Lettera aperta di Paola Turtoro al vicepresidente Nino Spirlì
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CROTONE 29 APR - (Riceviamo e pubblichiamo testo integrale) All’egregio vice presidente della regione Calabria Nino Spirlì.
Stiamo vivendo un tempo che sembra non essere il nostro, ostaggi di un qualcosa che ha ristretto la nostra libertà e continua a mortificare la nostra spiritualità.
Le misure restrittive adottate per la lotta al Coronavirus hanno travolto la nostra vita a tutti i livelli stravolgendo una quotidianità che sembra ancora lontana da riconquistare e non risparmiando nemmeno la nostra spiritualità che, anzi, è stata la prima ad essere colpita con le inaccettabili ma rispettate limitazioni sia al culto religioso sia al culto per i nostri defunti.
Il distanziamento sociale imposto come profilassi anti-contagio ha ritenuto primaria la chiusura di Chiese e cimiteri con la compiacenza di un modernismo ecclesiastico che sembra aver abdicato alla vera missione cristiana tranne ultimamente con la posizione della CEI (con la richiesta di riaprire Chiese e celebrazioni) contrastata addirittura dalle Eminenze porporate.
Inutile soffermarsi sulla storia che testimonia l’avvicinamento dell’uomo alla Chiesa di Cristo proprio durante le pestilenze poiché, oggi, in nome della scienza (che contraddice sè stessa) si sacrifica il sacro nell’esaltazione del profano.
La città di Crotone vive, da oltre 500 anni, il mese di maggio in adorazione della sua Protettrice: la Madonna di Capo Colonna, la cui storia è nota a tutti i crotonesi che la venerano proprio in virtù della protezione che la Signora ha sempre offerto alla città.
(Nell’ultima guerra mondiale Crotone non fu mai bombardata, perché – si dice – la Madonna aveva coperto l’aria di fumo nero in modo che gli aerei militari non riuscissero neanche a vederla.
O durante il terribile terremoto dell’8 marzo 1832 che distrusse l’intera Calabria: i crotonesi, in quell’occasione, tentarono di salvare il quadro e si radunarono in un piazzale per invocare il suo aiuto, custodendola temporaneamente in una piccola edicola. Le cronache raccontano che, laddove in tutta la regione c’erano state delle vittime, a Crotone non ci fu neppure un ferito. Sono piccoli episodi che però testimoniano la profonda fede dei cittadini crotonesi vero la Madonna e come Lei, soprattutto nei momenti tristi, abbia sempre agito).
Una solennità questa, che non si limita alla devozione popolare, ma interessa secoli di storia e tradizioni che affondano le loro radici sin dalla Magna Grecia.
“La devozione per la Madonna risale, secondo i documenti pervenutici, intorno al 1500, inquadrandosi nel contesto delle incursioni saracene che all’epoca flagellavano le coste crotonesi.
Il 1° giugno del 1519, una razzia saracena quasi distrusse il promontorio di Capocolonna. Era questa un’area magica dove si trovavano, nel periodo magno greco, grandi templi come quello di Hera Lacinia e dove il cristianesimo era subentrato al mondo pagano sostituendo il culto della Dea Madre con quello della Vergine Madre, grazie all’edificazione di un piccolo santuario dove si trovava questa immagine di Maria.
Nella razzia i turchi devastarono qualsiasi cosa in segno di disprezzo, inclusa la chiesetta, tanto che il quadro della Madonna fu addirittura bruciato. Secondo un antico racconto del canonico Basoino, però, nonostante i saraceni avessero attizzato il fuoco per oltre tre ore, l’immagine non si bruciò ma anzi irradiò dei bagliori miracolosi.
A quel punto la tela venne portata nella nave che doveva tornare in Turchia, ma che in quel caso non riuscì nemmeno a spostarsi. Venne perciò buttata in mare come segno sprezzante di liberazione.
La tela camminò sulle acque fino ad una zona di poderi e di giardini, dove un contadino la trovò e la conservò per anni in una cassapanca.
Questo contadino – un tal Agazio – in preda ad una grave malattia diventò sordo e cieco. In punto di morte giunse nella sua casa un Frate di S. Francesco di Paola, a cui il contadino confessò di possedere una tela della Madonna che aveva trovato a mare.
Dopo questo episodio l’uomo guarì completamente e già da allora si gridò al miracolo. Il Frate minimo la portò infatti nel suo monastero fuori dalla città per custodirla. Solo più tardi il vescovo dell’epoca, mons. Antonio Lucifero, dopo un pellegrinaggio devozionale, decise di portarlo nella Cattedrale.
Con il successivo vescovo, mons. Miturno, un umanista. È suo il primo documento, giunto fino a noi, dove viene decretato il culto della Madonna di Capocolonna nella Cappella del Duomo. Qualche anno dopo, poi, Papa Gregorio XII dichiarò l’altare del Madonna altare privilegiato.”
Io mi rivolgo all’uomo di fede, prima che al rappresentante istituzionale, affinchè possa dare la possibilità al popolo crotonese di esprimere la secolare devozione: è stato stabilito che dal 4 maggio le misure restrittive di contenimento dovranno iniziare ad allentarsi e, considerando che il tradizionale pellegrinaggio si svolgerebbe nella terza domenica di maggio ed i crotonesi si son dimostrati ligi osservatori delle regole imposte dal 9 marzo, nulla potrebbe ostare affinchè, con le dovute distanze e precauzioni, la tradizione non si interrompesse anche per poter dare al popolo di fedeli la possibilità di pregare la Mamma di Capocolonna a protezione dal mostro che affligge il mondo.
Paola Turtoro
Cittadina crotonese