Ma come può un uomo programmare il male di un suo simile?
Fantasticherie del cuore Calabria

Ma come può un uomo programmare il male di un suo simile?

lunedì 28 marzo, 2016

28 MARZO 2016 - La Pasquetta e qualsiasi altra festa futura ci aiuteranno a gioire, ma non a nascondere una realtà in affanno! Troppa violenza in giro. Troppi morti. Troppa paura. È questa la società che ci aspetta? È questo il mondo che promettiamo alle nuove generazioni? Le immagini di questi giorni, presenti su tutti i canali delle centinaia di televisioni sul digitale e sul satellite, hanno raccontato al mondo di un uomo che non conosce Dio.  [MORE]

Davanti a tutti la macabra raffigurazione di che pensa che la morte sia una normale pratica da adottare con violenza nei confronti di chiunque non rientri nei propri desiderati. Bruxelles oggi, ieri Parigi, Londra, Madrid e tante altre realtà in ogni parte del pianeta, sono l’espressione continua di un terrore che non ha nulla da invidiare alla guerra più cruenta e che mostra un uomo inferocito. Un figlio del male e privo di ogni legame con il cielo, da dove ha ricevuto la sua forza soprannaturale. Chiare e lucide le parole di Mons. Di Bruno in proposito, su cui dobbiamo attentamente meditare:

“Essendo stato creato ad immagine e a somiglianza del suo Signore e Dio, l’uomo è anche lui obbligato per natura a vivere di misericordia, pietà, compassione, perdono, aiuto, sostegno verso ogni altro uomo, specie per quanti sono lontani dal loro Signore e infrangono la sua Legge. Se il Signore è vicino a chi rompe la sua alleanza di creazione, che è vera dipendenza spirituale e fisica da Lui, può l’uomo non agire secondo le stesse modalità del suo Creatore? Può l’uomo essere spietato, crudele, ostile, malvagio, cattivo, anche solamente a parole, con quanti sbagliano e compiono il male? Se così si comporta, di certo non agisce da vero uomo, ma da uomo che si è corrotto nella sua natura. Si relazione con gli altri con una natura che non è quella creata da Dio. Ma sempre una natura corrotta e in decomposizione agisce senza pietà.”

A tutto questo aggiungiamo una Europa coperta da un relativismo culturale che accentua le divisioni e che neanche sul filo comune della sicurezza riesce a creare un minimo di collaborazione tra le intelligence e i Servizi delle singole azioni. Ognuno va per conto proprio e lo stesso Belgio, teatro attivo di diverse cellule djihadiste è diviso in due, tra fiamminghi e valloni. I primi con lingua olandese, i secondi con idioma francese. Il tutto si riflette sulla gestione anche dell’apparato poliziesco, con spaccature all’interno del sistema investigativo. L’Europa è debole perché divisa persino nelle sue radici. Dove manca la coesione è più facile l’apertura di crepe, capaci di favorire l’inserimento di chiunque abbia l’intenzione di organizzarsi con una propria identità e autonomia.
Il cristianesimo che è il cuore del vecchio continente, nonostante le sue storiche differenziazioni spesso ispirate da questioni riguardanti il potere interno locale, più che da vere ragioni teologiche, può rappresentare la chiave di lettura immediata per rilanciare la compattezza politica mancante.

Un motivo fondamentale per rendere più visibile un suo attivo contributo a favore della costruzione di quella unità sostanziale dei popoli, necessaria per giungere alla formazione agli Stati Uniti d’Europa. Omogeneità che di fatto esiste, ma che il sistema istituzionale continentale, forse troppo attendista e non convinto, fa fatica a riconoscere e a rafforzare. L’unità reale tra civiltà che hanno in comune battaglie di democrazia e di rispetto dei diritti umani, dopo anni di guerre, violenze inaudite e ingiustizie sociali, è di per sé un buon antidoto nel contrasto ad ogni male. Un rimedio che, miscelato ai valori cristiani di riferimento, è in grado di innalzare la diga più naturale possibile, per sbarrare il passo alla violenza di tante odierne iniquità.

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Egidio Chiarella


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