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Catanzaro, 28 Aprile - Ci fu, un tempo, un mondo tremendo che seppe essere meraviglioso. Un mondo in cui il riscatto per molti giovani passava attraverso lo studio, per mezzo di una laurea da conseguire in università animate dai fermenti politici studenteschi. C'era anche un mondo in cui gli ulivi, oltre a produrre i frutti necessari per un olio extravergine di prima qualità, erano testimoni, silenziosi e tragici, di un'opera, fatta di barbarie antiche, che serviva a regolare una società in cui la famiglia aveva le sue regole, contava solo l'onore, non c'era posto per i sentimenti e la pietà. Nel nuovo romanzo storico-sociale del dottore Santo Gioffrè , L'opera degli ulivi, questi due mondi si intrecciano e danno vita ad una storia che coinvolge il lettore sin dal prologo e lo tiene con il batticuore fino all'ultimo rigo. Con una scrittura che sa essere fredda e asciutta nel descrivere le azioni militari 'ndranghetiste, appassionata per le lotte politiche studentesche e dotata di un delicato lirismo quando è l'amore che cerca prepotentemente di farsi via salvifica alternativa ad una strada che porta alla violenza e alla morte.
Alla fine degli anni '70 Enzo Capoferro viene mandato dal padre, dal paese aspromontano in cui risiede, a Messina per studiare Medicina. L'ateneo siciliano 'ribolliva per le lotte politiche e per la violenza di matrice 'ndranghetista che ormai da anni, in commistione con l'eversione di estrema destra, controllava tutte le attività legate al mondo universitario'. Il giovane, militante politico di sinistra, diviene presto il leader della protesta e della lotta di quella parte politica. Conosce Giulia e ne nasce una bellissima storia d'amore. Lei lo sostiene in tutte le lotte. Quando Enzo, a causa di una compromissione ancestrale, avuta per diritto di nascita, per obbligo di discendenza, viene risucchiato nella faida di 'ndrangheta che vede protagonista la sua famiglia, nel suo paese, Giulia rimane per lui l'unica speranza di vita. Credeva che le sue convinzioni non ammettessero alcun cedimento e invece si ritrova a combattere per vendetta. Alla fine sarà liberato dalla mala vivenza, ma sarà Giulia ad aiutarlo?
Questo e tanto altro nel nuovo romanzo del dottore Santo Gioffrè, intellettuale calabrese, autore di numerose pubblicazioni di successo, tra le quali ricordiamo 'Artemisia Sanchez' , dalla quale la RAI ha tratto una fiction televisiva. Saverio Fontana lo ha intervistato per i lettori di infooggi.it.
Dottore, dopo aver pubblicato numerosi studi sulla storia, la cultura e le tradizioni popolari calabresi, arriva in questi giorni in libreria il suo romanzo storico-sociale 'L'opera degli ulivi'. Com'è nata questa idea?
Il proposito di scrivere questo romanzo, per lungo tempo è stata un’esigenza che rimaneva ancorata nel profondo della mia mente. Più volte, nel corso degli anni, l’avevo iniziato, poi, furiosi tormenti dell’animo mi trascinavano a continuare a rispettare una promessa…
La sua storia inizia alla fine degli anni '70, in un clima di manifestazioni, proteste, perquisizioni e arresti, che animano l'Università di Messina. Lei ha vissuto personalmente quel periodo straordinario. Quali sono le emozioni che ancora oggi ricorda?
Quegli anni hanno segnato la mia vita, sotto tutti gli aspetti; lì mi sono formato dal punto di vista intellettuale e professionale. Politico no, perché già arrivavo con una forte connotazione ideologica. Quelli furono anni favolosi, dove pensavamo che l’impegno e le lotte politiche fossero esaustive a saziare ogni nostra esigenza di vita. Vivevamo per la politica. Le nostre giornate si svolgevano, dall’alba al tramonto, nella continua propaganda e militanza, organizzando il conflitto sociale e partecipando a tutte le azioni di lotta all’Università. Possedevamo la certezza di un futuro migliore!
"In quegli anni l'Università di Messina era divenuta luogo di socializzazione criminale per gli estremisti di destra e di socializzazione eversiva per gli studenti 'ndranghetisti". Non erano soltanto le lotte politiche a far ribollire l'ateneo siciliano, cosa c'era di più?
