dei figli. E ci sono poi i genitori-sindacalisti, convinti – vestendo i panni di difensori d’ufficio - di poterli difendere dalle insidie (magari inesistenti o presunte), ignorando (spesso volutamente) i pericoli concreti la prole.
Occorrono soluzioni. Sebbene insufficiente, sarebbe un buon inizio quantomeno evitare il ricorso alla retorica, utilizzata quale ennesima attenuante: il mondo va così, adeguarsi è d’obbligo. Ma non è così, non può essere così: la “rete” va sorvegliata. Per chi ritiene che gli uomini siano cattivi perché ad esser cattivi sarebbero i tempi, una risposta c’è. L’ha data secoli fa sant’Agostino: «Vivano bene, gli uomini, ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi».
+ Vincenzo Bertolone