Mercato Juventus: Dov'è finito il fascino della Vecchia Signora?
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C’era una volta, non molto tempo fa, una squadra italiana il cui blasone bastava da solo ad attirare grandi nomi e fuoriclasse internazionali: da una parte c’erano i miliardi di Moratti e Berlusconi e dall’altra lo charme degli Agnelli (oltre a vari mezzucci e intrighi di palazzo degni della più malvagia fra le streghe cattive). C’era una volta, perché adesso non c’è più: la favola è finita nell’estate del 2006, spazzata via dalle inchieste di Calciopoli, come Tangentopoli rase al suolo la Prima Repubblica nel 1992. C’è sempre un’opoli in Italia a mettere fine ad un ciclo, che sia sportivo, politico, o di qualsiasi altro settore. [MORE]
E così, di colpo, la Juventus, da squadra più amata/odiata della Lega si trovò a ricoprire il ruolo poco edificante di una fra le tante: in pochi giorni tutti i migliori lasciarono la nave bianconera appena prima che affondasse nelle acque poco luminose della B. Rimasero solo poche bandiere (Del Piero e Buffon, su tutti) e la voglia frenetica di rifondare. La voglia di ridare in fretta a tifosi viziati il vecchio giocattolo, quello che stizziva gli avversari e tentava i calciatori. Ma il progetto di riportare la Juve subito di nuovo nell’elite del calcio nostrano è rimasto solo nelle intenzioni, logorato da una pianificazione scadente e affrettata, che in pochi anni ha visto cambiare dirigenti, allenatori e talvolta perfino intere rose; come è avvenuto all’inizio di questa stagione, quando si auspicava a gran voce il tanto agognato riscatto: nel mercato estivo la Juventus ha acquistato undici giocatori (praticamente mezza squadra), affidando la gestione tecnica-amministrativa alla coppia Del Neri – Marotta (che tanto bene avevano fatto a Genova, sponda Samp, riportando i doriani alle porte dell’Europa che conta, dopo anni di digiuno). Il problema è che tanti nomi, seppur buoni, non garantiscono la vittoria. Nel calcio, invece, a volte basta un solo uomo a spostare gli equilibri, come sta ampiamente dimostrando Zlatan Ibrahimovic col Milan.
Due erano i nomi importanti che avrebbero potuto spostare gli equilibri in casa Juve: Edin Džeko (capocannoniere della Bundesliga 2009-10) e Antonio Di Natale (capocannoniere del Campionato italiano 2009-10). Entrambi finiti sul taccuino dei dirigenti juventini, entrambi obiettivi mancati: due secchi no da parte dei giocatori. E tralascio qui altri no rilevanti (come quello di Borriello, che preferì accasarsi alla Roma), perché mi preme piuttosto soffermarmi sul valore di questi rifiuti, un sapore che il mondo bianconero (quello di una volta) non era abituato a provare e che lascia più amaro delle sconfitte o delle figuracce rimediate sul campo.
Un sapore, mal digerito, che si ripropone adesso nel mercato di gennaio, in cui Marotta è costretto a correre ai ripari per far fronte ad un parco attaccanti praticamente inesistente dopo l’ecatombe degli ultimi giorni: Quagliarella (unica nota positiva di quest’anno con i suoi 9 goal in 17 partite) fuori per il resto della stagione; Iaquinta malato cronico; Toni (appena acquistato, tra l’altro ad un prezzo superiore al reale mercato attuale di un giocatore in fase calante già da qualche tempo) fuori un mese; Amauri a mezzo servizio per la frattura al naso (che per un ariete come lui non è esattamente una manna); Del Piero a metà fra lo scontento per i dubbi d’impiego del suo allenatore e l’avvilito per gli inevitabili acciacchi degli anni.
Dell’ultima ora la notizia di un nuovo arrivo, l’ennesimo: sembrerebbe fatta per Antonio Floro Flores, in arrivo in prestito (con diritto di riscatto fissato a 7 milioni: l’unica formula applicabile in questo mercato bloccato) dall’Udinese. Ma siamo alle solite: giocatore di buona qualità, non si discute, ma realmente in grado di fare la differenza in una squadra allo sbando?
Intanto, dopo aver definitivamente dato l’addio al sogno proibito Džeko, finito alla corte dei più ricchi magnati del Manchester City, adesso spuntano i nomi altisonanti di Luis Fabiano e soprattutto dell’eroe uruguagio dei mondiali Diego Forlan.
Tuttavia prima di tornare a credere nelle favole, la Vecchia Signora dovrebbe chiedersi dov’è finito il suo fascino, tanto perché i suoi tifosi si preparino psicologicamente ad altri no sonanti…
Maurizio Grimaldi