Mafie e petrolio, 'nefasta sinergia colletti bianchi'. In carcere anche vedova petroliere, 71 misure
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Mafie e petrolio, 'nefasta sinergia colletti bianchi'. In carcere anche vedova petroliere, 71 misure

giovedì 8 aprile, 2021

Mafie e petrolio, 'nefasta sinergia colletti bianchi'. In carcere anche vedova petroliere, 71 misure e 1 mld sequestrato
CATANZARO, 08 APR - "Ah Piè, io dietro c'ho la camorra!". Era pienamente consapevole di chi erano i suoi nuovi soci in affari Anna Bettozzi, vedova del petroliere Sergio Di Cesare. Lei, che si vantava al telefono di avere avuto come soci Tronchetti Provera e Berlusconi, aveva trovato più redditizio legarsi a gruppi camorristici. Ed in effetti il volume d'affari della sua società petrolifera, grazie alle iniezioni di capitali illeciti da riciclare, era passato da 9 a 370 milioni di euro in tre anni.

Un a scalata cui hanno posto fine i magistrati della Dda di Roma che l'hanno fatta arrestare insieme alla figlia Virginia Di Cesare - quest'ultima ai domiciliari - nell'ambito dell'operazione "Petrolmafie Spa" in cui sono confluite le risultanze delle indagini coordinate, oltre che da Roma, anche delle Dda di Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro.

Indagini condotte dai reparti territoriali della Guardia di finanza e dallo Scico, e nel caso di Catanzaro anche dal Ros dei carabinieri, che ha smascherato un vasto giro di riciclaggio e autoriciclaggio e ripetute frodi nel settore degli oli minerali, che si sono concluse con 56 arresti, 15 fermi ed il sequestro di beni per quasi un miliardo di euro. Il comune denominatore delle 4 inchieste era la "nefasta sinergia" tra mafie e colletti bianchi che avrebbero consentito a camorra e 'ndrangheta di far fruttare al massimo le frodi fiscali. A riprova, hanno ribadito a più voci i magistrati, che le grandi organizzazioni criminali non hanno steccati, non fanno classifiche su quale sia l'organizzazione più pericolosa ma sono pronte a collaborare per gettarsi ovunque ci sia potere da conquistare e denaro da guadagnare.

Al centro delle inchieste romana e napoletana la società Max Petroli di cui era amministratrice la Bettozzi - indicata come capo indiscusso del sodalizio criminale - poi trasformata nella Made Petrol Italia diretta da Virginia Di Cesare ma, di fatto, secondo gli investigatori, sempre controllata dalla madre che adesso è accusata, tra l'altro, di associazione mafiosa. Grazie agli accordi con la cosca camorrista capeggiata da Antonio Moccia - ma anche con i casalesi - la Bettozzi, secondo gli investigatori viveva nel lusso. Nel maggio 2019 fu fermata alla frontiera di Ventimiglia mentre si stava recando in Rolls Royce a Cannes per il festival del cinema con 300 mila euro in contanti.

E nei successivi accertamenti nel lussuoso albergo a Milano dove soggiornava, furono trovati altri 1,4 milioni di euro, sempre in contanti. Non solo. La Bettozzi - con un passato da aspirante popstar con il nome d'arte Ana Bettz - usava il denaro illecito anche per pagare in nero l'attore Gabriel Garko per una campagna pubblicitaria della Made Petrol ("50 te li ho già dati e rimangono 200 mila... 100 in nero e 100 fatturato" dice al telefono parlando con l'attore). Alcuni dei personaggi emersi nelle inchieste di Roma e Napoli, sono stati intercettati anche dalle Dda di Catanzaro e Reggio Calabria, che stavano indagando autonomamente sulle frodi nel settore petrolifero in cui erano impegnate le principali cosche del vibonese e quelle della piana di Gioia Tauro.

La 'ndrangheta, però, non sembra volesse accontentarsi solo delle truffe sulle accise ma puntava ancora più in alto. Gli investigatori hanno avuto modo di monitorare un incontro, svoltosi in un'osteria di Vibo Valentia, alla quale era stato invitato, accompagnato dall'interprete e da due broker lombardi, un rappresentante della Kmg, la più grande industria estrattiva di gas e petrolio del Kazakistan. L'obiettivo era creare un attracco per petroliere nel porto di Vibo Marina per scaricare il petrolio nei depositi di un imprenditore del posto.

E naturalmente alla tavola era presente Luigi Mancuso, capo locale del clan omonimo, che voleva addirittura far ritirare all'Eni le licenze degli enti locali per sfruttare anche i depositi dell'Azienda. Programma sfumato perché il collettore tra i broker e Mancuso è stato arrestato per omicidio e tentato omicidio. (Ansa)


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