L’illustre assente di oggi è la vera speranza
Cronaca Calabria Catanzaro

L’illustre assente di oggi è la vera speranza

domenica 24 marzo, 2019

Noi siamo sommersi ogni giorno da milioni di parole e d’informazioni. Non si capisce più bene fino a quale punto il nostro comportamento sia il frutto delle nostre riflessioni o il risultato di “pressioni” esterne, spesso camuffate e ben costruite. C’è in pericolo il senso alto della libertà di ognuno, ormai condizionato in ogni sua espressione dalla narrazione quotidiana di una verità numerica e per nulla evangelica. La verità spesso viene messa sul podio della vita dopo essere stata artificiosamente modellata rispetto al traguardo prefissato da chi il potere non è avvezzo a chiederlo, ma ad assumerlo dalla posizione di forza in cui si trova. L’uomo non libero dentro ignora purtroppo la vera speranza, da non confondersi con i desideri personali non ancorati alla fede o con qualcosa di materiale che soddisfi l’immediato in barba alla costruzione di un solido domani.

Scrive il teologo del Signore (Una precisazione che sono costretto a fare, chiedendo scusa ai miei lettori, visto che ci troviamo in un mondo dove tanti teologi si permettono persino di modificare la verità evangelica!): “Cosa è la speranza, quella vera? È l’attesa che la Parola di Dio si compia in tutto quello che essa dice. Oggi abbiamo un cristiano senza speranza, perché senza la Parola del Signore. Non c’è speranza, né per il tempo presente e neanche per il tempo futuro. Manca la Parola della speranza”. Sono parole chiare, fondamentali, perché nel rispetto rigoroso delle fonti sacre ci dicono quale sia la vera speranza e dove affonda le sue radici sicure. Di che speranza si parla allora, se oggi si disconosce il compiersi o meno della verità divina che un uomo, duemila e diciannove anni addietro, ha fatto conoscere al mondo nella sua profonda accezione?

È chiaro che nel tempo l’ansia umana, per molti legata alle continue speranze personali e comunitarie disattese, venga tramutata in depressione mentale e spirituale. Ma non è solo l’ansia umana a deragliare, in realtà è tutta la vita di una persona che viene messa in discussione se poi l’illustre assente di oggi continui ad essere la vera speranza. Leggo ancora: “La speranza è il frutto sia per la terra che per il cielo prodotto dall’obbedienza”. La speranza quindi come elemento ontologico che permette all’uomo di coniugare il cielo e la terra assieme, partendo dall’obbedienza alla Parola. Mai come in questo caso l’obbedienza non rappresenta il valore negativo che le si attribuisce quando essa viene imposta dalla prepotenza altrui. Obbedire alle leggi del Signore rende capace chiunque a ben osservare di riflesso le norme decise dell’uomo per il progresso generale.

Se l’obbedienza al Signore consente di essere più liberi, rafforzando l’essere umano sulla strada della speranza, fede e carità, diventa naturale comprendere come essere speranzosi significhi una trasformazione radicale della persona. È dal “cielo” che va quindi attinto uno stile di vita più coerente con la ricerca di una società giusta, capace di includere, rapida a percepire il valore non negoziabile del vangelo, per vivere con piena consapevolezza la complessità delle problematiche odierne. Questioni quest’ultime articolate dalle quali non bisogna fuggire, ma cercare di risolverle con l’intelligenza e l’operosità dell’uomo. Leggo: “Senza Vangelo non ci sarà alcuna fede, alcuna carità, alcuna speranza secondo Dio”. La vera speranza anche quando sia ben legata ai progressi terreni non può slegarsi da una corretta connessione con le regole e i principi eterni, preservati e rilanciati dai quattro libri del vangelo per la salvezza e la redenzione dell’umanità.

Egidio Chiarella

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