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MILANO, 30 MAGGIO 2014 - Il processo a Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano, sulle presunte firme false per il listino di Formigoni per le elezioni Regionali del 2010, è stato sospeso.
La decisione è stata presa dal giudice Monica Amicone che ha preso atto dell’istanza della difesa di trasferire «per legittimo sospetto» il procedimento a Brescia, a causa di quello che ormai è diventato uno scontro nella Procura di Milano tra Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo.
Nei giorni scorsi gli avvocati Gaetano Pecorella e Paolo Veneziani, che difendono Podestà, hanno depositato in Cassazione un ricorso per chiedere lo spostamento del processo da Milano a Brescia per via della «evidente gravità, non altrimenti eliminabile, della situazione locale, idonea a turbarne lo svolgimento».
I legali del presidente della Provincia hanno sottolineato come il procedimento nel quale Podestà è accusato di falso ideologico sia uno dei «casus belli» al centro dello scontro tra Bruti Liberati e Robledo. Da questo scontro, secondo la difesa, sarebbe derivata una «anomala e irrituale duplicazione» del procedimento: quello iscritto per primo all’epoca e poi archiviato, che era assegnato a Bruti, e quello aperto da Robledo (che ha portato al processo in corso) mentre pendeva la decisione del gip sulla richiesta di archiviazione dell’altro fascicolo.[MORE]
«Uno scontro che in soli due mesi - sostengono i legali - ha travalicato il limite del confronto tra i due coinvolgendo, oltre all’ufficio del pm, le correnti esistenti in seno alla magistratura e determinando all’interno della sede giudiziaria milanese una situazione così grave da turbare lo svolgimento del processo a carico di Podestà».
Il procuratore Bruti Liberati ha accusato l’aggiunto di non averlo avvisato con tempestività dell’iscrizione nel registro degli indagati di Podestà, mentre Robledo sostiene di avere informato immediatamente il suo capo dell’interrogatorio della teste Clotilde Strada che aveva fornito elementi d’accusa contro il politico. Si attende ora la decisione del Consiglio superiore della magistratura.
Paolo Massari