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ROMA, 04 FEBBRAIO 2014 - Non serve spendere molte parole per dimostrare la gravità della situazione in cui versa l’Italia e i pesantissimi disagi economici cui è sottoposto il popolo italiano: parlano i fatti. Fatti certificati dai numeri che, in modo crudo ma chiaro, raccontano della chiusura di migliaia di imprese, di un drammatico incremento della disoccupazione, di una povertà crescente e diffusa, di un disperato bisogno di aiuto da parte degli anziani, di una insicurezza crescente, di una crisi devastante che investe gli aspetti sociali e l’etica. Un disastro.
Eppure, l’attuale classe dirigente del paese, per quanto delegittimata e incapace di proporre soluzioni valide per uscire dalla perdurante crisi economica che non risparmia alcun settore produttivo – eccetto i baracconi sostenuti dalla politica clientelare e il sistema imperniato nella logica della speculazione finanziaria – non teme il ridicolo e racconta di luci in fondo al tunnel, di prossima uscita dalla crisi, di riequilibrio di conti pubblici e di ritrovato prestigio internazionale.
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Uscita dalla crisi? L’Istat indica una disoccupazione record, al 12,7%.
Riequilibrio dei conti pubblici? E’ stato sfondato ancora una volta il tetto del debito pubblico (2.104 miliardi al 14 gennaio 2014).
Prestigio internazionale? La vicenda dei marò testimonia semmai la vergogna di cui sono responsabili gli ultimi governi di questa massacrata patria nostra.
Questo il quadro generale del paese, e in questo quadro, in cui ogni mezza tacca di ministro o sottosegretario, pompato da un sistema dell’informazione spesso compiacente, rivendica fantomatiche inversioni di tendenza e risoluzione di annosi problemi, accadono cose inaudite e autentici misfatti.
Proviamo a raccontarne uno, che riguarda ancora una volta il martoriato mondo agricolo italiano e che, per altri versi, è sintomatico della perniciosità dell’attuale sistema partitocratico e della necessità di fare pulizia una volta per tutte: spazzando via, con la corrotta e incapace classe politica, anche l’opprimente apparato burocratico ad essa asservito.
La legge 27 dicembre 2013, n. 147 (per semplicità, la onnipresente e onnicitata legge di stabilità 2014), composta da un solo articolo e da 749 commi (alla faccia della semplicità!), al comma 710 recita: “All'articolo 1, comma 517, primo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, le parole: «5 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «15 per cento».”
Cosa sarà mai questa richiamata legge 24 dicembre 2012, n. 228? È presto detto. È la ex-onnipresente ed ex-onnicitata legge di stabilità 2013, anche questa composta da un solo articolo e da soli 560 commi.
E cosa recita questo richiamato comma 517? Testuale: “A decorrere dal 1º gennaio 2014, i consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, recante «Determinazione dei consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nelle coltivazioni sotto serra ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dell'accisa», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2002, sono ridotti del 5 per cento. Limitatamente all'anno 2013 i consumi medi standardizzati di cui al periodo precedente sono ridotti del 10 per cento.”
Proviamo a tradurre: le assegnazioni di carburante (impiego agevolato di gasolio) sono state diminuite nel 2013 del 10%; nel 2014 sarebbero dovute diminuire del 5%, ma – grazie all’impegno del ministro, di una corte di altri ministri e del capo del governo – la riduzione viene fissata al 15%. Contenti? Così imparate, cari agricoltori, ad andare in giro col vostro trattore, magari anche a manifestare e ad organizzare presidi di lotta e di protesta.
Già una formulazione del genere (provate a leggerli, anche a puntate, le centinaia di commi su cui evidentemente si sbizzarriscono in modo maniacale schiere di solerti funzionari e dirigenti e direttori generali e ministri!) lascia allibiti, sempre che non sia studiata ad arte per fare confusione e nascondere i misfatti. Ma una piccola soddisfazione ce la potremmo togliere: che ne pensate di “interrogare” deputati e senatori che hanno votato questa legge in Parlamento, chiedendo conto del contenuto, non di 749, ma di soli 10 commi di questa sbandierata ed ossessiva legge di stabilità? Credo che ci sarebbe da ridere.
Lega della Terra
Prof. Raffaele Lupia
(notizia segnalata da Dario Calligaro)