ANTEPRIMA - "Lawless" di John Hillcoat, invecchiare o morire in America
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ANTEPRIMA - "Lawless" di John Hillcoat, invecchiare o morire in America

venerdì 16 novembre, 2012

NAPOLI, 16 NOVEMBRE 2012 - Non è un paese per vecchi. O forse sì. Un paese dove invecchiare, con la propria famiglia. Trascorrendo le rigide serate in un’accogliente dimora di legno, a lume di candela con un goccio d’alcol per riscaldarsi, mentre i bambini giocano. Franklin County, in Virginia, nel 1931, in pieno proibizionismo, avverte solo da lontano l’eco degli spari di Chicago. I tre fratelli Bondurant, nella piccola contea, hanno trovato un modo per distillare l’alcol e distribuirlo. La cosa non scende affatto giù per il gargarozzo a Charlie Rakes, agente corrotto che proviene da Chicago. Comincia una guerra all’ultimo goccio, ed all’ultima goccia di sangue. [MORE]

Con Lawless, l'australiano John Hillcoat, su sceneggiatura di Nick Cave, adatta un romanzo di Matt Bondurant, nipote del vero Jack. Una storia (quasi) vera, dunque, anche se allo spettatore degli anni duemila sembra l’ennesima invenzione di genere. Ma questo è il problema: di quale genere parliamo? Nonostante la tiritera rappresaglia-vendetta-controvendetta, definire Lawless un gangster movie sarebbe riduttivo. Nel godibile sdipanarsi del filo del racconto, tra gole tagliate (e ricucite) e pistole detonanti, certo l’impianto drammatico affiora, alternandosi tra la reticenza del protagonista, Forrest, e la loquacità della voce narrante, quella di Jack, fratello minore che cerca di crescere da una culla lorda di sangue (significativo, all’inizio, il rito di sgozzamento del maiale a cui i tre fratellini assistono). Il primo – interpretato da un maestoso Tom Hardy, formato grizzly domestico – è rude e decisionista, ma con un senso dell’onore e della famiglia che sembra disincarnato dai pionieri del West. L’altro (Shia LaBeouf, buon soldatino) vive il proprio romanzo di formazione, incerto tra il rosa harmony della storia con la figlia di un severo pastore ed il noir dell’hard boiled Floyd Banner (col grugno elegante di Gary Oldman), gangster da rotocalco che uccide in giacca e mitraglia. Si può dire che proprio Forrest diventi, allora, l’ago della bilancia, per quello che è un film di cripto-formazione centrato su Jack: la ricerca di una legge esistenziale da parte di un senzalegge (lawless), in bilico tra la violenza dei tempi e l’immortale mito americano del settlement: la stabilità familiare, l’insediamento.

In questo senso un personaggio di fondamentale transizione è quello di Maggie, interpretata da Jessica Chastain (bellissima: e lo potevamo dire già prima del nudo integrale). È venuta a lavorare nel saloon di Forrest, per mettersi alle spalle un’era personale – e storica – di brutalità, da Chicago. È lei ad incoraggiare Forrest al primo approccio: “"Volevi passare il resto della tua vita a guardarmi?". Ma non ha più la civetteria dell’entreneuse da night di città, un passato che non le appartiene più: la comunità rurale è la sua nuova dimensione, in cui l’intrusione del corrotto Rakes (un vampiresco e brillantinato Guy Pearce) è l’ultima, estrema insidia del rimosso, il riaffiorare della violenza di contro alla stabilità della contea. Quanto appare interessante in questo film, frettolosamente liquidato dal grosso della critica come “non indimenticabile”, è che la soluzione finale non è scioglimento di una delle due opzioni. Non si registra una vera conciliazione tra le due opzioni: il clamoroso, affumicato, grandguignolesco mezzogiorno di fuoco finale tra le due fazioni ne costituisce la riprova. La violenza non è più escludibile dallo scenario americano: il mito è macchiato di sangue. Alla ciclicità degli insediamenti e dei colonizzatori, si è sostituita la ciclicità della distilleria, che diventa teatro di uno degli scontri clou. Ma, proprio come accade davvero, è una ciclicità continuamente a rischio di saltare in aria.

Forrest, proclamato a più riprese immortale e scampato sia alle pallottole in corpo che ad uno sgozzamento (!), si conferma figura chiave: è il killer che taglia le pudenda dei nemici e le invia in busta a Rakes, ma è anche il trait d’union tra la vecchia famiglia – i Bondurant – e la nuova, che forma unendosi con Maggie. È lui, infatti, a spiegare a Jack, nel pieno dell’escalation della violenza, che il problema non è quello del business degli alcolici: “Non è questione di denaro. Non lo è mai stato”. Il vile denaro non può mettere a rischio l’orgoglio, la famiglia, la casa. Questo senso del pericolo, del confronto morale, del ciclo naturale interrotto dalla violenza, introduce, attraverso la vicenda gangster, persino una sfumatura noir: l’inseguimento finale di pure silhouettes ed ombre nella grotta ne appare la concrezione visiva più significativa. Anche l’America ha le sua pagine “nere”, o rosso sangue. Che le potesse raccontare, brillantemente, un australiano, non era così scontato. In Italia dal 29 novembre 2012.


Titolo originale
: Id.
Interpreti: Tom Hardy, Shia LeBeouf, Jason Clarke, Guy Pearce, Mia Wasikowska, Jessica Chastain, Gary Oldman, Dane DeHaan, Chris McGarry, Lew Temple
Origine: USA, 2012
Distribuzione: Koch Media
Durata: 115'

Sito ufficiale
Pagina Facebook

(in foto: il poster americano di Lawless)


Antonio Maiorino

 


Autore
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