Le risultanze delle varie commissioni parlamentari d’inchiesta e qualche lavoro di ricerca, pochissimi a dire il vero, pubblicati su quell’epoca, indicano, con precisione, anche col medesimo assioma terminologico, quel periodo come uno dei più eversivi sorti in Italia, per il connubio tra ‘Ndrangheta ed eversione nera e che proprio a Messina si saldò, in quegli anni. Diversi interessi legati a tanti aspetti di un corredo criminale, allora, si concentrarono a Messina dove operavano, anche, Logge massoniche deviate. Di quel mondo, ora, per fortuna, a Messina nulla più esiste e la Città e tutt’altra cosa rispetto ad appena 40 anni fa.
Enzo, il protagonista del romanzo, sogna di combattere per costruire un mondo nuovo ma deve piegarsi alle regole della famiglia. Irrompe prepotentemente nella storia un mondo tremendo, spietato. Quale opera malefica producevano gli ulivi della Piana in quel periodo?
Non malefiche in sé! L’ulivo, inteso nell’Opera degli Ulivi, è una metafora che s’identifica e si fonda e che partecipa ai drammi umani con tutta la forza che le deriva perché, in certe zone dalla Calabria, l’Uomo e lo scenario naturalistico degli uliveti formano un unicum: vivono assieme e conducono una vita insieme. In quegli anni, tremende faide familiari sconquassarono il già esile senso di comunità della Società calabrese, già devastata da un’imponente processo emigratorio che aveva seccato in serbatoio migliore di menti e di braccia di quella stessa Società. Violentissime faide, che interessarono soprattutto paesi della Provincia di Reggio Calabria, ebbero come testimoni silenziosi e tragici, le immense foreste di uliveti, palcoscenico naturalistico immemorabile. Giganti e testimoni che con i loro respiri emanati dal fruscio delle foglie percorse dai venti di scirocco turbarono o ispirarono le menti di tante generazioni. I cicli di produzione erano vissuti con drammatica ansia. La grana diventava la simbologia del danaro e, quindi della sopravvivenza. I migliori nascondigli, erano le foreste di uliveti e tra quegli scenari accaddero fatti terribili…[MORE]
Enzo, durante la sua militanza politica, lascia Messina per partecipare a Roma alla storica "Cacciata di Lama" dall' Università La Sapienza. Perché ha voluto inserire questo evento nel romanzo?
Perché quello fu vissuto come il punto cardine e più alto di rottura tra i due rami di una stessa famiglia: quella Comunista, in Italia. Noi pensavamo di essere vicini ad un cambio epocale, nel senso dell’imposizione assoluta del concetto di eguaglianza sociale e di sovvertimento dei rapporti nella distribuzione delle ricchezze. Pensavamo di bloccare i processi regressivi e repressivi di selezione dei saperi e dell’accesso alle professionalità che in quegli anni iniziavano a comparire, assumendo carattere di selezione di classe e di impedimento, come, poi, è successo col l’introduzione de numero chiuso. Lama fu visto, allora, come oggetto che si assumeva il compito di repressore e di riportare l’ordine nelle Università, dove nemmeno la Polizia riusciva ad entrare, e lo faceva creando una profonda divisione nella grande famiglia Comunista Italiana ed Europea. E’ quello, ritengo tutt’ora, fu devastante perché da lì iniziarono i processi regressivi e di limitazione dei diritti sociali-sindacali e politici.
Oggi non ci sono più fermenti politici ad animare le università italiane. Non ci sono motivi per protestare o i giovani sono vittime dello scoraggiamento e della rassegnazione?
Oggi siamo completamente in un altro mondo, dove le disparità economiche, sociali e di territorio sono enormi. I diritti non esistono ed il concetto culturale del pensiero politico come l’unico capace di sovvertire i tanti guasti presenti nella Società Italiana, è inficiato da un’ignoranza totale. Si preferisce discutere della momentaneità e di ciò che appare, accontentandosi di ciò che, caritativamente viene da altri concesso. Altri che detengono enormi ricchezze e decidono sulle vite delle persone. E’ triste ciò. Ecco perché l’Opera degli Ulivi…
Saverio Fontana